Rapporto dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale

Dove va l’ambiente italiano

La fotografia di un Paese in movimento, tra passato e futuro, quella descritta nel nuovo rapporto dell’Ispra “Transizione ecologica aperta”

Dove va l’ambiente italiano
Contrasto/Dorothea Schmid/laif
Costiera Amalfitana

Presentato il 13 dicembre alla Camera dei deputati, il documento descrive la situazione italiana alla vigilia della realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), con l’intento di sottolineare le trasformazioni in corso ed indicare in quale direzione andare nel futuro. Il tutto grazie ai milioni di dati certificati prodotti negli anni da Ispra e raccolti nell’Annuario dei dati ambientali. In uno stile agile e chiaro, pensato per non esperti del settore.

La pagella ambientale del Paese

Un paese coperto quasi al 40% da foreste, più di Germania e Svizzera, e che ha visto crescere le aree protette di terra e di mare fino al 20% del territorio nazionale. Si riducono le emissioni di gas serra, calate del 19% negli ultimi 30 anni, come anche le principali fonti di inquinamento atmosferico.

Preoccupano però l’ozono, la situazione dei grandi centri urbani e la Pianura Padana. Non dà tregua l’aumento delle temperature dal 1985, si aggravano le isole di calore nelle città.

Avanza la transizione energetica: in 15 anni diminuito del 18% il fabbisogno di energia rispetto al picco del 2005 e più che raddoppiati i consumi da fonti rinnovabili (19%). Ma se l’industria è avanti, c’è ancora tanto da fare per trasporti e usi residenziali.

Grave invece la situazione del consumo di suolo: 60 chilometri quadrati ancora perduti ogni anno, pari a 15 ettari al giorno.

Il mare tra i sistemi ambientali più sotto stress: costoso da monitorare e controllare, eccessivo lo sfruttamento della pesca, invaso dalla plastica. 

Mappa delle Antiche Faggete italiane riconosciute Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco (elaborazione Ispra su dati Wwf) Ispra
Mappa delle Antiche Faggete italiane riconosciute Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco (elaborazione Ispra su dati Wwf)

Secondo la FAO, in Italia le foreste vetuste coprono 93 mila ettari. Ne fanno parte le Antiche Faggete, presenti dalla Emilia-Romagna alla Basilicata, che sono state riconosciute come Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO per il loro eccezionale valore ecologico, estetico, spirituale, scientifico, educativo. Queste foreste forniscono un deposito di diversità genetica che si è evoluta nel corso di millenni, un laboratorio di ricerca unico per gli scienziati, che consente loro di indagare sul funzionamento della natura.

Livelli di rischio per le piante da fiore: ripartizione percentuale nelle categorie di rischio di estinzione delle 2.430 piante valutate dalle Liste Rosse italiane nel 2020 (elaborazione Ispra su dati Orsenigo et altri) Ispra
Livelli di rischio per le piante da fiore: ripartizione percentuale nelle categorie di rischio di estinzione delle 2.430 piante valutate dalle Liste Rosse italiane nel 2020 (elaborazione Ispra su dati Orsenigo et altri)

Il 22,8% della fascia costiera entro i 300 metri è costruito. Nei comuni costieri italiani vivono 16,9 milioni di persone, pari al 30% della popolazione nazionale. E poiché l’Italia è un paese ricco di colline e di montagne, le principali arterie della rete dei trasporti si snodano lungo le coste e per alcuni tratti costeggiano la riva.

Mappa del grado di artificializzazione della fascia costiera italiana entro i 300 e i 1.000 metri dalla riva (elaborazione Ispra su dati Snpa) Ispra
Mappa del grado di artificializzazione della fascia costiera italiana entro i 300 e i 1.000 metri dalla riva (elaborazione Ispra su dati Snpa)

Oggi in Italia più della metà degli 8.300 chilometri di coste è destinata alla balneazione e le acque vengono controllate mediante due indicatori di contaminazione fecale: la grande maggioranza delle acque presenta alti livelli di qualità (classe eccellente: circa l’89% nel monitoraggio 2020), anche se vi è ancora un pericoloso 2% delle acque classificate come scarse, dove c’è un’alta probabilità di contrarre delle patologie, quali gastroenteriti, dermatiti, congiuntiviti, ecc.

Le piante, insieme a muschi, felci e licheni, sono indispensabili per la vita sulla terra. L’Italia ospita un’elevatissima diversità vegetale, forte di 12.150 tra specie e sottospecie, ma parte di questo patrimonio, secondo in Europa solo a quello spagnolo, è a serio rischio a causa delle trasformazioni del territorio e degli impatti delle attività umane e potrebbe andare incontro all’estinzione anche nel giro di pochi anni.

Classificazione delle acque di balneazione – stagione 2020 (Ministero della Salute) Ispra
Classificazione delle acque di balneazione – stagione 2020 (Ministero della Salute)

Secondo il Wwf il rapporto dell'Ispra evidenzia quanto l'agricoltura e l'allevamento siano la più forte pressione sull'ambiente nel nostro Paese, oltre che la prima minaccia alla nostra biodiversità. Si legge infatti nel rapporto che "il grande problema della produzione del cibo è la competizione con la natura selvatica per una risorsa fondamentale: il territorio. Per fare agricoltura bisogna infatti eliminare un ecosistema naturale, con le sue piante e i suoi animali, e sostituirlo con un ambiente artificiale, semplificato, che va poi difeso dai tentativi della natura di riprenderne possesso con l'aratura e l'uso di pesticidi ed erbicidi. Dopo il raccolto, viene ripristinata la fertilità del suolo con i fertilizzanti".

Secondo il Wwf in Italia si usano 114.000 tonnellate l'anno di pesticidi, che rappresentano circa 400 sostanze diverse. Se da una parte continua la diminuzione dei residui di pesticidi nel cibo che mangiamo (nel rapporto del Ministero della Salute del 2020, su dati del 2018, solo nello 0,8% dei 12.000 campioni effettuati sono stati trovati residui superiori alla norma, contro il 2,5% della media europea) dall'altra aumenta in modo significativo l'inquinamento da pesticidi nelle acque superficiali e sotterranee. Nel 2019 le concentrazioni misurate di pesticidi hanno superato i limiti previsti dalle normative nel 25% dei siti di monitoraggio delle acque superficiali.