Trenta anni senza Aldo Fabrizi, icona della Roma che fu
Con Totò, Peppino e Sordi fu protagonista dei grandi classici della commedia italiana
Il 2 aprile 1990 moriva il grande attore e regista romano, definito dai critici americani "a comic genius", dopo aver indossato sui palcoscenici di Broadway il costume di Mastro Titta, il boia di Rugantino, commedia musicale di Garinei e Giovannini.
Nasce a Roma nel 1905 al numero 10 del Vicolo delle grotte, a Campo de' Fiori, cuore della città dove c'è una targa commemorativa. Orfano di padre a 11 anni, è l'unico maschio di una famiglia di quattro sorelle, tra cui Elena, passata alla storia come Sora Lella. Proprio Sora Lella raccontò a Gigi Sabani nella trasmissione "Piacere Raiuno" del 1991, la loro infanzia tra i banchi di frutta a Campo de' Fiori, dove la madre aveva un banchetto e dove si formò comicamente Aldo, rubando con gli occhi quello che vedeva fare ai venditori.
Nel 1928 Fabrizi pubblicò un volumetto di poesie romanesche dal titolo "Lucciche ar sole" e iniziò ad avvicinarsi al teatro fino agli esordi come macchiettista nel 1931. I suoi personaggi erano quelli del "popolino romano", ritratti di borgata: dal vetturino al conducente di tram fino al postino e allo sciatore. La popolarità arrivò subito tanto che, nel 1937, diede vita alla sua prima compagnia teatrale nella quale lavorò per un certo tempo anche un giovanissimo Alberto Sordi. Tra i due c'era grande stima, un'amicizia reciproca, che andò consolidandosi anche nei loro duetti cinematografici.
L'esordio cinematografico fu nel 1942 con "Avanti c'è posto" di Mario Bonnard e subito dopo con "Campo de' Fiori", film del 1943, in cui Fabrizi poté mettere in scena tutto il suo bagaglio di personaggi incontrati nel quartiere. Ne "L'ultima carrozzella" di Mario Mattioli, con Anna Magnani, rispolverò uno dei suoi grandi classici, il "vetturino" con il quale aveva calcato i primi palchi in gioventù. Per il film curò anche la sceneggiatura insieme a un giovanissimo Federico Fellini.
Nel 1945, in Roma città aperta di Roberto Rossellini interpreta un ruolo drammatico, Don Pietro Pellegrini, ispirato ai due sacerdoti romani Pietro Pappagallo e Giuseppe Morosini, martire della Resistenza. In una critica dell'epoca su "L'Unità"' Umberto Barbaro scrisse: "Valendosi intelligentemente dell'abilità di due attori popolari come la Magnani e Fabrizi, il regista ha sorretto la semplicità della trama drammatica su sequenze alternanti abilmente note comiche e addirittura grottesche alle scene più forti e strazianti". Nel 1949 arriva il primo Nastro d'argento come miglior attore protagonista per "Prima comunione" del 1950. Il secondo sarà del 1975, come non protagonista, nella pietra miliare di Ettore Scola "C'eravamo tanto amati". Prima però aveva ottenuto un riconoscimento alla biennale di Venezia per la sua interpretazione ne "Il delitto di Giovanni Episcopo" del 1947 diretto da Alberto Lattuada. Sul finire degli anni '80, poco prima di morire, fu insignito anche del David di Donatello alla carriera.
Gli anni '50 di Aldo Fabrizi furono segnati dalla sua collaborazione con Toto' e Peppino De Filippo. Con il principe recitò in "Guardie e ladri", "Una di quelle", "I tartassati", "Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi" del 1960, "Totò contro i quattro". Con De Filippi recitò in "Signori, in carrozza!", "Accadde al penitenziario". Fu proprio in questo periodo che si consolidò la sua fama all'interno della commedia all'italiana. Il rapporto con Totò andò oltre la macchina da presa: "Lavorare con Totò era un piacere, una gioia, un godimento perché oltre a essere quell'attore che tutti riconosciamo era anche un compagno corretto, un amico fedele e un'anima veramente nobile", raccontò Fabrizi.
Contestualmente in tv portò tutti i suoi personaggi nei varietà degli anni '70 ('Speciale per noi' e 'Milleluci' su tutti) mentre l'ultima apparizione televisiva avvenne nel 1987 nel "G.B. Show". Dopo aver lavorato con tutti i più importanti registi italiani come Monicelli e Steno, Bolognini e Bava, Corbucci, Magni e Nanni Loy, firmò la regia de "La famiglia Passaguai" per cui fu anche sceneggiatore e produttore.
Alla passione per il cinema alternò quella per la cucina. Memorabili le sue gag sulla pasta e le diverse poesie scritte in dialetto romanesco dedicate ai piatti della tradizione. Quando morì nel 1990 fu sepolto al cimitero monumentale del Verano. Aveva 84 anni e l'epitaffio commemorativo recita: "Tolto da questo mondo troppo al dente".
Nasce a Roma nel 1905 al numero 10 del Vicolo delle grotte, a Campo de' Fiori, cuore della città dove c'è una targa commemorativa. Orfano di padre a 11 anni, è l'unico maschio di una famiglia di quattro sorelle, tra cui Elena, passata alla storia come Sora Lella. Proprio Sora Lella raccontò a Gigi Sabani nella trasmissione "Piacere Raiuno" del 1991, la loro infanzia tra i banchi di frutta a Campo de' Fiori, dove la madre aveva un banchetto e dove si formò comicamente Aldo, rubando con gli occhi quello che vedeva fare ai venditori.
Nel 1928 Fabrizi pubblicò un volumetto di poesie romanesche dal titolo "Lucciche ar sole" e iniziò ad avvicinarsi al teatro fino agli esordi come macchiettista nel 1931. I suoi personaggi erano quelli del "popolino romano", ritratti di borgata: dal vetturino al conducente di tram fino al postino e allo sciatore. La popolarità arrivò subito tanto che, nel 1937, diede vita alla sua prima compagnia teatrale nella quale lavorò per un certo tempo anche un giovanissimo Alberto Sordi. Tra i due c'era grande stima, un'amicizia reciproca, che andò consolidandosi anche nei loro duetti cinematografici.
L'esordio cinematografico fu nel 1942 con "Avanti c'è posto" di Mario Bonnard e subito dopo con "Campo de' Fiori", film del 1943, in cui Fabrizi poté mettere in scena tutto il suo bagaglio di personaggi incontrati nel quartiere. Ne "L'ultima carrozzella" di Mario Mattioli, con Anna Magnani, rispolverò uno dei suoi grandi classici, il "vetturino" con il quale aveva calcato i primi palchi in gioventù. Per il film curò anche la sceneggiatura insieme a un giovanissimo Federico Fellini.
Nel 1945, in Roma città aperta di Roberto Rossellini interpreta un ruolo drammatico, Don Pietro Pellegrini, ispirato ai due sacerdoti romani Pietro Pappagallo e Giuseppe Morosini, martire della Resistenza. In una critica dell'epoca su "L'Unità"' Umberto Barbaro scrisse: "Valendosi intelligentemente dell'abilità di due attori popolari come la Magnani e Fabrizi, il regista ha sorretto la semplicità della trama drammatica su sequenze alternanti abilmente note comiche e addirittura grottesche alle scene più forti e strazianti". Nel 1949 arriva il primo Nastro d'argento come miglior attore protagonista per "Prima comunione" del 1950. Il secondo sarà del 1975, come non protagonista, nella pietra miliare di Ettore Scola "C'eravamo tanto amati". Prima però aveva ottenuto un riconoscimento alla biennale di Venezia per la sua interpretazione ne "Il delitto di Giovanni Episcopo" del 1947 diretto da Alberto Lattuada. Sul finire degli anni '80, poco prima di morire, fu insignito anche del David di Donatello alla carriera.
Gli anni '50 di Aldo Fabrizi furono segnati dalla sua collaborazione con Toto' e Peppino De Filippo. Con il principe recitò in "Guardie e ladri", "Una di quelle", "I tartassati", "Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi" del 1960, "Totò contro i quattro". Con De Filippi recitò in "Signori, in carrozza!", "Accadde al penitenziario". Fu proprio in questo periodo che si consolidò la sua fama all'interno della commedia all'italiana. Il rapporto con Totò andò oltre la macchina da presa: "Lavorare con Totò era un piacere, una gioia, un godimento perché oltre a essere quell'attore che tutti riconosciamo era anche un compagno corretto, un amico fedele e un'anima veramente nobile", raccontò Fabrizi.
Contestualmente in tv portò tutti i suoi personaggi nei varietà degli anni '70 ('Speciale per noi' e 'Milleluci' su tutti) mentre l'ultima apparizione televisiva avvenne nel 1987 nel "G.B. Show". Dopo aver lavorato con tutti i più importanti registi italiani come Monicelli e Steno, Bolognini e Bava, Corbucci, Magni e Nanni Loy, firmò la regia de "La famiglia Passaguai" per cui fu anche sceneggiatore e produttore.
Alla passione per il cinema alternò quella per la cucina. Memorabili le sue gag sulla pasta e le diverse poesie scritte in dialetto romanesco dedicate ai piatti della tradizione. Quando morì nel 1990 fu sepolto al cimitero monumentale del Verano. Aveva 84 anni e l'epitaffio commemorativo recita: "Tolto da questo mondo troppo al dente".