Iran, 40 anni fa l'assalto all'ambasciata e la crisi degli ostaggi Usa, sequestrati per 444 giorni
Slogan contro gli Stati Uniti e Israele davanti all'ex ambasciata nel giorno dell'anniversario
Al grido di "abbasso gli Stati Uniti" e "abbasso Israele", manifestanti iraniani hanno dato fuoco alle bandiere dei due Paesi durante una manifestazione indetta nel giorno del 40/o anniversario dell'occupazione dell'ambasciata americana a Teheran, che diede inizio alla crisi degli ostaggi.
Tra gli attivisti riuniti di fronte all'ex sede diplomatica, oggi parzialmente convertita in un museo, alcuni si sono travestiti da "nemici" della Repubblica islamica, impersonando anche il presidente Usa Donald Trump, legato come un prigioniero. "L'Iran considera gli Usa come il nemico numero uno dell'umanità e sottolinea la resistenza ai complotti satanici degli Stati Uniti corrotti e dei loro alleati", recita un comunicato diffuso dai dimostranti. Nel testo, i fondamentalisti respingono ogni trattativa con Washington e denunciano "la malvagità" di Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita, accusandoli di aver fomentato le proteste in Libano e Iraq per dividere "l'asse della resistenza".
I manifestanti urlano slogan contro l'America definita la "tana delle spie", per esprimere opposizione alle politiche degli Stati Uniti e alle pressioni e alle sanzioni imposte all'Iran dopo il suo ritiro dall'accordo nucleare.
L'occupazione dell'ambasciata americana a Teheran 40 anni fa "fu uno dei più grandi movimenti nella storia delle rivoluzioni mondiali" e segnò la distruzione "dell'immagine di grandezza degli imperialisti e degli Stati Uniti", ha detto il comandante dell'esercito iraniano, il generale Seyyed Abdolrahim Mousavi. "Inginocchiarsi ai nemici e obbedire non porterà mai nulla alla nazione iraniana e alla Rivoluzione islamica", ha poi aggiunto, secondo quanto riportato dall'agenzia Mehr.
40 anni fa, l'assalto all'ambasciata
Il primo novembre 1979 l'ayatollah Ruhollah Khomeini, leader della nascente Repubblica Islamica, invitò la popolazione a manifestare contro gli interessi degli Americani, indicati col nome di "Grande Satana" e di "Nemici dell'Islam", e degli israeliani nel Paese. Il 4 novembre 1979, un gruppo di studenti iraniani occuparono l'ambasciata americana a Teheran e presero in ostaggio il personale diplomatico. Il sequestro durò 444 giorni fino al 20 gennaio 1981 e scatenò la reazione della comunità internazionale. Gli ostaggi furono mostrati bendati e legati alle televisioni di tutto il mondo. Per la loro liberazione gli studenti iraniani chiedevano che il governo degli Stati Uniti consegnasse il deposto scià alle autorità iraniane e che si scusasse per le ingerenze negli affari interni dell’Iran. Tredici ostaggi, donne e neri, vennero rilasciati a metà novembre perché appartenenti a "minoranze oppresse", poi fu rilasciato anche un uomo malato di sclerosi multipla. I restanti 52 vennero tenuti prigionieri fino al gennaio del 1981. Non restarono sempre nell'ambasciata. Alcuni furono inviati nelle prigioni di Teheran per evitare tentativi di salvataggio.
Sei persone riuscirono a fuggire e furono tenute nascoste dall'ambasciatore canadese Ken Taylor e dal diplomatico John Sheardown che li aiutò a lasciare il paese con uno stratagemma raccontato nel film Argo di una troupe intenzionata a girare un film. Una volta estradati John Sheardown fu premiato con l’Ordine del Canada, la massima onorificenza dello stato riservata ai civili. La storia di questi sei ostaggi è stata raccontata nel film Argo, diretto e interpretato da Ben Affleck.
Il rilascio dopo 444 giorni
Falliti tutti i tentativi di ottenere il rilascio degli ostaggi per via diplomatica, gli Stati Uniti reagirono tentando, il 24 aprile 1980, di salvare gli ostaggi con la forza, ma l'operazione, denominata Eagle Claw (artiglio dell'aquila), fallì. Alcuni aerei ed elicotteri con a bordo militari incaricati di tentare il colpo di mano furono inviati segretamente nel Paese, ma durante le manovre a terra un elicottero RH53D e un C-130 si scontrarono tra loro nel deserto iraniano presso Tabas e otto militari americani persero la vita mentre altri quattro rimasero feriti. Vi fu anche un'imposizione di sanzioni diplomatiche mirate ad ammorbidire le posizioni del nascente regime degli Ayatollah le quali, tuttavia, non portarono a grandi risultati.
La crisi si sbloccò grazie a un accordo favorito dall'Algeria e firmato il 19 gennaio 1981 ad Algeri. Per gli Stati Uniti l'Accordo di Algeri fu negoziato dall'allora Vicesegretario di Stato Warren Christopher. L'intesa prevedeva la liberazione degli ostaggi, lo scongelamento dei fondi iraniani depositati presso banche americane e bloccati all'indomani dello scoppio della crisi, la riaffermazione del principio di non ingerenza. Gli ostaggi furono materialmente liberati il 20 gennaio 1981, immediatamente dopo l'insediamento di Ronald Reagan a Presidente degli Stati Uniti.
Tra gli attivisti riuniti di fronte all'ex sede diplomatica, oggi parzialmente convertita in un museo, alcuni si sono travestiti da "nemici" della Repubblica islamica, impersonando anche il presidente Usa Donald Trump, legato come un prigioniero. "L'Iran considera gli Usa come il nemico numero uno dell'umanità e sottolinea la resistenza ai complotti satanici degli Stati Uniti corrotti e dei loro alleati", recita un comunicato diffuso dai dimostranti. Nel testo, i fondamentalisti respingono ogni trattativa con Washington e denunciano "la malvagità" di Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita, accusandoli di aver fomentato le proteste in Libano e Iraq per dividere "l'asse della resistenza".
I manifestanti urlano slogan contro l'America definita la "tana delle spie", per esprimere opposizione alle politiche degli Stati Uniti e alle pressioni e alle sanzioni imposte all'Iran dopo il suo ritiro dall'accordo nucleare.
L'occupazione dell'ambasciata americana a Teheran 40 anni fa "fu uno dei più grandi movimenti nella storia delle rivoluzioni mondiali" e segnò la distruzione "dell'immagine di grandezza degli imperialisti e degli Stati Uniti", ha detto il comandante dell'esercito iraniano, il generale Seyyed Abdolrahim Mousavi. "Inginocchiarsi ai nemici e obbedire non porterà mai nulla alla nazione iraniana e alla Rivoluzione islamica", ha poi aggiunto, secondo quanto riportato dall'agenzia Mehr.
40 anni fa, l'assalto all'ambasciata
Il primo novembre 1979 l'ayatollah Ruhollah Khomeini, leader della nascente Repubblica Islamica, invitò la popolazione a manifestare contro gli interessi degli Americani, indicati col nome di "Grande Satana" e di "Nemici dell'Islam", e degli israeliani nel Paese. Il 4 novembre 1979, un gruppo di studenti iraniani occuparono l'ambasciata americana a Teheran e presero in ostaggio il personale diplomatico. Il sequestro durò 444 giorni fino al 20 gennaio 1981 e scatenò la reazione della comunità internazionale. Gli ostaggi furono mostrati bendati e legati alle televisioni di tutto il mondo. Per la loro liberazione gli studenti iraniani chiedevano che il governo degli Stati Uniti consegnasse il deposto scià alle autorità iraniane e che si scusasse per le ingerenze negli affari interni dell’Iran. Tredici ostaggi, donne e neri, vennero rilasciati a metà novembre perché appartenenti a "minoranze oppresse", poi fu rilasciato anche un uomo malato di sclerosi multipla. I restanti 52 vennero tenuti prigionieri fino al gennaio del 1981. Non restarono sempre nell'ambasciata. Alcuni furono inviati nelle prigioni di Teheran per evitare tentativi di salvataggio.
Sei persone riuscirono a fuggire e furono tenute nascoste dall'ambasciatore canadese Ken Taylor e dal diplomatico John Sheardown che li aiutò a lasciare il paese con uno stratagemma raccontato nel film Argo di una troupe intenzionata a girare un film. Una volta estradati John Sheardown fu premiato con l’Ordine del Canada, la massima onorificenza dello stato riservata ai civili. La storia di questi sei ostaggi è stata raccontata nel film Argo, diretto e interpretato da Ben Affleck.
Il rilascio dopo 444 giorni
Falliti tutti i tentativi di ottenere il rilascio degli ostaggi per via diplomatica, gli Stati Uniti reagirono tentando, il 24 aprile 1980, di salvare gli ostaggi con la forza, ma l'operazione, denominata Eagle Claw (artiglio dell'aquila), fallì. Alcuni aerei ed elicotteri con a bordo militari incaricati di tentare il colpo di mano furono inviati segretamente nel Paese, ma durante le manovre a terra un elicottero RH53D e un C-130 si scontrarono tra loro nel deserto iraniano presso Tabas e otto militari americani persero la vita mentre altri quattro rimasero feriti. Vi fu anche un'imposizione di sanzioni diplomatiche mirate ad ammorbidire le posizioni del nascente regime degli Ayatollah le quali, tuttavia, non portarono a grandi risultati.
La crisi si sbloccò grazie a un accordo favorito dall'Algeria e firmato il 19 gennaio 1981 ad Algeri. Per gli Stati Uniti l'Accordo di Algeri fu negoziato dall'allora Vicesegretario di Stato Warren Christopher. L'intesa prevedeva la liberazione degli ostaggi, lo scongelamento dei fondi iraniani depositati presso banche americane e bloccati all'indomani dello scoppio della crisi, la riaffermazione del principio di non ingerenza. Gli ostaggi furono materialmente liberati il 20 gennaio 1981, immediatamente dopo l'insediamento di Ronald Reagan a Presidente degli Stati Uniti.