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"Il mondo capovolto dei complottisti". Intervista a Leonardo Bianchi

Giornalista e blogger, Bianchi ha collaborato, tra gli altri, con Valigia Blu e Internazionale. Dal 2008 scrive di politica, attualità Cultura

"Il mondo capovolto dei complottisti". Intervista a Leonardo Bianchi
(GettyImages)
Militanti Qanon

L'idea generale sulle teorie del complotto è che siano un qualcosa di pericoloso e al tempo stesso di estremamente marginale, mentre i complottisti sarebbero dei pazzoidi che vanno in giro con gli occhi sgranati convinti di essere inseguiti da elicotteri neri. È un assunto, questo, che conforta la maggior parte delle persone: noi non siamo come loro. 

Ma la realtà è ben più complessa: le ricerche e gli studi più recenti dimostrano inequivocabilmente che il complottista può essere più o meno chiunque. Perché chiunque - in una o più fasi della sua vita - ha creduto ad almeno una teoria del complotto: in gergo, è finito «nella tana del Bianconiglio». 

Partendo dai Protocolli dei Savi di Sion, passando per QAnon e spingendosi fino alla pandemia e all'assalto al Congresso degli Stati Uniti, Leonardo Bianchi costruisce, in questo saggio, un quadro organico delle teorie del complotto, spiegando come nascono, in che modo e perché si diffondono, e cosa rivelano della società in cui viviamo. Il tutto senza mai rinunciare a quel rigore dell'analisi e del giudizio che ne fanno una delle voci più credibili del giornalismo italiano. Un libro che merita attenzione . Con l’autore approfondiamo alcuni punti interessanti del suo saggio.

Leonardo Bianchi è giornalista e blogger ha collaborato, tra gli altri, con Valigia Blu e Internazionale. Dal 2008 scrive di politica, attualità Cultura anche sul suo blog satirico La Privata Repubblica.


L'intervista è stata realizzata da Pierluigi Mele

Leonardo, inizierei questa nostra conversazione con alcuni dati, presi dal Censis. Il 12,7% degli italiani pensa che la scienza provochi più danni che benefici. Questo è uno dei dati più sconcertanti del rapporto sull'Italia del 2021. Ve ne sono anche altri, ancora più drammatici. Ma questo sintetizza una mentalità. Ti chiedo come ti spieghi, in una pandemia, questa sfiducia nella scienza (sicuramente minoritaria)?

Come ha fatto in tanti altri aspetti della società, la pandemia ha accelerato una tendenza che esisteva già da tempo.

Un esempio su tutti: l’opposizione vaccinale non nasce certo con i vaccini anti-Covid, ma fin dall’invenzione dei vaccini. E non a caso, le argomentazioni antivacciniste contemporanee non hanno nulla di nuovo; anzi, sono delle versioni rivedute e aggiornate di teorie (come quella secondo cui la vaccinazione di massa è un metodo per ridurre la popolazione), che già circolavano da anni, riferite però ad altri vaccini.

A grandi linee, questo succede perché la mentalità complottista si nutre dei vuoti di conoscenza, che del resto sono fisiologici in certi ambiti. La scienza non ha risposte per tutti gli aspetti della vita umana, e questo vale a maggior ragione di fronte all’emersione di un virus sconosciuto che ha avuto un impatto devastante sulle vite di ciascuno di noi.

Infine, c’è un aspetto squisitamente politico: già prima della pandemia, diversi partiti e leader avevano fatto ampio ricorso a teorie antiscientifiche che avevano contribuito a erodere la fiducia di una parte dell’opinione pubblica nei confronti della scienza.

La pandemia si è inserita in quadro di incertezza e fragilità, e l’ha fatto saltare in aria. In questo senso, è stata davvero la tempesta perfetta.


Veniamo al tuo libro. Il saggio ci offre una analisi davvero interessante del fenomeno complottista. Un fenomeno tutt'altro che banale. Incominciamo con un dato storico. Sappiamo che le teorie complottiste sono sempre esistite (esempio: i protocolli dei savi di Sion). Però tu fai partire la tua narrazione da un, guarda che caso, dispaccio abbastanza famoso della Cia che riguarda l'omicidio di JF Kennedy. Perché?

Ho deciso di far partire il primo capitolo dal dispaccio numero 1035-960 della Cia (inviato il primo aprile del 1967) perché è all’origine di una, chiamiamola così, meta-teoria cospirativa: ossia una teoria del complotto sul termine “teoria del complotto”, che sarebbe stato inventato dalla Cia per screditare chi aveva dubbi sulla versione ufficiale dell’omicidio JFK.

In sostanza, il cablogramma era una sorta di vademecum per – cito testualmente – “contrastare e screditare le affermazioni dei complottisti, nonché limitare la circolazione di certe teorie in altri paesi”. Il dispaccio è venuto fuori solo dieci anni dopo, nel 1977, e le teorie su di esso hanno iniziato a circolare dagli anni Ottanta a oggi.

A oggi ne esistono due versioni: la prima sostiene che la Cia abbia inventato il termine “teoria del complotto” da zero; l’altra riconosce la previa esistenza del termine (che risale alla fine dell’Ottocento), ma afferma che la Cia gli abbia dato una connotazione negativa.

Naturalmente non è così, visto che chi ha redatto quel testo dava per scontato il termine “complottista”, al punto tale da non doverlo nemmeno definire. E la connotazione negativa era un diretto risultato della Seconda Guerra Mondiale, in cui testi complottisti come i Protocolli dei Savi di Sion erano serviti da “licenza per un genocidio” (come li ha definiti lo storico Norman Cohn).

Tra l’altro, se l’obiettivo della Cia era arginare le teorie sull’omicidio di JFK, be’, è uno dei fallimenti più clamorosi di sempre: ancora adesso oltre la metà dei cittadini statunitensi non crede alla versione ufficiale.


Cosa è esattamente una "teoria complottista"?

Di definizioni ne sono state proposte molte, ma ormai penso che il campo sia sufficientemente delimitato e privo di equivoci. Una di quelle che mi convince di più è quella dei politologi Joseph Uscinski e Joseph Parent, che nel saggio American Conspiracy Theories descrivono le teorie del complotto come delle “spiegazioni di eventi storici, presenti o futuri, in cui il principale agente è un gruppo ristretto di persone che trama in segreto contro il bene pubblico”.

Usando un’analogia efficace, i due aggiungono che le teorie del complotto sono come un liquido che si adatta sempre al recipiente che le contiene, prendendo così la sua forma. E infatti, non esiste un singolo aspetto della vita umana che non sia suscettibile di diventare una teoria cospirativa. 


A quale "logica" (tra molte virgolette) risponde?

Grosso modo, la logica complottista si basa su tre assunti: nulla è come sembra; niente accade per caso; tutto è connesso.

La pandemia, per restare sull’attualità, non è una vera pandemia; è una plandemia, cioè un evento pianificato a tavolino da malvagi cospiratori (che poi sono sempre i soliti: Bill Gates, George Soros, ecc.) per schiavizzare l’umanità e instaurare una “dittatura sanitaria” globale.

È interessante notare poi che il complottismo è un sistema di pensiero chiuso e autoreferenziale: le teorie si confermano reciprocamente tra loro, e una volta che si crede in una teoria del complotto si finisce a credere in tutte le altre.


Chi sono i complottisti? È possibile fare un profilo del complottista?

L’idea generale è che i complottisti siano dei mattoidi che vivono da reclusi in uno scantinato, e comunque ai margini della società.

Ecco: questo è un facile stereotipo, perché la faccenda è molto più sfumata e complessa di così. Anche perché, come giustamente rileva lo psicologo Jan-Willem van Prooijen in The Psychology of Conspiracy Theories, se credere in una teoria del complotto fosse l’indicatore di una patologia mentale, allora “vivremmo in una società altamente patologica”.

Diversi studi recenti, che cito nel libro, mostrano come le teorie del complotto permeano ogni strato della società e si distribuiscono più o meno equamente sullo spettro demografico, socioeconomico, occupazionale, di genere, culturale e ideologico. 

 Per come funziona il nostro cervello, inoltre, la propensione a credere in una teoria del complotto è universale: tutti, almeno una volta nella vita, siamo finiti nella “tana del Bianconiglio” – o siamo suscettibili a credere nell’esistenza di qualche cospirazione fittizia. 


Facciamo qualche nome. Quali sono le organizzazioni complottiste più famose?

È raro che da una teoria del complotto nasca una vera e propria organizzazione; più spesso, sono le organizzazioni a sfruttare le teorie del complotto.

A volte, però, da una specifica teoria possono nascere dei veri e propri movimenti: è il caso dei cosiddetti Truther, ossia le persone convinte che l’attentato alle Torri Gemelle sia un inside job del governo americano, e più recentemente di QAnon – che è senza dubbio il movimento complottista più famoso e partecipato negli Stati Uniti, in Australia e in alcuni paesi europei.

Non sto qui a riassumerne l’intera storia (per farlo servirebbe un altro libro), ma a grandi linee si tratta di una teoria nata nel 2017 sull’imageboard 4chan dai post di un fantomatico “Q”, che sostiene di essere una talpa con accesso a informazioni riservate sulla guerra tra Donald Trump e la sua amministrazione e una presunta “cricca” di pedofili satanisti annidata dentro le istituzioni Usa.

Per quanto le premesse di tale teoria siano assurde, col tempo QAnon è riuscita a inglobare praticamente ogni altra teoria del complotto, fino ad esplodere definitivamente con la pandemia – attraverso la quale ha poi attecchito in altri paesi, su tutti il Regno Unito e la Germania.

Anche se le “profezie” di Q hanno sempre fallito, attorno a QAnon si è sviluppata una comunità di credenti, al punto tale che qualche studioso l’ha definita una “iper-religione” moderna. Come movimento politico ha infine mostrato la sua pericolosità più e più volte: uno dei primi assalitori a entrare fisicamente nel Congresso americano il 6 gennaio del 2021, tanto per fare un esempio, indossava una maglietta con la lettera Q.


Sappiamo che il complottismo può essere usato come arma non convenzionale nei conflitti politici e nei rapporti tra Stati. Un esempio è Trump. Come ha usato il complottismo l'ex presidente USA?

Trump ha costruito la sua intera carriera politica sul complottismo: non dimentichiamo che il suo vero ingresso in campo c’è stato con la diffusione della teoria razziste sul luogo di nascita di Barack Obama (il cosiddetto “birtherism”)

Da lì in poi ha sempre rilanciato ogni tipo di teoria del complotto, specialmente quelle che gli facevano comodo per mobilitare la sua base, dominare l’agenda mediatica o che – molto banalmente – lo vedevano come protagonista. Come QAnon: Trump ha più volte flirtato con i seguaci del movimento, e alla fine della sua presidenza li ha apertamente elogiati definendoli dei “patrioti”.

Dopo le elezioni del novembre del 2020, Trump e il suo entourage hanno abbracciato in toto le teorie del complotto sulle elezioni “rubate” da Joe Biden, portandole alle estreme conseguenze.


Vladimir Putin ha fatto uso di teorie complottiste?

Ogni leader politico autoritario ricorrere alle teorie cospirative, perché fondamentalmente sono un dispositivo del potere.

Putin, i media del Cremlino e i servizi di sicurezza russi hanno sempre usato il complottismo come arma di repressione del dissenso interno, e come strumento per seminare caos all’estero sfruttando le divisioni già esistenti nelle società americane ed europee – e il caso delle interferenze nelle elezioni americane del 2016 ne è probabilmente la riprova più lampante. 


In Europa e in Italia chi ha usato e continua ad usare il complottismo come arma politica?

Per quanto riguarda l’Italia, fino a non troppo tempo fa il Movimento Cinque Stelle è stato il partito che più di ogni altro ha incorporato il complottismo nella sua propaganda. Penso che ci ricordiamo fin troppo bene i microchip e le scie chimiche dell’ex deputato Paolo Bernini, il “falso allunaggio” dell’attuale sottosegretario all’interno Carlo Sibilia, o il tweet del senatore Elio Lannutti che rilancia con nonchalance i Protocolli dei Savi di Sion.

Anche Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno sempre utilizzato teorie cospirative, su tutte quella della “sostituzione etnica” – l’idea secondo cui l’immigrazione non sarebbe il frutto di complesse dinamiche geopolitiche, climatiche e sociali, ma un piano di presunte “élite globaliste” per rimpiazzare le popolazioni europee autoctone (cioè bianche e cristiane).

Meloni e Salvini sono ovviamente in ottima compagnia in Europa, e negli ultimi anni sempre più partiti della destra radicale europea hanno sdoganato e normalizzato il complottismo – specialmente con lo scoppio della pandemia.

Esempi davvero estremi in tal senso sono il leader olandese del Forum per la Democrazia (FvD) Thierry Baudet, e il candidato francese di estrema destra Eric Zemmour, che è il più vocale propagandista della teoria della “sostituzione etnica”.


Da chi è usato il "Great Reset"?

Poco sopra ho citato Baudet, e non è una coincidenza: il deputato del FvD ha più volte rilanciato questa teoria, secondo la quale la pandemia – ancora una volta – sarebbe un evento pianificato per far scattare questo fantomatico “Grande Reset” delle società occidentali e arrivare a una specie di “socialismo globale”, paradossalmente sotto l’egida del World Economic Forum, ossia l’incarnazione del neoliberismo capitalista.

Questo per dire che il “Grande Reset” è soprattutto farina nel sacco delle destre più o meno estreme, dal momento che – in ossequio al principio secondo cui nessuna teoria del complotto nasce da zero – è una versione modernizzata di quella del Nuovo Ordine Mondiale (New World Order), nata intorno all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, che a sua volta è una teoria che aveva riportato in auge la paranoia anticomunista del periodo maccartista.


Che rilevanza hanno per i servizi di informazione nella loro operatività le teorie complottiste?

Direi che hanno una grossa rilevanza, e l’hanno sempre avuta. I Protocolli dei Savi di Sion sono stati diffusi – o addirittura creati ad hoc – dall’Ochrana, la polizia segreta russa zarista, per fomentare l’antisemitismo e causare pogrom contro gli ebrei.

Più in generale, anche i servizi segreti hanno sempre usato le teorie del complotto; dopotutto, come ha scritto lo storico Aldo Giannuli, “i servizi non sono solo antenne riceventi di informazioni, ma anche emittenti, e a pari merito”. E le teorie del complotto sono uno strumento formidabile per condizionare il mondo dell’informazione.

La loro è comunque una posizione decisamente ambigua, perché ogni teoria sui servizi – essendo la loro attività, per l’appunto, segreta – è plausibile. I servizi sono del resto dei produttori di complotti veri e propri, e la storia del nostro paese è lì a dimostrarlo.


La rete è uno strumento potente di diffusione. Ci fai un esempio?

L’esempio più indicativo del rapporto tra Internet e complottismo è ancora una volta QAnon. Anche se incorpora elementi antichi, su tutti l’accusa del sangue contro gli ebrei, la teoria è il frutto di una cultura specifica – quella di 4chan, e in particolare della board (una sottosezione) /pol/, che sta per “politicamente scorretto”.

Tuttavia, QAnon sarebbe rimasto confinato su 4chan se non fossero intervenuti tre amministratori di altre board di 4chan e una youtuber complottista di estrema destra: è grazie a loro che il verbo si è diffuso al di fuori di quel recinto, trasmigrando su Reddit e poi sfondando in social network più grossi come Reddit e Facebook.

C’è comunque da dire, come hanno fatto molti commentatori, che le piattaforme hanno avuto una grossa responsabilità nella crescita impetuosa di QAnon; Facebook ha iniziato a cancellare le pagine e gli account QAnonisti solo nel 2020, quando ormai era troppo tardi. 

Mi preme sottolineare un’ultima cosa, a tal proposito: quando QAnon ha raggiunto una certa massa critica sui social, e poi nella realtà, a quel punto i mass media hanno dovuto parlarne. E spesso e volentieri non l’hanno fatto nella maniera appropriata, finendo per amplificare i suoi messaggi.

In altre parole: QAnon è nato su Internet, ma non sarebbe esploso senza i media – e ovviamente senza il ruolo attivo della politica. 


Siamo così alla fine del nostro dialogo. Ti chiedo: c'è una via per confutare le teorie complottiste?

È consolante pensare che i complottisti e le complottiste siano dei reietti della società, dominati dall’illogicità o vittime del “pensiero magico”, e che basti evidenziare i loro errori e le loro storture per sbarazzarsi delle teorie cospirative. Peccato che non sia così facile.

Le teorie del complotto sono totalmente immuni da ogni confutazione. Come ha scritto Rob Brotherton, autore di Menti sospettose, “se sembra un complotto, significa che era un complotto. Se non sembra un complotto, era sicuramente un complotto. Le prove contro la teoria del complotto diventano prove del complotto”.

La verità è che non esiste una bacchetta magica che valga per tutti – non c’è nessuna “pillola rossa”, per usare il gergo complottista mutuato da Matrix, che ti faccia uscire dalla cosiddetta “tana del Bianconiglio”. Per farlo bisogna intraprendere un difficile percorso personale, che non ha alcuna garanzia di successo. E non sarà di certo un articolo di debunking, oppure una persona che ti dà del pazzo o del cretino, a metterti su questa strada.