30 anni fa la strage del Salvemini quando un jet si schiantò sulla scuola
Un aereo militare senza controllo si infilò nell'aula della II A: morirono dodici studenti
Sono passati trent'anni da quando un aereo militare in avaria e senza controllo si schiantò contro l'Istituto tecnico Salvemini a Casalecchio di Reno, alle porte di Bologna. Erano le 10.33 del 6 dicembre 1990 e nell'aula II A c'erano la professoressa e 16 studenti di quindici anni. Dodici rimasero uccisi: Deborah Alutto, Laura Armaroli, Sara Baroncini, Laura Corazza, Tiziana De Leo, Antonella Ferrari, Alessandra Gennari, Dario Lucchini, Elisabetta Patrizi, Elena Righetti, Carmen Schirinzi, Alessandra Venturi. Il bilancio di quella terribile mattina fu, oltre ai morti, di 88 feriti, 82 ragazzi e 6 adulti, alcuni in modo molto grave. A 72 di loro verrà riconosciuta un'invalidità civile dal 5 all'85%.
Il jet, un Macchi Mb326 dell'Aeronautica, era partito per un'esercitazione da Villafranca (Verona): lo pilotava il sottotenente Bruno Viviani, che tentò invano l'atterraggio di emergenza all'aeroporto di Bologna e riuscì a salvarsi, riportando qualche lesione, lanciandosi con il seggiolino eiettabile. L'aereo centrò in pieno il primo dei due piani della succursale del Salvemini provocando una voragine di diversi metri di diametro. L'Istituto era frequentato da circa 200 ragazzi dai 14 ai 18 anni. Cento di loro più i professori rimasero bloccati dalle fiamme al piano più alto e liberati dai Vigili del Fuoco e dai soccorsi arrivati subito, circa sette minuti dopo lo schianto.
Le immagini riprese dai Vigili del Fuoco intervenuti nei primi istanti della Strage all'Istituto Salvemini, in cui persero la vita 12 studenti della II A
I testimoni
In molti in città videro quella mattina l'aereo zigzagante, compresi i calciatori del Bologna che erano sul campo di Casteldebole, 300 metri in linea d'aria dal Salvemini: "Tante volte mi sono detto che quell'aereo poteva cadere vicino al campo dove mi stavo allenando - ha commentato l'ex campione del mondo Antonio Cabrini - Me lo ricordo nitido ma altissimo, ha fatto molti giri sopra di noi poi ha cominciato a scendere. Con tutti i posti che c'erano, infilarsi proprio dentro una scuola è un destino troppo crudele".
Pochi minuti dopo lo schianto arrivò nella succursale di via del Fanciullo anche l'attuale assessore regionale alla Sanità, Raffaele Donini, al suo primo giorno da cronista dell'Unità, che poco prima aveva seguito un corteo dei metalmeccanici: "Sentii un boato enorme e corsi verso il Salvemini. Vidi fiamme e studenti anneriti dal fumo, ustionati o che si buttavano dal cornicione. È stato il mio big bang umano e professionale". Quel volo fu anche ripreso da un cameraman della tv locale Rete7, Francesco Giovannini, che filmò gli unici 58 secondi visibili della strage, compreso il lancio del militare: immagini trasmesse pure dalla Cnn e poi utilizzate nel processo.
I funerali
l 10 dicembre ci furono i funerali. Una folla immensa accompagnò i ragazzi della II A nel loro viaggio. Gli studenti del Salvemini lessero un messaggio: "... Non vogliamo fare richieste ma solo domandarci come è possibile trasformare il dolore autentico di molti di fronte alla durezza di queste morti, in attività quotidiana tesa al rispetto della vita... Noi oggi ci sentiamo comunità, quella comunità che non sempre avvertiamo di essere. E questo ciò che vogliamo raccogliere da questa esperienza tremenda..."
Il processo
Nel '95 il pilota e due superiori furono condannati in primo grado a due anni e sei mesi di reclusione, ma la Corte d'Appello, e infine la Cassazione nel '98, ribaltarono la sentenza, assolvendo i tre imputati da ogni accusa perché "il fatto non costituisce reato".
La strage venne dunque attribuita a un tragico incidente, una fatalità. I familiari delle vittime e i feriti ottennero risarcimenti ma avrebbero voluto un gesto dall'amministrazione militare: "Non tanto delle scuse - disse in occasione del decennale Roberto Alutto, padre di Deborah, una delle ragazze scomparse, e presidente dell'associazione familiari - ma un qualche segno di responsabilità. Ci saremmo accontentati di questo".
La memoria
"Vorrei che mi si ricordasse come una donna che per raggiungere il suo scopo ha tentato di tutto, che ha sbattuto la testa contro molte delusioni, perché è inevitabile non uscire indenni dalle esperienze di vita, ma che, alla fine, e' riuscita a raggiungere ciò che voleva". Cosi' scriveva Deborah Alutto in un tema pochi giorni prima della strage in cui morì.
Per mantenere intatta la sua memoria e quella dei suoi compagni, la scuola, rimasta a lungo sotto sequestro, nel 2001, diventò Casa della solidarietà, intitolata ad Alexander Dubcek, sede autogestita per una trentina di associazioni, dall'Anpi alla Pubblica assistenza, dall'Ant alla Protezione civile. Intatta l'aula squarciata, dove ogni anno viene deposto un fiore bianco.
Il sito www.salvemini6dicembre1990.it raccoglie i materiali come i telegrammi inviati al Comune subito dopo la strage, la rassegna stampa dal 6 all'11 dicembre 1990, i temi dei ragazzi della 2A svolti pochi giorni prima di quella mattina. E ancora il videoracconto "30 anni per sempre. Quell'istante che ha cambiato il destino di un'intera comunita'", con i primi testimoni del giorno della strage, realizzato da un'idea dei sindacati scuola di CGIL, CISL e UIL in collaborazione con il Comune di Casalecchio di Reno e Assemblea Legislativa Regione Emilia-Romagna.
Bonaccini: "Una legge che riconosca lo status di vittime"
A trenta anni dalla strage dell'Istituto Salvemini a Casalecchio di Reno occorre "ricordare, non solo in nome e per conto di quei poveri ragazzi che ci hanno lasciato e hanno lasciato un vuoto incolmabile. Lo dobbiamo a loro, ma lo dobbiamo anche a noi stessi, perché non sia una celebrazione che scada nella retorica ma che abbia un senso innanzitutto per il dovere di ricordare". Lo ha detto il presidente dell'Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, intervenendo in video collegamento alle celebrazioni per il 30/o anniversario della strage dell'Istituto Salvemini di Casalecchio di Reno. A giudizio del presidente, ancora, "lo dobbiamo anche in nome di qualcosa che manca in questo Paese e rispetto al quale vi garantisco, per le funzioni istituzionali che ho, continuerò a battermi e cioè una legge che riconosca lo status di vittime. Nessuno - ha concluso Bonaccini - potrà mai restituire quei ragazzi ma in nome di quella tragedia e di quel drammatico avvenimento c'è bisogno che questo Paese introduca nella Legislazione, appunto, il riconoscimento di status delle vittime".
Il ricordo del sindaco di Casalecchio di Reno
"E' una ferita ancora aperta nel cuore della comunità che si è stretta attorno ai familiari delle 12 vittime basando il suo operato intorno a parole chiave: memoria, impegno e solidarietà": cosi' il sindaco di Casalecchio di Reno, Massimo Bosso, nella cerimonia via web per ricordare, nel 30esimo anniversario, le vittime del Salvemini. Dopo una serie di passaggi giudiziari, la corte di Cassazione assolse i tre imputati - il pilota dell'aereo e due superiori - da ogni accusa con la formula "il fatto non costituisce reato". "Una sentenza molto difficile da accettare ma rispetto alla quale la comunità ha saputo manifestare il proprio dissenso - ha detto il sindaco di Casalecchio - nel rispetto dei valori democratici". Quello del Salvemini "non è stato un incidente sfortunato ma fu causato da errori umani e dall'assenza di norme che potevano impedirlo", la conclusione di Bosso.
Il messaggio di Sergio Mattarella
"La sicurezza è un diritto di cittadinanza", scrive il presidente della Repubblica in un messaggio inviato al sindaco di Casalecchio di Reno, Massimo Bosso. "Quanto accadde trent'anni or sono - afferma il capo dello Stato - non deve mai più verificarsi. Responsabilità delle istituzioni è garantire norme e standard di sicurezza che assicurino sempre l'integrità dei centri abitati e l'incolumità di chi vi abita. Le immagini di quei momenti drammatici rilanciano questo monito e richiamano un impegno comune che non ammette pause o lacune".
"Sono trascorsi trent'anni - scrive Mattarella - dal tragico 6 dicembre del 1990, in cui dodici giovani studenti vennero uccisi da un aereo militare, precipitato in fiamme sulla loro scuola, l'Istituto Tecnico Gaetano Salvemini di Casalecchio di Reno. Quelle vite spezzate sono iscritte nella memoria della Repubblica e il ricordo dei ragazzi, dei loro nomi e dei loro volti, accomuna oggi l'intera comunità civile, che si stringe ai familiari, ai superstiti, ai soccorritori di allora e a quanti negli anni hanno poi lavorato per la ricostruzione, morale e materiale".
Il presidente osserva ancora: "Nulla potrà mai lenire un dolore così grande. Nulla potrà cancellarlo dalla storia di una comunità. La memoria è fondamento di civiltà, e la sua condivisione genera solidarietà, coscienza, cultura. I compagni di scuola, l'associazione dei familiari delle vittime, tutta la città di Casalecchio sono stati e sono testimoni di questi valori e ancora adesso, nel ricordo dell'immane tragedia, promuovono responsabilità, unità, partecipazione".
Il jet, un Macchi Mb326 dell'Aeronautica, era partito per un'esercitazione da Villafranca (Verona): lo pilotava il sottotenente Bruno Viviani, che tentò invano l'atterraggio di emergenza all'aeroporto di Bologna e riuscì a salvarsi, riportando qualche lesione, lanciandosi con il seggiolino eiettabile. L'aereo centrò in pieno il primo dei due piani della succursale del Salvemini provocando una voragine di diversi metri di diametro. L'Istituto era frequentato da circa 200 ragazzi dai 14 ai 18 anni. Cento di loro più i professori rimasero bloccati dalle fiamme al piano più alto e liberati dai Vigili del Fuoco e dai soccorsi arrivati subito, circa sette minuti dopo lo schianto.
Le immagini riprese dai Vigili del Fuoco intervenuti nei primi istanti della Strage all'Istituto Salvemini, in cui persero la vita 12 studenti della II A
I testimoni
In molti in città videro quella mattina l'aereo zigzagante, compresi i calciatori del Bologna che erano sul campo di Casteldebole, 300 metri in linea d'aria dal Salvemini: "Tante volte mi sono detto che quell'aereo poteva cadere vicino al campo dove mi stavo allenando - ha commentato l'ex campione del mondo Antonio Cabrini - Me lo ricordo nitido ma altissimo, ha fatto molti giri sopra di noi poi ha cominciato a scendere. Con tutti i posti che c'erano, infilarsi proprio dentro una scuola è un destino troppo crudele".
Pochi minuti dopo lo schianto arrivò nella succursale di via del Fanciullo anche l'attuale assessore regionale alla Sanità, Raffaele Donini, al suo primo giorno da cronista dell'Unità, che poco prima aveva seguito un corteo dei metalmeccanici: "Sentii un boato enorme e corsi verso il Salvemini. Vidi fiamme e studenti anneriti dal fumo, ustionati o che si buttavano dal cornicione. È stato il mio big bang umano e professionale". Quel volo fu anche ripreso da un cameraman della tv locale Rete7, Francesco Giovannini, che filmò gli unici 58 secondi visibili della strage, compreso il lancio del militare: immagini trasmesse pure dalla Cnn e poi utilizzate nel processo.
I funerali
l 10 dicembre ci furono i funerali. Una folla immensa accompagnò i ragazzi della II A nel loro viaggio. Gli studenti del Salvemini lessero un messaggio: "... Non vogliamo fare richieste ma solo domandarci come è possibile trasformare il dolore autentico di molti di fronte alla durezza di queste morti, in attività quotidiana tesa al rispetto della vita... Noi oggi ci sentiamo comunità, quella comunità che non sempre avvertiamo di essere. E questo ciò che vogliamo raccogliere da questa esperienza tremenda..."
Il processo
Nel '95 il pilota e due superiori furono condannati in primo grado a due anni e sei mesi di reclusione, ma la Corte d'Appello, e infine la Cassazione nel '98, ribaltarono la sentenza, assolvendo i tre imputati da ogni accusa perché "il fatto non costituisce reato".
La strage venne dunque attribuita a un tragico incidente, una fatalità. I familiari delle vittime e i feriti ottennero risarcimenti ma avrebbero voluto un gesto dall'amministrazione militare: "Non tanto delle scuse - disse in occasione del decennale Roberto Alutto, padre di Deborah, una delle ragazze scomparse, e presidente dell'associazione familiari - ma un qualche segno di responsabilità. Ci saremmo accontentati di questo".
La memoria
"Vorrei che mi si ricordasse come una donna che per raggiungere il suo scopo ha tentato di tutto, che ha sbattuto la testa contro molte delusioni, perché è inevitabile non uscire indenni dalle esperienze di vita, ma che, alla fine, e' riuscita a raggiungere ciò che voleva". Cosi' scriveva Deborah Alutto in un tema pochi giorni prima della strage in cui morì.
Per mantenere intatta la sua memoria e quella dei suoi compagni, la scuola, rimasta a lungo sotto sequestro, nel 2001, diventò Casa della solidarietà, intitolata ad Alexander Dubcek, sede autogestita per una trentina di associazioni, dall'Anpi alla Pubblica assistenza, dall'Ant alla Protezione civile. Intatta l'aula squarciata, dove ogni anno viene deposto un fiore bianco.
Il sito www.salvemini6dicembre1990.it raccoglie i materiali come i telegrammi inviati al Comune subito dopo la strage, la rassegna stampa dal 6 all'11 dicembre 1990, i temi dei ragazzi della 2A svolti pochi giorni prima di quella mattina. E ancora il videoracconto "30 anni per sempre. Quell'istante che ha cambiato il destino di un'intera comunita'", con i primi testimoni del giorno della strage, realizzato da un'idea dei sindacati scuola di CGIL, CISL e UIL in collaborazione con il Comune di Casalecchio di Reno e Assemblea Legislativa Regione Emilia-Romagna.
Bonaccini: "Una legge che riconosca lo status di vittime"
A trenta anni dalla strage dell'Istituto Salvemini a Casalecchio di Reno occorre "ricordare, non solo in nome e per conto di quei poveri ragazzi che ci hanno lasciato e hanno lasciato un vuoto incolmabile. Lo dobbiamo a loro, ma lo dobbiamo anche a noi stessi, perché non sia una celebrazione che scada nella retorica ma che abbia un senso innanzitutto per il dovere di ricordare". Lo ha detto il presidente dell'Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, intervenendo in video collegamento alle celebrazioni per il 30/o anniversario della strage dell'Istituto Salvemini di Casalecchio di Reno. A giudizio del presidente, ancora, "lo dobbiamo anche in nome di qualcosa che manca in questo Paese e rispetto al quale vi garantisco, per le funzioni istituzionali che ho, continuerò a battermi e cioè una legge che riconosca lo status di vittime. Nessuno - ha concluso Bonaccini - potrà mai restituire quei ragazzi ma in nome di quella tragedia e di quel drammatico avvenimento c'è bisogno che questo Paese introduca nella Legislazione, appunto, il riconoscimento di status delle vittime".
Il ricordo del sindaco di Casalecchio di Reno
"E' una ferita ancora aperta nel cuore della comunità che si è stretta attorno ai familiari delle 12 vittime basando il suo operato intorno a parole chiave: memoria, impegno e solidarietà": cosi' il sindaco di Casalecchio di Reno, Massimo Bosso, nella cerimonia via web per ricordare, nel 30esimo anniversario, le vittime del Salvemini. Dopo una serie di passaggi giudiziari, la corte di Cassazione assolse i tre imputati - il pilota dell'aereo e due superiori - da ogni accusa con la formula "il fatto non costituisce reato". "Una sentenza molto difficile da accettare ma rispetto alla quale la comunità ha saputo manifestare il proprio dissenso - ha detto il sindaco di Casalecchio - nel rispetto dei valori democratici". Quello del Salvemini "non è stato un incidente sfortunato ma fu causato da errori umani e dall'assenza di norme che potevano impedirlo", la conclusione di Bosso.
Il messaggio di Sergio Mattarella
"La sicurezza è un diritto di cittadinanza", scrive il presidente della Repubblica in un messaggio inviato al sindaco di Casalecchio di Reno, Massimo Bosso. "Quanto accadde trent'anni or sono - afferma il capo dello Stato - non deve mai più verificarsi. Responsabilità delle istituzioni è garantire norme e standard di sicurezza che assicurino sempre l'integrità dei centri abitati e l'incolumità di chi vi abita. Le immagini di quei momenti drammatici rilanciano questo monito e richiamano un impegno comune che non ammette pause o lacune".
"Sono trascorsi trent'anni - scrive Mattarella - dal tragico 6 dicembre del 1990, in cui dodici giovani studenti vennero uccisi da un aereo militare, precipitato in fiamme sulla loro scuola, l'Istituto Tecnico Gaetano Salvemini di Casalecchio di Reno. Quelle vite spezzate sono iscritte nella memoria della Repubblica e il ricordo dei ragazzi, dei loro nomi e dei loro volti, accomuna oggi l'intera comunità civile, che si stringe ai familiari, ai superstiti, ai soccorritori di allora e a quanti negli anni hanno poi lavorato per la ricostruzione, morale e materiale".
Il presidente osserva ancora: "Nulla potrà mai lenire un dolore così grande. Nulla potrà cancellarlo dalla storia di una comunità. La memoria è fondamento di civiltà, e la sua condivisione genera solidarietà, coscienza, cultura. I compagni di scuola, l'associazione dei familiari delle vittime, tutta la città di Casalecchio sono stati e sono testimoni di questi valori e ancora adesso, nel ricordo dell'immane tragedia, promuovono responsabilità, unità, partecipazione".