20 anni fa i raid Nato su Belgrado: 78 giorni di bombardamenti aerei
Venti anni dopo la Serbia ricorda l'anniversario afflitta dalla crisi politica interna
Il 24 marzo 1999 alle 20.25 scattarono i primi raid aerei dell'Alleanza atlantica contro la Jugoslavia (Serbia-Montenegro). Durarono 78 giorni e furono decisi, per la prima volta senza l'approvazione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, dopo il fallimento di tutti i tentativi diplomatici per indurre l'allora presidente Slobodan Milosevic a porre fine alle repressioni e alla pulizia etnica in Kosovo.
Si conclusero il 9 giugno con l'accordo di Kumanovo (Macedonia) che prevedeva il ritiro dal Kosovo delle truppe serbe e l'arrivo di oltre 37 mila militari della Kfor, la Forza Nato presente in Kosovo ancora oggi con circa 5 mila uomini. Oltre a enormi distruzioni, (35.450 cluster bombe lanciate, 995 target colpiti, 3.650 strutture pubbliche danneggiate) i bombardamenti, con i jet che partivano principalmente da portaerei in Adriatico e basi Nato in Italia, causarono in Serbia, a seconda delle fonti, fra 1.200 e 2.500 morti, oltre a 12 mila feriti.
Venti anni dopo la Serbia ricorda l'anniversario afflitta dalla crisi politica interna. Da più di tre mesi va avanti la protesta contro l'attuale governo di Aleksandar Vucic. Per la prima volta dall'inizio, sabato 16 marzo, le marce pacifiche hanno assunto un profilo più complesso: un gruppo di manifestanti, guidati da alcuni leader dell'opposizione, sono entrati nella tv pubblica RTS - accusata di diffondere un'informazione manipolata dal governo di Vucic - per chiedere visibilità e corretta informazione su quello che sta succedendo nel paese. Oltre alle dimissioni del presidente i manifestanti chiedono elezioni corrette e media più trasparenti. Rimane irrisolto il nodo principale del Kosovo mentre proprio l'accordo tra Belgrado e Pristina resta l'elemento indispensabile per l'adesione della Serbia alla UE.
Il cielo sopra Belgrado venti anni dopo
Le cerimonie che ricordano l'inizio dell'aggressione della Nato sono state organizzate in molte città oltre a Belgrado, Nis, Novi Sad e Cacak. Quella principale, a cui prenderà parte il presidente Aleksandar Vucic e la premier Ana Brnabic, inizierà alle 20 a Nis con il suono di una sirena anti-aerei. Il presidente Vucic, ultranazionalista diventato centrista filo europeo, ha dichiarato ieri che la Serbia non ha paura di "chiamare le cose con il loro nome giusto", sottolineando che gli attacchi sono stati una "aggressione della Nato" contro il suo paese. Abbiamo bisogno di un rapporto buono e decente con la Nato, in modo da non portare mai più la Serbia in tale posizione, ma è anche importante "non dimenticare i crimini che hanno commesso contro il nostro popolo e i nostri bambini", ha concluso.
Oggi le strade della capitale hanno visto sfilare decine di estremisti di destra guidati dal leader dell'ultranazionalista Partito Radicale Serbo, Vojislav Seselj che ha bruciato bandiere della Nato e dell'Unione europea. La premier serba, Ana Brnabic, ha cercato questa settimana di far passare un messaggio conciliante, esortando a "perdonare", unica forma, ha detto, "di concretizzare nel futuro l'enorme potenziale" pur sottolineando che non è possibile dimenticare "le vittime dei bombardamenti che hanno distrutto fabbriche, ponti, e hanno devastato la nostra economia". Venti anni dopo il 79% dei serbi si è espressa in un sondaggio decisamente contro l'ingresso nella Nato e per nulla pronta ad accettare scuse dell'Alleanza.
L'anniversario a Pristina
Mentre Belgrado, nel ventesimo anniversario dei bombardamenti Nato, parla di 'brutale aggressione militare' contro la Serbia, per la dirigenza di Pristina l'avvio dei raid alleati segnò l'inizio della 'liberazione' del Kosovo. Il presidente Hashim Thaci ha dichiarato: "Il 24 marzo 1999 fu il punto di partenza per fermare il genocidio e per far tornare la speranze della libertà e dell'indipendenza". Per il presidente, l'Esercito di liberazione del Kosovo (Uck) sul terreno e la Nato dai cieli in una "comune lotta per la pace costrinsero il regime di (Slobodan) Milosevic alla capitolazione".
Il premier Haradinaj da parte sua ha detto che la campagna aerea dell'Alleanza "pose fine alla tragedia del popolo in Kosovo". Haradinaj ha ringraziato tutti coloro che contribuirono e aiutarono il Kosovo a conquistare la "libertà e la pace", in particolare i militari della Nato e della forza Kfor. Thaci, Haradinaj, il capo del parlamento Kadri Veselj e altri importanti dirigenti di Pristina sono tutti ex combattenti e leader a vario titolo dell'Uck, e in tale veste potrebbero essere chiamati in causa dal Tribunale speciale dell'Aja che indaga sui crimini commessi dall'Uck nel conflitto armato con i serbi di fine anni novanta. Il Kosovo proclamò l'indipendenza dalla Serbia il 17 febbraio 2008.
Si conclusero il 9 giugno con l'accordo di Kumanovo (Macedonia) che prevedeva il ritiro dal Kosovo delle truppe serbe e l'arrivo di oltre 37 mila militari della Kfor, la Forza Nato presente in Kosovo ancora oggi con circa 5 mila uomini. Oltre a enormi distruzioni, (35.450 cluster bombe lanciate, 995 target colpiti, 3.650 strutture pubbliche danneggiate) i bombardamenti, con i jet che partivano principalmente da portaerei in Adriatico e basi Nato in Italia, causarono in Serbia, a seconda delle fonti, fra 1.200 e 2.500 morti, oltre a 12 mila feriti.
Venti anni dopo la Serbia ricorda l'anniversario afflitta dalla crisi politica interna. Da più di tre mesi va avanti la protesta contro l'attuale governo di Aleksandar Vucic. Per la prima volta dall'inizio, sabato 16 marzo, le marce pacifiche hanno assunto un profilo più complesso: un gruppo di manifestanti, guidati da alcuni leader dell'opposizione, sono entrati nella tv pubblica RTS - accusata di diffondere un'informazione manipolata dal governo di Vucic - per chiedere visibilità e corretta informazione su quello che sta succedendo nel paese. Oltre alle dimissioni del presidente i manifestanti chiedono elezioni corrette e media più trasparenti. Rimane irrisolto il nodo principale del Kosovo mentre proprio l'accordo tra Belgrado e Pristina resta l'elemento indispensabile per l'adesione della Serbia alla UE.
Il cielo sopra Belgrado venti anni dopo
Le cerimonie che ricordano l'inizio dell'aggressione della Nato sono state organizzate in molte città oltre a Belgrado, Nis, Novi Sad e Cacak. Quella principale, a cui prenderà parte il presidente Aleksandar Vucic e la premier Ana Brnabic, inizierà alle 20 a Nis con il suono di una sirena anti-aerei. Il presidente Vucic, ultranazionalista diventato centrista filo europeo, ha dichiarato ieri che la Serbia non ha paura di "chiamare le cose con il loro nome giusto", sottolineando che gli attacchi sono stati una "aggressione della Nato" contro il suo paese. Abbiamo bisogno di un rapporto buono e decente con la Nato, in modo da non portare mai più la Serbia in tale posizione, ma è anche importante "non dimenticare i crimini che hanno commesso contro il nostro popolo e i nostri bambini", ha concluso.
Oggi le strade della capitale hanno visto sfilare decine di estremisti di destra guidati dal leader dell'ultranazionalista Partito Radicale Serbo, Vojislav Seselj che ha bruciato bandiere della Nato e dell'Unione europea. La premier serba, Ana Brnabic, ha cercato questa settimana di far passare un messaggio conciliante, esortando a "perdonare", unica forma, ha detto, "di concretizzare nel futuro l'enorme potenziale" pur sottolineando che non è possibile dimenticare "le vittime dei bombardamenti che hanno distrutto fabbriche, ponti, e hanno devastato la nostra economia". Venti anni dopo il 79% dei serbi si è espressa in un sondaggio decisamente contro l'ingresso nella Nato e per nulla pronta ad accettare scuse dell'Alleanza.
L'anniversario a Pristina
Mentre Belgrado, nel ventesimo anniversario dei bombardamenti Nato, parla di 'brutale aggressione militare' contro la Serbia, per la dirigenza di Pristina l'avvio dei raid alleati segnò l'inizio della 'liberazione' del Kosovo. Il presidente Hashim Thaci ha dichiarato: "Il 24 marzo 1999 fu il punto di partenza per fermare il genocidio e per far tornare la speranze della libertà e dell'indipendenza". Per il presidente, l'Esercito di liberazione del Kosovo (Uck) sul terreno e la Nato dai cieli in una "comune lotta per la pace costrinsero il regime di (Slobodan) Milosevic alla capitolazione".
Il premier Haradinaj da parte sua ha detto che la campagna aerea dell'Alleanza "pose fine alla tragedia del popolo in Kosovo". Haradinaj ha ringraziato tutti coloro che contribuirono e aiutarono il Kosovo a conquistare la "libertà e la pace", in particolare i militari della Nato e della forza Kfor. Thaci, Haradinaj, il capo del parlamento Kadri Veselj e altri importanti dirigenti di Pristina sono tutti ex combattenti e leader a vario titolo dell'Uck, e in tale veste potrebbero essere chiamati in causa dal Tribunale speciale dell'Aja che indaga sui crimini commessi dall'Uck nel conflitto armato con i serbi di fine anni novanta. Il Kosovo proclamò l'indipendenza dalla Serbia il 17 febbraio 2008.