Roma, racket delle bancarelle: 18 arresti. Sequestrato un milione di euro
Contestate anche ipotesi di usura con prestiti tra i 2 e i 5 mila euro e l'applicazione di tassi d'interesse annui superiori anche al 500%. I dettagli dell'operazione saranno illustrati alle 12 nella sala riunioni della procura di Roma
Diciotto misure cautelari (otto in carcere e dieci ai domiciliari) sono state eseguite, su delega della procura, dai militari del Nucleo Speciale Polizia Valutaria della Guardia di Finanza e dal personale della Polizia Locale di Roma nell'ambito dell'indagine, denominata "Monsone", sul cosiddetto "racket delle autorizzazioni per il commercio su strada": coinvolti pubblici ufficiali, imprenditori e sindacalisti e, sullo sfondo, la famiglia dei Tredicine, nota per la sua attività nel settore del commercio ambulante della Capitale
L'indagine - si legge in una nota della Gdf e della polizia locale - ha consentito di ricostruire "un collaudato sistema corruttivo ed estorsivo posto in essere da un sodalizio criminale di tredici persone: due pubblici ufficiali (l'allora responsabile degli Uffici 'Disciplina' e 'Rotazioni' del dipartimento Attività produttive del Comune di Roma e un suo diretto collaboratore), quattro esponenti di un'associazione sindacale di categoria - tra cui Mario e Dino Tredicine - e un gruppo di sette imprenditori/commercianti (tre dei quali di nazionalità bangladese, siriana e israeliana). Avrebbero gestito, a scopo di illecito arricchimento, le autorizzazioni amministrative per l'esercizio di attività commerciali su aree pubbliche e le numerose postazioni presenti nella Capitale nel settore del commercio ambulante, "avvalendosi (qualora necessario) di condotte intimidatorie, minacce e violenze per ottenere indebite somme di denaro".
I reati contestati, a vario titolo, sono quelli di associazione per delinquere, corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, rivelazione del segreto d'ufficio, estorsione, abusiva attività finanziaria, usura e autoriciclaggio.
In cambio dei "loro servizi", secondo la Guardia di Finanza, i soggetti coinvolti ricevevano denaro contante, ripetuti pranzi o cene, capi di abbigliamento griffati e abbonamenti annuali per assistere a partite del campionato di calcio di Serie A. Gli investigatori hanno provveduto a eseguire un sequestro preventivo di disponibilità finanziarie per 1 milione di euro, pari ai profitti illeciti conseguiti da alcuni indagati. Contestate anche ipotesi di usura con prestiti tra i 2 e i 5 mila euro e l'applicazione di tassi d'interesse annui superiori anche al 500%.
Il "prezzario" delle postazioni
A ogni zona era assegnato un valore monetario che poteva raggiungere anche la cifra di 700 euro al giorno per i posti più ambiti. Il prezzo aumentava se il banco dell'ambulante era in una zona centrale della Capitale come per esempio via Cola di Rienzo o viale Giulio Cesare. Il sistema corruttivo andava avanti da anni, almeno dal 2006, secondo quanto accertato dagli inquirenti, e che inizia a sgretolarsi nel 2018 quando qualcuno un ambulante originario del Bangladesh, decide di sporgere denuncia, non essendo più in grado di far fronte ai versamenti di denaro che gli venivano imposti. E' lui la "fonte confidenziale di provata attendibilità" - di cui si legge nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Francesco Patrone - che ha aiutato gli investigatori a ricostruire il sistema di gestione illecita delle licenze rilasciate agli ambulanti capitolini. Pressato dalle continue richieste di soldi per ottenere le migliori postazioni di vendita e costretto a chiedere soldi a degli usurai di fiducia dall'organizzazione, l'uomo ha tentato di cambiare lavoro ma ha ricevuto minacce sempre più gravi, dirette anche ai suoi familiari. Fino alla ribellione finale.
Al centro dell'indagine, c'è la modalità delle rotazioni, per cui l'Ufficio comunale è tenuto a individuare il turno di lavoro e il posteggio in cui installare il banco di vendita ambulante, assicurando un congruo ricambio dei venditori autorizzati: la normativa attuale prevede che alla procedura di assegnazione partecipino rappresentanti delle organizzazioni sindacali del settore, con il compito di rappresentare i singoli venditori. Ebbene, tale modello astratto - spiega il gip - secondo la fonte "sarebbe del tutto stravolto nella realtà: i venditori, anziché ruotare secondo un turno prestabilito, sarebbero costretti a subire le modifiche alle previsioni turnarie mensili secondo quanto stabilito dal Dipartimento VIII di Roma capitale che, d'accordo con le predette organizzazioni sindacali, effettuerebbe illegittimamente dei cambi di postazione fra i vari venditori, assegnando i posti di maggiore redditività (ad esempio quelli siti nelle zone più centrali quali Aurelio, Ottaviano e Cola di Rienzo) ai soli commercianti che accettano di pagare ogni mese ai pubblici ufficiali somme variabili dai 400 ai 1000 euro". E "ulteriori vantaggi sono legati alla possibilità di evitare di pagare eventuali contravvenzioni per la maggiore occupazione di suolo pubblico senza la sospensione o la revoca delle autorizzazioni".
Agli inquirenti M.Y.H ha raccontato di aver gestito con il fratello tre licenze a fronte di un affitto di 3.450 euro ("900 in chiaro e il resto in nero") ma di essere "da circa 12 anni costretti a pagare mensilmente rilevanti somme di denaro" per poter aggirare la regola delle rotazioni: "nel corso degli ultimi anni il dichiarante ha pagato circa 60.000 euro l'anno per l'affitto delle licenze", "ognuna delle quali valeva, nel 2016, prima delle nuove leggi, circa 170.000 euro. Molte di esse appartengono a persone collegate alla nota famiglia dei Tredicine"
A gestire l'organizzazione, dunque c'erano tra i rappresentanti sindacali due membri della famiglia Tredicine, i fratelli Dino e Mario, con la complicità di due persone, all'epoca dei fatti, funzionari pubblici: Alberto Bellucci, capo dell'ufficio Discipline e rotazioni, e Fabio Magozzi, dipendente dello stesso ufficio, che avrebbero ricevuto soldi e regali assegnando a loro discrezione le postazioni delle bancarelle, in cambio di contanti, regali e anche abbonamenti allo stadio.
Secondo gli inquirenti avrebbero ottenuto in totale 110 mila euro consistiti anche in regali come abbonamenti per lo stadio, pranzi e abiti griffati. Secondo quanto si legge nell'ordinanza firmata dal gip Francesco Patrone, Bellucci "asserviva costantemente le funzioni del proprio ufficio agli interessi economici dei fratelli Tredicine, Dino e Mario".
Il funzionario, a cui spettava il compito di assegnare le postazioni degli ambulanti, arrivava, secondo quanto accertato da Guardia di Finanza e Polizia di Roma Capitale, a preparare ricorsi per i Tredicine ai quali era il suo stesso ufficio a dover rispondere. "Finché c'è Alberto la categoria non trema", dicono intercettati alcuni imprenditori coinvolti nell'inchiesta.
Un sistema piramidale
Si trattava di un sistema fondato su "tre livelli, a carattere piramidale". Nel primo livello - si legge nell'ordinanza di custodia, "vanno inseriti i due pubblici ufficiali dell'Ufficio Rotazione e Disciplina, ossia il funzionario responsabile, Alberto Bellucci, e il suo dipendente di fiducia, Fabio Magozzi; ufficiali che hanno impostato il proprio lavoro quotidiano in funzione esclusiva di specifici tornaconti, anche di modico valore".
Nel secondo livello sono collocati alcuni esponenti delle associazioni di categoria, "in particolare della Fivag Cisl Roma e dell'Aiarc che hanno sfruttato in materia illecita i rapporti con Bellucci in primis e Magozzi ottenendo una posizione di primazia".
Nel terzo livello si trovano "i commercianti ambulanti, o meglio i referenti delle associazioni di categoria, che subiscono la posizione di privilegio del primo e secondo livello, e si occupano sia di assegnare la turnazione quotidiana delle postazioni sia della concreta esazione ai danni degli ambulanti con metodi estorsivi, per lo più minacce, in alcuni casi esplicite, molte volte larvate, tanto che gli ambulanti, per lo più stranieri, sono costretti a soggiacere al 'sistema', non ottenendo altrimenti piazzole di sosta redditizie o finanche avendo come alternativa quella di restare a casa senza lavoro.
L'indagine - si legge in una nota della Gdf e della polizia locale - ha consentito di ricostruire "un collaudato sistema corruttivo ed estorsivo posto in essere da un sodalizio criminale di tredici persone: due pubblici ufficiali (l'allora responsabile degli Uffici 'Disciplina' e 'Rotazioni' del dipartimento Attività produttive del Comune di Roma e un suo diretto collaboratore), quattro esponenti di un'associazione sindacale di categoria - tra cui Mario e Dino Tredicine - e un gruppo di sette imprenditori/commercianti (tre dei quali di nazionalità bangladese, siriana e israeliana). Avrebbero gestito, a scopo di illecito arricchimento, le autorizzazioni amministrative per l'esercizio di attività commerciali su aree pubbliche e le numerose postazioni presenti nella Capitale nel settore del commercio ambulante, "avvalendosi (qualora necessario) di condotte intimidatorie, minacce e violenze per ottenere indebite somme di denaro".
I reati contestati, a vario titolo, sono quelli di associazione per delinquere, corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, rivelazione del segreto d'ufficio, estorsione, abusiva attività finanziaria, usura e autoriciclaggio.
In cambio dei "loro servizi", secondo la Guardia di Finanza, i soggetti coinvolti ricevevano denaro contante, ripetuti pranzi o cene, capi di abbigliamento griffati e abbonamenti annuali per assistere a partite del campionato di calcio di Serie A. Gli investigatori hanno provveduto a eseguire un sequestro preventivo di disponibilità finanziarie per 1 milione di euro, pari ai profitti illeciti conseguiti da alcuni indagati. Contestate anche ipotesi di usura con prestiti tra i 2 e i 5 mila euro e l'applicazione di tassi d'interesse annui superiori anche al 500%.
Il "prezzario" delle postazioni
A ogni zona era assegnato un valore monetario che poteva raggiungere anche la cifra di 700 euro al giorno per i posti più ambiti. Il prezzo aumentava se il banco dell'ambulante era in una zona centrale della Capitale come per esempio via Cola di Rienzo o viale Giulio Cesare. Il sistema corruttivo andava avanti da anni, almeno dal 2006, secondo quanto accertato dagli inquirenti, e che inizia a sgretolarsi nel 2018 quando qualcuno un ambulante originario del Bangladesh, decide di sporgere denuncia, non essendo più in grado di far fronte ai versamenti di denaro che gli venivano imposti. E' lui la "fonte confidenziale di provata attendibilità" - di cui si legge nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Francesco Patrone - che ha aiutato gli investigatori a ricostruire il sistema di gestione illecita delle licenze rilasciate agli ambulanti capitolini. Pressato dalle continue richieste di soldi per ottenere le migliori postazioni di vendita e costretto a chiedere soldi a degli usurai di fiducia dall'organizzazione, l'uomo ha tentato di cambiare lavoro ma ha ricevuto minacce sempre più gravi, dirette anche ai suoi familiari. Fino alla ribellione finale.
Al centro dell'indagine, c'è la modalità delle rotazioni, per cui l'Ufficio comunale è tenuto a individuare il turno di lavoro e il posteggio in cui installare il banco di vendita ambulante, assicurando un congruo ricambio dei venditori autorizzati: la normativa attuale prevede che alla procedura di assegnazione partecipino rappresentanti delle organizzazioni sindacali del settore, con il compito di rappresentare i singoli venditori. Ebbene, tale modello astratto - spiega il gip - secondo la fonte "sarebbe del tutto stravolto nella realtà: i venditori, anziché ruotare secondo un turno prestabilito, sarebbero costretti a subire le modifiche alle previsioni turnarie mensili secondo quanto stabilito dal Dipartimento VIII di Roma capitale che, d'accordo con le predette organizzazioni sindacali, effettuerebbe illegittimamente dei cambi di postazione fra i vari venditori, assegnando i posti di maggiore redditività (ad esempio quelli siti nelle zone più centrali quali Aurelio, Ottaviano e Cola di Rienzo) ai soli commercianti che accettano di pagare ogni mese ai pubblici ufficiali somme variabili dai 400 ai 1000 euro". E "ulteriori vantaggi sono legati alla possibilità di evitare di pagare eventuali contravvenzioni per la maggiore occupazione di suolo pubblico senza la sospensione o la revoca delle autorizzazioni".
Agli inquirenti M.Y.H ha raccontato di aver gestito con il fratello tre licenze a fronte di un affitto di 3.450 euro ("900 in chiaro e il resto in nero") ma di essere "da circa 12 anni costretti a pagare mensilmente rilevanti somme di denaro" per poter aggirare la regola delle rotazioni: "nel corso degli ultimi anni il dichiarante ha pagato circa 60.000 euro l'anno per l'affitto delle licenze", "ognuna delle quali valeva, nel 2016, prima delle nuove leggi, circa 170.000 euro. Molte di esse appartengono a persone collegate alla nota famiglia dei Tredicine"
A gestire l'organizzazione, dunque c'erano tra i rappresentanti sindacali due membri della famiglia Tredicine, i fratelli Dino e Mario, con la complicità di due persone, all'epoca dei fatti, funzionari pubblici: Alberto Bellucci, capo dell'ufficio Discipline e rotazioni, e Fabio Magozzi, dipendente dello stesso ufficio, che avrebbero ricevuto soldi e regali assegnando a loro discrezione le postazioni delle bancarelle, in cambio di contanti, regali e anche abbonamenti allo stadio.
Secondo gli inquirenti avrebbero ottenuto in totale 110 mila euro consistiti anche in regali come abbonamenti per lo stadio, pranzi e abiti griffati. Secondo quanto si legge nell'ordinanza firmata dal gip Francesco Patrone, Bellucci "asserviva costantemente le funzioni del proprio ufficio agli interessi economici dei fratelli Tredicine, Dino e Mario".
Il funzionario, a cui spettava il compito di assegnare le postazioni degli ambulanti, arrivava, secondo quanto accertato da Guardia di Finanza e Polizia di Roma Capitale, a preparare ricorsi per i Tredicine ai quali era il suo stesso ufficio a dover rispondere. "Finché c'è Alberto la categoria non trema", dicono intercettati alcuni imprenditori coinvolti nell'inchiesta.
Un sistema piramidale
Si trattava di un sistema fondato su "tre livelli, a carattere piramidale". Nel primo livello - si legge nell'ordinanza di custodia, "vanno inseriti i due pubblici ufficiali dell'Ufficio Rotazione e Disciplina, ossia il funzionario responsabile, Alberto Bellucci, e il suo dipendente di fiducia, Fabio Magozzi; ufficiali che hanno impostato il proprio lavoro quotidiano in funzione esclusiva di specifici tornaconti, anche di modico valore".
Nel secondo livello sono collocati alcuni esponenti delle associazioni di categoria, "in particolare della Fivag Cisl Roma e dell'Aiarc che hanno sfruttato in materia illecita i rapporti con Bellucci in primis e Magozzi ottenendo una posizione di primazia".
Nel terzo livello si trovano "i commercianti ambulanti, o meglio i referenti delle associazioni di categoria, che subiscono la posizione di privilegio del primo e secondo livello, e si occupano sia di assegnare la turnazione quotidiana delle postazioni sia della concreta esazione ai danni degli ambulanti con metodi estorsivi, per lo più minacce, in alcuni casi esplicite, molte volte larvate, tanto che gli ambulanti, per lo più stranieri, sono costretti a soggiacere al 'sistema', non ottenendo altrimenti piazzole di sosta redditizie o finanche avendo come alternativa quella di restare a casa senza lavoro.