30 anni senza il grande Ugo Tognazzi
Morì il 27 ottobre 1990 a 68 anni. Indimenticabile in Amici Miei, La tragedia di un uomo ridicolo, Il vizietto
Trent'anni fa, il 27 ottobre 1990 a Roma, moriva Ugo Tognazzi. Nato a Cremona il 23 marzo 1922, è stato uno dei più grandi attori della commedia all'italiana. Protagonista di 150 film, grande interprete per i più grandi registi, capace di fotografare vizi e virtù dell'Italia del dopoguerra.
Pur non avendo frequentato alcuna scuola di recitazione, Ugo Tognazzi si affermò nel varietà e nella rivista ("Castelli in aria", 1949-50; "Dove vai se il cavallo non ce l'hai?", 1951-52; "Ciao fantasma", 1952-53; "Uno scandalo per Lilli", 1957-58), dopo essersi fatto notare da Wanda Osiris a una serata di dilettanti. Nel 1950 arriva a Roma, destinazione Cinecittà, perché «col cinema si guadagna di più. Ma niente come il teatro - dirà - restituisce il calore del contatto diretto che io ho poi ricostruito con la mia vera vocazione, la cucina. Preparare una cena e vedere l'espressione soddisfatta dei commensali è proprio come finire una serata in teatro quando il pubblico ti applaude. Per questo considero il cinema solo come il mio hobby preferito».
Il primo ruolo sullo schermo glielo affida Mario Mattoli ne «I cadetti di Guascogna » del 1950 a fianco di Walter Chiari che gli ruba la scena. L'anno seguente incontra invece Raimondo Vianello e i due fanno coppia fissa per tutti gli anni '50 arrivando al grande pubblico con il trionfale successo di molte pellicole, ma soprattutto col varietà televisivo «Un, due, tre». I due amici comici si presentano in una veste nuova rispetto alla classica accoppiata di un intrattenitore e una spalla, porgendosi le battute a vicenda, entrambi riscuotendo risate, ciascuno con il proprio stile: signorile e freddo Vianello, ammiccante Tognazzi. La coppia porta una comicità rapida e ben rodata, sui toni della freddura, del cinismo anche macabro, del nonsense all'inglese, favorita dalle musiche ad hoc del compositore Lelio Luttazzi. Nel 1959, a causa di una scenetta satirica sul presidente della Repubblica Gronchi, il programma viene chiuso senza preavviso e i due licenziati.
Il cinema però ha ormai adottato quel lombardo che sforna film a raffica (12 nel solo 1959). Se ne accorge Luciano Salce che con lui si afferma grazie a «Il federale » (1961) per poi stringere un lungo sodalizio. Se ne accorge Dino Risi che ne replica il successo con «La marcia su Roma » del '62 in cui Tognazzi duetta con Vittorio Gassman. La versatilità conquistata dall'attore ne fa uno dei volti ideali nella stagione aurea della commedia all'italiana, capace tanto di caricare la sua prestazione di deformazione grottesca, quanto di lavorare a personaggi più introspettivi, come l'inquieto investigatore del "Commissario Pepe" (1969) di Ettore Scola.
Dagli anni Sessanta Tognazzi è annoverato tra i 'colonnelli' del cinema italiano con Alberto Sordi, Vittorio Gassman e Nino Manfredi. L'attore incarna anche ruoli più impegnativi diretto da registi come Marco Ferreri, Pier Paolo Pasolini, Bernardo Bertolucci, per mostrare vizi e nevrosi del nostro tempo.
Nascono così capolavori come «La donna scimmia », «L'udienza», «La grande abbuffata». Per Monicelli darà vita invece alla saga di «Amici miei» con l'irresistibile maschera del Conte Mascetti. Con Risi e Scola stringerà un sodalizio profondo che frutta grandi successi come "Straziami ma di baci saziami" o "La terrazza". Incrocia Elio Petri ("La proprietà non è più un furto") e Bernardo Bertolucci ("La tragedia di un uomo ridicolo" con cui vince la Palma d'oro a Cannes nel 1981); sostiene gli esordi di Pupi Avati ("La mazurca del barone...") e si traveste per Edouard Molinaro ne "Il vizietto" che sul finire degli anni '70 lo rilancia in tutto il mondo.
Non pago del successo come attore, Tognazzi dirige cinque film (tra gli altri "Sissignore" del 1968, "Cattivi pensieri" del 1976 e "I viaggiatori della sera" (1979).
A metà degli anni 80 lo sorprende la malattia più infida e crudele: la depressione. Ormai a poco servono i grandi raduni tra la casa di Velletri e quella di Torvajanica, dove col pretesto di un torneo di tennis tra amici e colleghi si passa il tempo in pantagrueliche tavolate. Pur con intorno l'affetto dei figli avuti da tre matrimoni, il grande attore si isola sempre più spesso, si lancia in una serie televisiva che non porterà a termine, "Una famiglia in giallo". Lascia in sospeso anche il progetto di una nuova regia.
A vent'anni dalla morte, la figlia Maria Sole gli ha dedicato un documentario, "Ritratto di mio padre", che ne recupera la dolcezza e la sensibilità anche fuori dal set, mentre i figli Ricky e Gianmarco (entrambi attori/autori) hanno seguito le sue orme. Adesso i suoi ragazzi annunciano un libro dal titolo: 'Ugo, gli amori e gli scherzi e i ricordi di un padre di salvataggio', un volume dove Ricky, Thomas, Maria Sole e Gianmarco raccontano il loro papà.
La Rai ricorda Tognazzi
Dal lavoro in un salumificio al palcoscenico, dalla tv alla passione per la cucina. Rai Cultura rende omaggio al genio di Ugo Tognazzi, a trent’anni dalla morte, dedicandogli un doppio appuntamento, martedì 27 ottobre: alle 19.00 su Rai Storia (canale 54) il documentario di Giulio Calcinari 'Ugo Tognazzi: l’uomo, l’attore, la televisione', per il ciclo 'Italiani' con l’introduzione di Paolo Mieli, e alle 23.00 su Rai5 (canale 23) una delle sue interpretazioni più celebri, il film 'Il commissario Pepe', diretto da Ettore Scola.
Il documentario torna sui passi di Tognazzi a partire dal lavoro di impiegato in un salumificio di Cremona, presto abbandonato - o meglio, perso - per seguire la passione per il teatro, e prosegue con il debutto in tv nel 1954 insieme Raimondo Vianello, in 'Un due tre', il primo varietà della tv, destinato a lasciare il suo imprinting nella storia del piccolo schermo. Da qual momento Tognazzi andrà di successo in successo, in tv, al cinema e in un altro campo tutto suo, quello della cucina, una grande passione. Ma c’è anche la passione per le donne che lo porterà, tra i primi, a creare una famiglia allargata, uno scandalo negli anni Sessanta.
Il Tognazzi attore è, invece, riassunto da 'Il commissario Pepe' per il quale l’attore vinse il premio come miglior interprete maschile al Festival di Mar del Plata nel 1970. Il film, tratto dal romanzo omonimo di Ugo Facco de Lagarda, vede protagonista un commissario di polizia in una cittadina del nord piuttosto tranquilla, il dottor Pepe. Un giorno, il commissario viene chiamato a indagare sul malcostume che sembra dilagare in città e scopre la doppia vita di alcuni personaggi anche molto in vista. Un grande successo investigativo. Eppure, pur elogiato per il suo scrupoloso lavoro dai superiori, verrà invitato a depennare dalla lista dei colpevoli i nomi più illustri per evitare uno scandalo.
Pur non avendo frequentato alcuna scuola di recitazione, Ugo Tognazzi si affermò nel varietà e nella rivista ("Castelli in aria", 1949-50; "Dove vai se il cavallo non ce l'hai?", 1951-52; "Ciao fantasma", 1952-53; "Uno scandalo per Lilli", 1957-58), dopo essersi fatto notare da Wanda Osiris a una serata di dilettanti. Nel 1950 arriva a Roma, destinazione Cinecittà, perché «col cinema si guadagna di più. Ma niente come il teatro - dirà - restituisce il calore del contatto diretto che io ho poi ricostruito con la mia vera vocazione, la cucina. Preparare una cena e vedere l'espressione soddisfatta dei commensali è proprio come finire una serata in teatro quando il pubblico ti applaude. Per questo considero il cinema solo come il mio hobby preferito».
Il primo ruolo sullo schermo glielo affida Mario Mattoli ne «I cadetti di Guascogna » del 1950 a fianco di Walter Chiari che gli ruba la scena. L'anno seguente incontra invece Raimondo Vianello e i due fanno coppia fissa per tutti gli anni '50 arrivando al grande pubblico con il trionfale successo di molte pellicole, ma soprattutto col varietà televisivo «Un, due, tre». I due amici comici si presentano in una veste nuova rispetto alla classica accoppiata di un intrattenitore e una spalla, porgendosi le battute a vicenda, entrambi riscuotendo risate, ciascuno con il proprio stile: signorile e freddo Vianello, ammiccante Tognazzi. La coppia porta una comicità rapida e ben rodata, sui toni della freddura, del cinismo anche macabro, del nonsense all'inglese, favorita dalle musiche ad hoc del compositore Lelio Luttazzi. Nel 1959, a causa di una scenetta satirica sul presidente della Repubblica Gronchi, il programma viene chiuso senza preavviso e i due licenziati.
Il cinema però ha ormai adottato quel lombardo che sforna film a raffica (12 nel solo 1959). Se ne accorge Luciano Salce che con lui si afferma grazie a «Il federale » (1961) per poi stringere un lungo sodalizio. Se ne accorge Dino Risi che ne replica il successo con «La marcia su Roma » del '62 in cui Tognazzi duetta con Vittorio Gassman. La versatilità conquistata dall'attore ne fa uno dei volti ideali nella stagione aurea della commedia all'italiana, capace tanto di caricare la sua prestazione di deformazione grottesca, quanto di lavorare a personaggi più introspettivi, come l'inquieto investigatore del "Commissario Pepe" (1969) di Ettore Scola.
Dagli anni Sessanta Tognazzi è annoverato tra i 'colonnelli' del cinema italiano con Alberto Sordi, Vittorio Gassman e Nino Manfredi. L'attore incarna anche ruoli più impegnativi diretto da registi come Marco Ferreri, Pier Paolo Pasolini, Bernardo Bertolucci, per mostrare vizi e nevrosi del nostro tempo.
Nascono così capolavori come «La donna scimmia », «L'udienza», «La grande abbuffata». Per Monicelli darà vita invece alla saga di «Amici miei» con l'irresistibile maschera del Conte Mascetti. Con Risi e Scola stringerà un sodalizio profondo che frutta grandi successi come "Straziami ma di baci saziami" o "La terrazza". Incrocia Elio Petri ("La proprietà non è più un furto") e Bernardo Bertolucci ("La tragedia di un uomo ridicolo" con cui vince la Palma d'oro a Cannes nel 1981); sostiene gli esordi di Pupi Avati ("La mazurca del barone...") e si traveste per Edouard Molinaro ne "Il vizietto" che sul finire degli anni '70 lo rilancia in tutto il mondo.
Non pago del successo come attore, Tognazzi dirige cinque film (tra gli altri "Sissignore" del 1968, "Cattivi pensieri" del 1976 e "I viaggiatori della sera" (1979).
A metà degli anni 80 lo sorprende la malattia più infida e crudele: la depressione. Ormai a poco servono i grandi raduni tra la casa di Velletri e quella di Torvajanica, dove col pretesto di un torneo di tennis tra amici e colleghi si passa il tempo in pantagrueliche tavolate. Pur con intorno l'affetto dei figli avuti da tre matrimoni, il grande attore si isola sempre più spesso, si lancia in una serie televisiva che non porterà a termine, "Una famiglia in giallo". Lascia in sospeso anche il progetto di una nuova regia.
A vent'anni dalla morte, la figlia Maria Sole gli ha dedicato un documentario, "Ritratto di mio padre", che ne recupera la dolcezza e la sensibilità anche fuori dal set, mentre i figli Ricky e Gianmarco (entrambi attori/autori) hanno seguito le sue orme. Adesso i suoi ragazzi annunciano un libro dal titolo: 'Ugo, gli amori e gli scherzi e i ricordi di un padre di salvataggio', un volume dove Ricky, Thomas, Maria Sole e Gianmarco raccontano il loro papà.
La Rai ricorda Tognazzi
Dal lavoro in un salumificio al palcoscenico, dalla tv alla passione per la cucina. Rai Cultura rende omaggio al genio di Ugo Tognazzi, a trent’anni dalla morte, dedicandogli un doppio appuntamento, martedì 27 ottobre: alle 19.00 su Rai Storia (canale 54) il documentario di Giulio Calcinari 'Ugo Tognazzi: l’uomo, l’attore, la televisione', per il ciclo 'Italiani' con l’introduzione di Paolo Mieli, e alle 23.00 su Rai5 (canale 23) una delle sue interpretazioni più celebri, il film 'Il commissario Pepe', diretto da Ettore Scola.
Il documentario torna sui passi di Tognazzi a partire dal lavoro di impiegato in un salumificio di Cremona, presto abbandonato - o meglio, perso - per seguire la passione per il teatro, e prosegue con il debutto in tv nel 1954 insieme Raimondo Vianello, in 'Un due tre', il primo varietà della tv, destinato a lasciare il suo imprinting nella storia del piccolo schermo. Da qual momento Tognazzi andrà di successo in successo, in tv, al cinema e in un altro campo tutto suo, quello della cucina, una grande passione. Ma c’è anche la passione per le donne che lo porterà, tra i primi, a creare una famiglia allargata, uno scandalo negli anni Sessanta.
Il Tognazzi attore è, invece, riassunto da 'Il commissario Pepe' per il quale l’attore vinse il premio come miglior interprete maschile al Festival di Mar del Plata nel 1970. Il film, tratto dal romanzo omonimo di Ugo Facco de Lagarda, vede protagonista un commissario di polizia in una cittadina del nord piuttosto tranquilla, il dottor Pepe. Un giorno, il commissario viene chiamato a indagare sul malcostume che sembra dilagare in città e scopre la doppia vita di alcuni personaggi anche molto in vista. Un grande successo investigativo. Eppure, pur elogiato per il suo scrupoloso lavoro dai superiori, verrà invitato a depennare dalla lista dei colpevoli i nomi più illustri per evitare uno scandalo.