Ciuffo ribelle e "Veronica". I 70 anni di Adriano Panatta e la nostalgia del tennis di una volta
Ex numero 4 del mondo e dominatore del 1976 tennistico, quando portò a casa gli Internazionali d'Italia, il Roland Garros e la coppa Davis con gli azzurri capitanati da Pietrangeli
Nel tempo, Panatta sarebbe diventato l'inventore di quel tennis anni Settanta che, grazie al suo gioco solare e mediterraneo - un tocco morbido e la predilezione per le volée, contrapposti al tennis metodico e nordico di un'altra stella come Bjorn Borg - avrebbe contribuito alla popolarità di quello sport che fino ad allora in Italia era considerato un passatempo per pochi.
La Coppa Davis del 1976
Nel palmarès del più grande giocatore italiano dell'era Open figurano 10 tornei del circuito maggiore in singolare e 18 nel doppio. Porta la sua firma l'unica Coppa Davis tricolore, contro il Cile, nel 1976, anno in cui trionfò anche a Roma e Parigi, raggiungendo il quarto posto del ranking mondiale, suo miglior piazzamento. A Santiago, Panatta vinse entrambi i singolari e il doppio, in coppia con Paolo Bertolucci. Entrambi vestivano magliette rosse in segno di protesta contro la dittatura di Augusto Pinochet. Era il colore dei fazzoletti sventolati dalle donne che scendevano in piazza alla ricerca dei parenti.
"Lo conobbi in un torneo a Cesenatico, io avevo 11 anni e lui 12 - racconta Bertolucci - e non mi rimase molto simpatico, con quel suo modo di fare romano... a me che venivo da un paesino come Forte dei Marmi. Anni dopo ci ritrovammo al centro federale di Formia dove finimmo in camera insieme. E lì sboccio l'amore. Quanti incontri... Io a destra, lui a sinistra. Io quello basso, lui quello alto. Litigavamo anche. Durante una trasferta negli Usa non ci parlammo per due settimane, nemmeno in albergo. Ma io sapevo che sarebbe stato lui a cedere e così fu. Perché Adriano ha un gran cuore, è un generoso. Ma sa anche essere rompiscatole".
La "Veronica" di Panatta
Uno smash spalle alla rete, dalla parte del rovescio e con una frustata di polso non indifferente. E' il colpo più iconico di Adriano Panatta, quella "Veronica" entrata nell'immaginario collettivo come un binomio legato indissolubilmente al tennista romano. "Fu Rino Tommasi a coniare questo termine, rifacendosi a un gesto del torero durante la corrida", ricorda l'ex tennista.
Quella 'Veronica' è un marchio di fabbrica che lo ha accompagnato nel corso della sua straordinaria carriera, Roland Garros compreso. Nel 1976, anno del suo storico trionfo a Parigi, Panatta rischiò di salutare il torneo al primo turno con Hutka, quando si ritrovò a fronteggiare un match point sul 9-10 al quinto set. "Prima la 'Veronica', poi la volée in tuffo: passarono quel punto su tutte le tv - racconta il romano - Sono cose difficili da spiegare, su quanta bravura o fortuna ci fosse. Penso sia un misto di entrambi i fattori, sono dell'idea che alla fine tutto si compensi".
In Davis a Roma nel '79 spiegò a un giovane Ivan Lendl che cosa fosse il tennis, con un 6-0 6-0 negli ultimi due set (un ace battendo da sotto) che umiliò quello che di lì a poco sarebbe stato il dittatore del circuito.
Terminata la carriera agonistica nel 1983, Panatta è stato capitano non giocatore della squadra italiana di Coppa Davis dal 1984 al 1997, guidandola fino alle semifinali nel 1996 e 1997.
Nuovi progetti
L'ex numero 4 del mondo e dominatore del 1976 tennistico - quando portò a casa gli Internazionali d'Italia, il Roland Garros e la coppa Davis con gli azzurri capitanati da Pietrangeli - l'anno prossimo, dopo una ristrutturazione completa, inaugurerà a Treviso l'ex Tennis club Zambon, progetto imponente nel quale si è lanciato con il socio Philippe Donnet, numero uno di Generali e che prevede campi da tennis, da padel, una Spa e soprattutto una scuola tennis dal sapore vintage. Dove, chiarisce subito l'ex campione, "ai bambini verrà insegnato il tennis classico, non esasperato, diverso da quello che viene inculcato oggi, tutto basato sulla potenza. Dovranno innanzitutto divertirsi, perché senza divertimento l'abbandono del tennis è assicurato". Vuole farne, insomma, un circolo all'antica dove si possano insegnare i colpi classici, quelli che non si usano più, piatti e piazzati, che fanno emettere alle corde di una racchetta il vero suono del tennis, quel 'pof, pof, pof' dell'ormai celebre cameo cinematografico ne 'La profezia dell'armadillo' di Daniele Scariggi, presentato a Venezia due anni fa (gli è valso un Nastro d'argento nel 2019).
Il metodo Panatta, che richiama quello del suo tennista contemporaneo preferito, Roger Federer, non punterà quindi alla creazione spasmodica di nuovi talenti, ma non è escluso che tra Veroniche e drop shot un nuovo astro si palesi: "I campioni non si cercano, arrivano, a Treviso come a Caltanissetta - chiarisce - poi però qualcuno che capisce di tennis deve saperli riconoscere".
Tra gli azzurri di oggi Panatta punta su Sinner: "Ha un grande talento, si diverte e tutto fa prevedere un suo sbarco nei top ten, ma in quanto a risorse azzurre e talento ci sono ovviamente Matteo Berrettini che è numero otto del mondo e Fognini, un grande tennista". Fognini è anche l'italiano che vincendo il torno di Montecarlo lo scorso anno è stato il primo ad aggiudicarsi un Master 1000 quarantatré anni dopo il trionfo di Panatta agli Internazionali di Roma.
Libri e tv
A 70 anni, Panatta scrive libri sul tennis col suo amico e consulente giornalistico Daniele Azzolini, conduce trasmissioni radiofoniche su Radiouno accanto a Claudio Sabelli Fioretti e Nicoletta Simeone, dirige una rivista (Match Point), è ospite ambito in programmi televisivi (Fabio Fazio ha una passione per lui), gira l'Italia con i suoi 'campioni per amici' Daniele Lucchetta, Yuri Chechi e Bruno Conti a incontrare i ragazzi delle scuole.
Ha chiuso con la politica (è stato consigliere comunale con Rutelli sindaco) e con la motonautica, dopo la morte dell'amico Stefano Casiraghi nel 1990. Ha chiuso anche con la Federazione - è stato capitano di Davis, direttore degli Internazionali d'Italia - dopo una lunga e faticosa battaglia (anche legale) che lo ha visto scontrarsi - e perdere - con l'attuale presidente Angelo Binaghi.
Romanista sofferente, padre di tre figli, un matrimonio durato una vita con Rosaria Luconi, oggi ha una compagna trevigiana, Anna Bonamigo, per la quale ha lasciato Roma per Treviso dove nascerà il suo "circolo all'antica".
In televisione a parlare di tennis Panatta va sempre più di rado. E' stato commentatore accanto a Giampiero Galeazzi, negli anni Novanta, e ai telecronisti di Eurosport in tempi recenti, ma solo negli Slam e per semifinali e finale. Il tennis di oggi, tutto muscoli e bordate da fondo, lo annoia e non ne ha mai fatto mistero nemmeno in diretta. Lui guarda Re Roger, quando capita, il più grande di tutti. "Federer" - spiega Adriano - "gioca a tennis come nessuno ha mai fatto prima, non importa cosa dice la statistica".
Oggi Panatta gioca poco a tennis. "Scendo in campo molto raramente, e solo con amici simpatici - spiega - gioco più spesso invece a padel, mi diverte di più".
Con i nipoti, i figli e la compagna Anna il 9 luglio festeggerà i suoi 70 anni con una tranquilla cena in Versilia: "Non sono un tipo celebrativo", dice in un'intervista a 'La Stampa' nella quale ripercorre la sua vita e la sua carriera, "ma se potessi inviterei qualche amico che non c'è più: Mario Belardinelli, Umberto Bitti Bergamo, Vincenzo Romano, Chiarino Cimurri, Paolo Villaggio. E mio padre".