Siamo statti fatti passare per mostri

Omicidio Willy, in udienza parlano i fratelli Bianchi

Davanti alla Corte d'Assise di Frosinone, Marco e Gabriele hanno fornito la loro versione dei fatti, scaricando le responsabilità su Francesco Belleggia, altro imputato, che però rispedisce le accuse al mittente

Omicidio Willy, in udienza parlano i fratelli Bianchi
Una immagine di Gabriele Bianchi tratta da Facebook

"Siamo stati fatti passare per mostri, si parlava solo dei fratelli Bianchi. Qualsiasi cosa dicevamo venivamo attaccati". E anche: "Ho detto la verità ma non sono stato creduto. A Willy ho dato solo una spinta e un calcio al fianco. Belleggia (altro imputato ndr) non dice la verità e dovrebbe assumersi le sue responsabilità". Sono alcune tra le più rilevanti frasi pronunciate davanti alla Corte di Assise del Tribunale di Frosinone, da Marco Bianchi accusato, assieme al fratello Gabriele e altri, della morte di Willy Monteiro Duarte, il 21enne ucciso a Colleferro la notte tra il 5 e 6 settembre dello scorso anno dopo un violento pestaggio. In aula, oltre ai fratelli Bianchi, ci sono Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, gli altri componenti del gruppo finito in carcere e sotto processo per omicidio volontario.

Primo a parlare: Marco Bianchi

In questa vicenda "è morto un ragazzo - ha aggiunto - ma se lo avessi colpito in modo grave non me ne sarei mai andato, lasciandolo lì. Se avessi sbagliato non avrei problemi ad ammetterlo". Non sembra lo stesso spavaldo Marco Bianchi campione di Mma (disciplina di arti marziali miste) dipinto per mesi dalle cronache quello che ora parla di fronte alla Corte di Assise del Tribunale di Frosinone dove è in corso l'udienza del processo per l'omicidio del 21enne Willy. Chiede scusa al pubblico ministero, il permesso per parlare, in una fase dell'esame si definisce "un ragazzo semplice, diviso tra sport e amici". "Quando sono andato a Colleferro e ho visto il gruppo di persone, mi sono agitato perché credevo che il mio amico stesse litigando, ho colpito Willy perché era lì fermo davanti a Omar (Sahbani, ndr). Conosco le conseguenze di un calcio al petto, non mi sarei mai permesso. Lui è caduto ma si è subito rialzato. Io poi sono andato via dai giardinetti. Non avevo capito che era successo qualcosa di grave perché non sarei mai partito con l'auto. Mentre eravamo in macchina un mio amico si è rivolto a Belleggia (altro imputato ndr) dicendo sei un pezzo di m. perché hai colpito quel ragazzo".

Gabriele Bianchi

"Io ho notato che c'è stato un odio mediatico nei nostri confronti. La feccia di Colleferro ha parlato male di noi: è come se ognuno abbia voluto mettere qualcosa contro di noi; per questo tutti dicono che io ho colpito Willy, perché influenzati dai media. Perfino i nostri amici sono stati influenzati dalla situazione mediatica. In parte posso capirli, so che sono stati minacciati solo per essere nostri amici". E poi, rincara le accuse a Belleggia già fatte dal fratello Marco: "l'ho visto tirare un calcio sinistro al mento a Willy, quando era ancora in piedi, e poi colpirlo nuovamente quando era ormai a terra. Ha preso la rincorsa e ha dato un altro calcio al collo senza pietà. Marco e io non lo avremmo mai fatto, colpire un ragazzo a terra è da infame non si fa".

Gabriele Bianchi Ansa
Gabriele Bianchi

Il ruolo di Belleggia

La ricostruzione fatta dai fratelli Bianchi è stata respinta poi dallo stesso Belleggia che nel corso del suo esame ha affermato che ad infierire su Willy fu Marco. "Io non l'ho mai colpito. Marco Bianchi gli ha inferto una scarica di pugni e calci, anche dopo che si era rialzato", ha affermato e ha aggiunto che la lite era scoppiata tra un ragazzo e il suo amico Mario Pincarelli, anch'egli finito sotto processo. "Non ci siamo confrontati dopo i fatti, ma ricordo bene che in macchina Marco disse: "comunque, rega', quel ragazzo è andato in coma". Queste le parole di Francesco Belleggia, rispondendo alle domande del suo avvocato difensore Vito Perugini. "Ci disse poi di dire che loro non erano scesi proprio dalla macchina, che erano solo venuti a prenderci. Ribattemmo dicendo che non sarebbe stato possibile viste le tante persone che erano quella sera ai giardinetti e li avevano visti. Allora - continua Belleggia - rispose che ognuno si prendeva la responsabilità di quello che aveva fatto, lui del calcio, noi degli altri colpi. Ma io gli dissi che non era giusto, che noi non avevamo fatto niente. Marco mi disse poi che era meglio se me ne andavo a casa, pure Gabriele mi invitò a fare lo stesso". Mentre parla, Gabriele in cella si mette la mano sulla fronte e alza sdegnato lo sguardo.

Pincarelli

Mario Pincarelli, coimputato insieme ai fratelli Bianchi e a Marco Belleggia nel processo per l'omicidio di Willy Monteiro Duarte, ha reso dichiarazioni spontanee per chiarire la sua posizione. "Quella sera ero ubriaco - continua - ricordo di aver visto i fratelli Bianchi andare via, io me ne sono andato con il mio amico, ma mi sono fermato per andare al locale del fratello dei Bianchi, vedendoli lì, per smaltire un po' l'alcol. Omar era arrabbiato con me. Sentivo Gabriele e Marco dire più volte a Belleggia di prendersi le responsabilità del calcio, lui era preoccupato, io stavo tranquillo".  "Quando i carabinieri sono arrivati, hanno parlato con Gabriele e Marco, a me nessuno ha detto di andare in caserma quindi sono andato a casa. Poco dopo mi ha telefonato Belleggia - prosegue Pincarelli - mi ha detto di andare. A quel punto ho detto che la responsabilità di un calcio me la sarei presa io, se era per quello che eravamo lì. Io volevo solo andarmene a casa. Non immaginavo assolutamente cosa in realtà fosse successo". E conclude: "Mi dispiace molto per la famiglia di Willy, nessuno voleva uccidere".

La madre di Willy

Dall'altra parte, quella opposta alle gabbie dei fratelli Bianchi, siedono Lucia e Melania Monteiro, rispettivamente mamma e sorella di Willy. "La signora Monteiro è rimasta sconcertata dalle parole espresse oggi in aula dai fratelli Bianchi e dagli altri imputati. Parole a cui, però, "eravamo preparati". Lo ha affermato l'avvocato Domenico Marzi, legale della mamma del giovane. "Scaricare su Belleggia le responsabilità - aggiunge il penalista -, così come hanno fatto i fratelli Bianchi è una iniziativa che giudico singolare. I tanti testimoni sentiti nel corso del processo hanno infatti fornito elementi chiari alla Corte su quanto avvenuto quella tragica notte". Per l'accusa tutti e quattro gli imputati quella notte "volevano uccidere", hanno infierito sul corpo del povero Willy.