35 anni fa la strage dell'Heysel che segnò per sempre il mondo del calcio
Trentanove persone persero la vita negli incidenti verificatisi prima della finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool
Era il 29 maggio 1985 e allo stadio Heysel di Bruxelles era in programma la finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool. Tutto accadde in pochissimo tempo: prima del fischio iniziale, una parte della tifoseria del Liverpoool si riversò in massa sulla tribuna dove si trovavano i tifosi italiani, sfondando le reti divisorie.
In tv la voce di Bruno Pizzul cercava di spiegare l'inspiegabile. La polizia arrivò quando gli hooligans, allora noti in tutta Europa come una delle tifoserie più violente, erano già in azione: inseguirono i supporter della Juventus fino all'estremità degli spalti. Presi dal panico i tifosi italiani si ammassarono nell'angolo più lontano e basso del Settore Z, schiacciati l’uno sull'altro contro un muro, che crollò. Fu una carneficina.
Morirono 39 persone di cui 32 italiani, ci furono 600 feriti e le immagini di quella barbarie fecero il giro del mondo, ma prima si giocò la partita per decisione dei dirigenti UEFA, d'accordo con la polizia belga. Cabrini, Tardelli e Brio andarono a parlare con i tifosi. Capitan Scirea lesse un comunicato: "La partita verrà giocata per consentire alla forze dell'ordine di organizzare al termine l'evacuazione dello stadio. State calmi, non rispondete alla provocazioni. Giochiamo per voi". Un rigore di Platini segnò la più amara e dolorosa delle vittorie della Juventus. Una delle più grandi sconfitte del calcio.
Il ricordo di Cabrini
Quella partita si giocò perché si doveva giocare, dice oggi Antonio Cabrini: "Si era anche pensato di non scendere in campo, ci fu un confronto tra di noi giocatori, c'erano anche i nostri dirigenti che erano in continuo contatto con i responsabili Uefa, alla fine ci venne detto che bisognava giocare, ma le ore e i minuti precedenti furono un caos totale". Tra le istantanee di quel 29 maggio, anche quelle di Cabrini e Tardelli tra i tifosi prima della partita. "Non solo noi, andammo in tanti in curva, eravamo in mezzo a loro, c'era gente disperata, c'era chi cercava un amico o un parente, in quei momenti succedeva di tutto e somatizzavi tutto anche se non sapevamo esattamente cosa fosse successo, si sapeva che c'erano stati scontri pesanti, era davvero il caos totale".
Insomma, si decise di giocare per evitare che la tragedia potesse assumere proporzioni ancora più grandi, ma lo stato d'animo dei calciatori non aveva nulla a che fare con il calcio. "Abbiamo cercato di entrare in campo con la consapevolezza di dover fare una vera partita di calcio, ma sapevamo che non era la serata che poteva e doveva incoronare la squadra regina d'Europa".
La punizione della Thatcher
Da Heisel in poi il mondo del calcio provò a cambiare, anche se quattro anni dopo ci fu la tragedia di Hillsborough. Per il calcio inglese arrivò la severa punizione della Thatcher che escluse tutte le squadre inglesi dalle coppe internazionali per 5 anni.
Juventus e Liverpool si incontrarono ancora due volte, nel corso della Champions League 2004/2005 quando ai quarti di finale ebbero la meglio i Reds grazie al 2-1 di Anfield Road seguito dallo 0-0 allo stadio delle Alpi di Torino. Prima della partita di andata giocata sul campo degli inglesi, i tifosi del Liverpool mostrarono la scritta "amicizia" sulle tribune, ma molti dei tifosi juventini presenti in quella trasferta voltarono le spalle sia alla coreografia sia all'ingresso delle due squadre in campo. Ian Rush e Michel Platini effettuarono un giro di campo reggendo una targa con gli stemmi dei due club e la scritta "Liverpool v Juventus Anfield 5th April 2005 In memory and friendship" (Liverpool-Juventus, 5 aprile 2005, In memoria e in amicizia) e il club inglese, oltre ad organizzare una cerimonia simbolica sul campo, fece preparare delle sciarpe speciali in cui erano uniti loghi e colori delle due squadre.
La Juventus convive con il tremendo ricordo di quella notte del 1985 e non passa anno in cui non vengano ricordate le 39 vittime dell'Heysel con molteplici celebrazioni e così fa il Liverpool.
Nel 2010, in occasione della commemorazione avvenuta nella sede della Juventus alla presenza anche dell'ex Michel Platini allora presidente Uefa, il presidente Andrea Agnelli promise la presenza nell'area dello Stadium di un luogo in memoria delle vittime di quella strage e nel 2012 un totem commemorativo fu inserito all'interno del JMuseum. In quell'occasione Agnelli dichiarò anche: "Ho sempre fatto fatica a sentire mia quella coppa". .
Una Giornata contro la violenza nello sport
"Trentacinque anni dopo è ancora più importante ricordare perché con il passare del tempo il rischio che l'Heysel venga dimenticato è reale". Andrea Lorentini è il presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime della strage dell'Heysel, nonché il figlio di Roberto Lorentini, morto quella sera a Bruxelles e insignito della medaglia d'argento al valor civile. Si era salvato dopo le prime cariche degli hooligans inglesi, ma era tornato indietro, essendo medico, per prestare soccorso ai feriti sugli spalti, venendo mortalmente travolto mentre stava praticando una manovra respiratoria su un bambino.
A 35 anni dalla tragedia, nei familiari delle vittime prevale la volontà di ricordare e provare a far capire alle generazioni future il senso più positivo che deve avere il mondo dello sport. "Non abbiamo sete di giustizia - dice Andrea Lorentini -. C'è stato un processo, durato sette anni, che ha emesso una sentenza storica della quale si parla troppo poco. Ovvero la condanna della Uefa, ritenuta responsabile". "Una sentenza che ha fatto giurisprudenza e ha cambiato le regole del calcio europeo nella scelta degli stadi e sulla sicurezza. Prima dell'Heysel, la Uefa prendeva il 70% dell'incasso e non era responsabile di eventuali incidenti - ha proseguito Lorentini -. Per questo ebbe la possibilità di scegliere l'Heysel, un impianto fatiscente. La Uefa è stata condannata grazie alla tenacia della 'prima' associazione fra i familiari delle vittime guidata da mio nonno Otello. Ringraziamo tutti coloro che si impegnano per tenere viva la memoria e lo fanno senza strumentalizzazioni di parte o di sorta. L'Heysel è una tragedia italiana ed europea e quindi dovrebbe andare oltre le divisioni del tifo. Non sollecitiamo nessuno: chi vuole essere al nostro fianco e mostra sensibilità verso la nostra causa è il benvenuto, per il resto noi tiriamo dritti per la nostra strada della memoria".
L'Associazione ha sempre messo in piedi una serie di eventi per alimentare il ricordo di quel che avvenne a Bruxelles il 29 maggio 1985, quest'anno l'emergenza Covid lo ha impedito. Il progetto più ambizioso al quale sta lavorando da tempo è quello di istituire in Italia la giornata nazionale contro la violenza nello sport.
L'omaggio del Toro
Un gruppo di tifosi del Torino è salito sul colle di Superga, luogo dove sono morti i giocatori del Grande Torino per uno schianto aereo, e ha esposto uno striscione con scritto: “+39” per ricordare le vittime del 29 maggio del 1985.
In tv la voce di Bruno Pizzul cercava di spiegare l'inspiegabile. La polizia arrivò quando gli hooligans, allora noti in tutta Europa come una delle tifoserie più violente, erano già in azione: inseguirono i supporter della Juventus fino all'estremità degli spalti. Presi dal panico i tifosi italiani si ammassarono nell'angolo più lontano e basso del Settore Z, schiacciati l’uno sull'altro contro un muro, che crollò. Fu una carneficina.
Morirono 39 persone di cui 32 italiani, ci furono 600 feriti e le immagini di quella barbarie fecero il giro del mondo, ma prima si giocò la partita per decisione dei dirigenti UEFA, d'accordo con la polizia belga. Cabrini, Tardelli e Brio andarono a parlare con i tifosi. Capitan Scirea lesse un comunicato: "La partita verrà giocata per consentire alla forze dell'ordine di organizzare al termine l'evacuazione dello stadio. State calmi, non rispondete alla provocazioni. Giochiamo per voi". Un rigore di Platini segnò la più amara e dolorosa delle vittorie della Juventus. Una delle più grandi sconfitte del calcio.
Il ricordo di Cabrini
Quella partita si giocò perché si doveva giocare, dice oggi Antonio Cabrini: "Si era anche pensato di non scendere in campo, ci fu un confronto tra di noi giocatori, c'erano anche i nostri dirigenti che erano in continuo contatto con i responsabili Uefa, alla fine ci venne detto che bisognava giocare, ma le ore e i minuti precedenti furono un caos totale". Tra le istantanee di quel 29 maggio, anche quelle di Cabrini e Tardelli tra i tifosi prima della partita. "Non solo noi, andammo in tanti in curva, eravamo in mezzo a loro, c'era gente disperata, c'era chi cercava un amico o un parente, in quei momenti succedeva di tutto e somatizzavi tutto anche se non sapevamo esattamente cosa fosse successo, si sapeva che c'erano stati scontri pesanti, era davvero il caos totale".
Insomma, si decise di giocare per evitare che la tragedia potesse assumere proporzioni ancora più grandi, ma lo stato d'animo dei calciatori non aveva nulla a che fare con il calcio. "Abbiamo cercato di entrare in campo con la consapevolezza di dover fare una vera partita di calcio, ma sapevamo che non era la serata che poteva e doveva incoronare la squadra regina d'Europa".
La punizione della Thatcher
Da Heisel in poi il mondo del calcio provò a cambiare, anche se quattro anni dopo ci fu la tragedia di Hillsborough. Per il calcio inglese arrivò la severa punizione della Thatcher che escluse tutte le squadre inglesi dalle coppe internazionali per 5 anni.
Juventus e Liverpool si incontrarono ancora due volte, nel corso della Champions League 2004/2005 quando ai quarti di finale ebbero la meglio i Reds grazie al 2-1 di Anfield Road seguito dallo 0-0 allo stadio delle Alpi di Torino. Prima della partita di andata giocata sul campo degli inglesi, i tifosi del Liverpool mostrarono la scritta "amicizia" sulle tribune, ma molti dei tifosi juventini presenti in quella trasferta voltarono le spalle sia alla coreografia sia all'ingresso delle due squadre in campo. Ian Rush e Michel Platini effettuarono un giro di campo reggendo una targa con gli stemmi dei due club e la scritta "Liverpool v Juventus Anfield 5th April 2005 In memory and friendship" (Liverpool-Juventus, 5 aprile 2005, In memoria e in amicizia) e il club inglese, oltre ad organizzare una cerimonia simbolica sul campo, fece preparare delle sciarpe speciali in cui erano uniti loghi e colori delle due squadre.
La Juventus convive con il tremendo ricordo di quella notte del 1985 e non passa anno in cui non vengano ricordate le 39 vittime dell'Heysel con molteplici celebrazioni e così fa il Liverpool.
Nel 2010, in occasione della commemorazione avvenuta nella sede della Juventus alla presenza anche dell'ex Michel Platini allora presidente Uefa, il presidente Andrea Agnelli promise la presenza nell'area dello Stadium di un luogo in memoria delle vittime di quella strage e nel 2012 un totem commemorativo fu inserito all'interno del JMuseum. In quell'occasione Agnelli dichiarò anche: "Ho sempre fatto fatica a sentire mia quella coppa". .
Una Giornata contro la violenza nello sport
"Trentacinque anni dopo è ancora più importante ricordare perché con il passare del tempo il rischio che l'Heysel venga dimenticato è reale". Andrea Lorentini è il presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime della strage dell'Heysel, nonché il figlio di Roberto Lorentini, morto quella sera a Bruxelles e insignito della medaglia d'argento al valor civile. Si era salvato dopo le prime cariche degli hooligans inglesi, ma era tornato indietro, essendo medico, per prestare soccorso ai feriti sugli spalti, venendo mortalmente travolto mentre stava praticando una manovra respiratoria su un bambino.
A 35 anni dalla tragedia, nei familiari delle vittime prevale la volontà di ricordare e provare a far capire alle generazioni future il senso più positivo che deve avere il mondo dello sport. "Non abbiamo sete di giustizia - dice Andrea Lorentini -. C'è stato un processo, durato sette anni, che ha emesso una sentenza storica della quale si parla troppo poco. Ovvero la condanna della Uefa, ritenuta responsabile". "Una sentenza che ha fatto giurisprudenza e ha cambiato le regole del calcio europeo nella scelta degli stadi e sulla sicurezza. Prima dell'Heysel, la Uefa prendeva il 70% dell'incasso e non era responsabile di eventuali incidenti - ha proseguito Lorentini -. Per questo ebbe la possibilità di scegliere l'Heysel, un impianto fatiscente. La Uefa è stata condannata grazie alla tenacia della 'prima' associazione fra i familiari delle vittime guidata da mio nonno Otello. Ringraziamo tutti coloro che si impegnano per tenere viva la memoria e lo fanno senza strumentalizzazioni di parte o di sorta. L'Heysel è una tragedia italiana ed europea e quindi dovrebbe andare oltre le divisioni del tifo. Non sollecitiamo nessuno: chi vuole essere al nostro fianco e mostra sensibilità verso la nostra causa è il benvenuto, per il resto noi tiriamo dritti per la nostra strada della memoria".
L'Associazione ha sempre messo in piedi una serie di eventi per alimentare il ricordo di quel che avvenne a Bruxelles il 29 maggio 1985, quest'anno l'emergenza Covid lo ha impedito. Il progetto più ambizioso al quale sta lavorando da tempo è quello di istituire in Italia la giornata nazionale contro la violenza nello sport.
L'omaggio del Toro
Un gruppo di tifosi del Torino è salito sul colle di Superga, luogo dove sono morti i giocatori del Grande Torino per uno schianto aereo, e ha esposto uno striscione con scritto: “+39” per ricordare le vittime del 29 maggio del 1985.