Dj Fabo, in aula il filmato dell'agonia. Cappato: aiutarlo era mio dovere
In aula l'intervista rilasciata alle Iene in cui il giovane racconta la sua condizione
E' stata l'udienza dell'agonia della condizione di Fabiano Antoniani, noto ormai a tutti come dj Fabo, cieco e tetraplegico, morto il 27 febbraio in una clinica svizzera col suicidio assistito. In un silenzio surreale con gli occhi gonfi di lacrime e commozione, non solo la madre e la fidanzata del 40enne, ma anche la stessa pm Tiziana Siciliano, il pubblico presente, i cronisti e anche i giudici popolari hanno guardato la dolorosa e significativa intervista che rilasciò a 'Le Iene' un paio di settimane prima di andare, accompagnato in auto da Marco Cappato, ora a processo per aiuto al suicidio, nella struttura vicino a Zurigo.
"Andrò via col sorriso perché vivo nel dolore", diceva, prima di essere colpito da una delle tante crisi respiratorie, Fabo all'inviato Giulio Golia, anche lui commosso e testimone davanti alla Corte d'Assise di Milano. Giudici davanti ai quali ieri lo stesso Cappato, esponente dei Radicali e tesoriere dell' associazione Luca Coscioni, interrogato si è difeso spiegando che le persone "sottoposte a sofferenze terribili con malattie irreversibili", come Antoniani, hanno "il diritto di scegliere come morire, un diritto umano fondamentale" e "per me era un dovere aiutare Fabiano".
"Alla Procura interessa fare chiarezza su quelle che erano le condizioni di Antoniani e sulle sue volontà", ha chiarito, invece, prima di mostrare parti di quel filmato integrale di quasi due ore, il pm Siciliano che con la collega Sara Arduini aveva chiesto l'archiviazione per Cappato parlando di diritto a morire con "dignità", prima che il gip disponesse l'imputazione coatta, dando il la al processo. Nel video proiettato in aula si vedeva Fabiano nel letto attaccato alla macchina che lo aiutava a respirare (in sottofondo il rumore) e con a fianco la fidanzata Valeria e che, stuzzicato dalle domande di Golia, diceva: "Io vivo di quantità non di qualità, mettiti una benda negli occhi e fatti legare mani e piedi al letto e potrai capire cosa sto provando io. Sono così da due anni e 9 mesi (dopo un incidente stradale, ndr), siamo due persone in tutta Italia così, almeno gli altri ci vedono, io vedo sempre nero". Le parole di Fabo nel filmato venivano spesso riportate dalla fidanzata per la fatica che l'uomo faceva a parlare e respirare.
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"Sono assolutamente convinto della mia scelta - diceva ancora Antoniani - la mia vita insopportabile, una sofferenza immane, vivo nel dolore di non poter fare una passeggiata, dipendo al 100 per cento dagli altri, ma andrò via col sorriso, tutti i giorni ho immaginato quel momento, in tutti i momenti". Cappato, imputato non solo per aver accompagnato Fabo nella clinica ma anche per aver "rafforzato il suo proposito suicidiario", ha spiegato ai giudici che "per me era un dovere rispondere a quella richiesta di aiuto e io l'aiuto l'ho fornito e non mi nascondo dietro un dito, i principi morali sulla base dei quali ho fornito questo aiuto sono i miei sì, ma sono anche riconosciuti nella Carta costituzionale e in quelle internazionali".
Ha voluto specificare di non aver "rafforzato il suo intento", anzi ha evidenziato la "determinazione" di Antoniani, quella di una "persona che aveva dovuto resistere più del dovuto e se ne voleva andare". E ancora: "Se non ci fosse stato nessuno ad aiutarlo ad ottenere ci che voleva, certamente Fabiano sarebbe ancora vivo, ma vista la sua determinazione dubito che poi non avrebbe raggiunto ciò che voleva, mi diceva 'se non mi aiuti, uno che mi spara lo trovo'". Pm e difesa parleranno il 17 gennaio e la sentenza è prevista per il 14 febbraio.
"Andrò via col sorriso perché vivo nel dolore", diceva, prima di essere colpito da una delle tante crisi respiratorie, Fabo all'inviato Giulio Golia, anche lui commosso e testimone davanti alla Corte d'Assise di Milano. Giudici davanti ai quali ieri lo stesso Cappato, esponente dei Radicali e tesoriere dell' associazione Luca Coscioni, interrogato si è difeso spiegando che le persone "sottoposte a sofferenze terribili con malattie irreversibili", come Antoniani, hanno "il diritto di scegliere come morire, un diritto umano fondamentale" e "per me era un dovere aiutare Fabiano".
"Alla Procura interessa fare chiarezza su quelle che erano le condizioni di Antoniani e sulle sue volontà", ha chiarito, invece, prima di mostrare parti di quel filmato integrale di quasi due ore, il pm Siciliano che con la collega Sara Arduini aveva chiesto l'archiviazione per Cappato parlando di diritto a morire con "dignità", prima che il gip disponesse l'imputazione coatta, dando il la al processo. Nel video proiettato in aula si vedeva Fabiano nel letto attaccato alla macchina che lo aiutava a respirare (in sottofondo il rumore) e con a fianco la fidanzata Valeria e che, stuzzicato dalle domande di Golia, diceva: "Io vivo di quantità non di qualità, mettiti una benda negli occhi e fatti legare mani e piedi al letto e potrai capire cosa sto provando io. Sono così da due anni e 9 mesi (dopo un incidente stradale, ndr), siamo due persone in tutta Italia così, almeno gli altri ci vedono, io vedo sempre nero". Le parole di Fabo nel filmato venivano spesso riportate dalla fidanzata per la fatica che l'uomo faceva a parlare e respirare.
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"Sono assolutamente convinto della mia scelta - diceva ancora Antoniani - la mia vita insopportabile, una sofferenza immane, vivo nel dolore di non poter fare una passeggiata, dipendo al 100 per cento dagli altri, ma andrò via col sorriso, tutti i giorni ho immaginato quel momento, in tutti i momenti". Cappato, imputato non solo per aver accompagnato Fabo nella clinica ma anche per aver "rafforzato il suo proposito suicidiario", ha spiegato ai giudici che "per me era un dovere rispondere a quella richiesta di aiuto e io l'aiuto l'ho fornito e non mi nascondo dietro un dito, i principi morali sulla base dei quali ho fornito questo aiuto sono i miei sì, ma sono anche riconosciuti nella Carta costituzionale e in quelle internazionali".
Ha voluto specificare di non aver "rafforzato il suo intento", anzi ha evidenziato la "determinazione" di Antoniani, quella di una "persona che aveva dovuto resistere più del dovuto e se ne voleva andare". E ancora: "Se non ci fosse stato nessuno ad aiutarlo ad ottenere ci che voleva, certamente Fabiano sarebbe ancora vivo, ma vista la sua determinazione dubito che poi non avrebbe raggiunto ciò che voleva, mi diceva 'se non mi aiuti, uno che mi spara lo trovo'". Pm e difesa parleranno il 17 gennaio e la sentenza è prevista per il 14 febbraio.