L'intervista

Crisi demografica, Chiara Saraceno: "Non è una questione di genere, servono politiche sociali"

"Purtroppo in Italia si parla molto del calo della natalità e di una fecondità troppo bassa, ma si fa poco per sostenere chi i figli li ha, o vorrebbe averli" osserva la sociologa

Crisi demografica, Chiara Saraceno: "Non è una questione di genere, servono politiche sociali"
Ansa
"Continuare a indicare le donne come uniche responsabili dei figli - di averli, crescerli, prendersi cura di loro - colpevolizzandole se non ne fanno, o non abbastanza, e se vogliono anche avere un’occupazione ed essere economicamente autonome, non solo è ottocentesco, è anche contro-producente ed empiricamente infondato"

L'inverno demografico non è una questione di genere. "Continuare a indicare le donne come uniche responsabili dei figli: di averli e crescerli colpevolizzandole se non ne fanno, o non abbastanza, e se vogliono anche avere un’occupazione ed essere economicamente autonome, non solo è ottocentesco, è anche empiricamente infondato". Una risposta netta quella di Chiara Saraceno, sociologa, honorary fellow al collegio Carlo Alberto, Torino e presidente del comitato scientifico di valutazione del Redditi di cittadinanza, che da anni si occupa di questione femminile e politiche sociali. 

Escono i dati Istat sulla natalità nel nostro Paese e, come accade da qualche anno, si torna a parlare di calo demografico. L'argomento accende dibattiti ma secondo lei cosa si è fatto finora per affrontare il problema?

"Innanzitutto bisogna tenere presente che il tasso di natalità dipende anche dall’età media della popolazione e dalla percentuale di anziani in essa. L’Italia ha una popolazione mediamente vecchia, a motivo delle scelte di fecondità fatte dalle generazioni oggi anziane, quindi non può che avere un tasso di natalità ridotto. Ma quanto ridotto dipende dalle scelte di chi invece è in età fertile, le generazioni più giovani e da ciò che si fa per sostenere le scelte di chi decide di avere uno e soprattutto più di un figlio. Purtroppo in Italia si parla molto del calo della natalità e di una fecondità troppo bassa, ma si fa poco per sostenere chi i figli li ha, o vorrebbe averli".

Quali politiche sociali cambierebbero lo stato delle cose?

"Come mostra anche l’esperienza di altri paesi, occorre un pacchetto di interventi integrato: orari di lavoro amichevoli nei confronti di chi ha anche responsabilità familiari, sostegno all’occupazione femminile e alla parità di genere sia nel mercato del lavoro sia in famiglia, congedi ben remunerati e il più possibile paritari, servizi di cura ed educazione per la prima infanzia universali e gratuiti e scuola a tempo pieno generalizzata, anche per favorire le pari opportunità tra bambini e contrastare la povertà educativa, sostegno al costo dei figli universale".

A proposito, che ne pensa dell'Assegno unico?

"E’ una buonissima cosa, perché sostituisce un sistema frammentato, spesso ingiusto, che lasciava fuori molti, anche tra i più poveri. Non basta da solo a incoraggiare le scelte positive di fecondità per i motivi che ho detto sopra, ma è un pezzo importante delle politiche necessarie a non scoraggiare dalla scelta di avere un figlio, specie un figlio in più".

Potrebbe essere migliorato?

"Un aspetto potenzialmente problematico è che, dato che l’ammontare è basato sull’ISEE, quindi su una prova dei mezzi familiare, potrebbe scoraggiare l’occupazione delle madri nelle famiglie a ISEE più basso, dove il trade-off tra importo dell’assegno e potenziale guadagno nel mercato del lavoro può sembrare a favore del primo, se le qualifiche sono basse e il carico di lavoro familiare pesante, tanto più se mancano i servizi".

Quando si parla di "inverno demografico" in certi casi si torna a puntare il dito sulla scelta delle donne secondo lo schema: più lavoro, meno figli. Ma è davvero così?

"Continuare a indicare le donne come uniche responsabili dei figli - di averli, crescerli, prendersi cura di loro - colpevolizzandole se non ne fanno, o non abbastanza, e se vogliono anche avere un’occupazione ed essere economicamente autonome, non solo è ottocentesco, è anche contro-producente ed empiricamente infondato. Nei paesi sviluppati, ormai da diversi decenni il tasso di fertilità è più alto laddove anche il tasso di occupazione femminile è più alto e maggiore è l’uguaglianza di genere, sia nel mercato del lavoro sia nella divisione dei compiti familiari, anche incoraggiata da politiche che favoriscono non solo la conciliazione famiglia-lavoro, servizi, congedi, orari di lavoro, orari scolastici, ma anche un riequilibrio delle responsabilità tra madri e padri, penso a congedi di paternità, congedi parentali ben remunerati e incentivati.

Come sono cambiate le famiglie in questi anni ? 

"Nelle famiglie spesso entrambi lavorano, in modo più o meno precario. Avere due redditi non sempre dà agiatezza, ma un po’ più di sicurezza sì. Uno dei motivi per cui in Italia abbiamo alti tassi di povertà, specie tra le famiglie con più di un figlio, anche se c’è un occupato in famiglia, non è solo che i salari spesso sono troppo bassi, ma anche che la percentuale di famiglie monoreddito è comparativamente alta, soprattutto, ma non solo, nel Mezzogiorno. Occorre quindi sostenere l’occupazione delle madri, per la loro sicurezza, ed eventualmente possibilità di uscita da un matrimonio che non funziona, ma anche della loro famiglia e dei loro figli".

C'è chi considera il calo delle nascite un vantaggio, in termini di grandi numeri, per il pianeta. E ne fa una questione "ecologica". Può essere uno dei motivi della crisi?

"Non credo che chi decide di non avere figli lo faccia 'per il pianeta'. Lo fa per ragioni personali, ovviamente del tutto legittime. Per altro, anche una società di anziani, con i loro bisogni di cure, di ambienti confortevoli ecc. può pesare molto sul pianeta, oltre a pesare sulle spalle delle striminzite generazioni più giovani. Può anche rallentare, per conservatorismo, i cambiamenti necessari per salvaguardare l’ambiente. E’ vero piuttosto che, oltre a non disincentivare le scelte positive di fecondità, si dovrebbe essere più accoglienti e lungimiranti nei confronti delle popolazioni che hanno un contesto demografico opposto al nostro. L’immigrazione non può essere l’unica soluzione al calo demografico, ma può esserlo in parte".

Nel Pnrr ci saranno investimenti sufficienti ad affrontare il nodo dello squilibrio demografico?

"Molto marginalmente, anche se molto dipende da come sarà - in termini di qualità, compensi, sicurezza - il mercato del lavoro sollecitato da questa iniezione di fondi, quanto si riuscirà non solo a costruire servizi per l’infanzia, mense scolastiche, e atri servizi. ma a garantire fondi e strumenti organizzativi perché possano andare a regime. Bisognerà vedere quanto e come del Family Act, evocato nel PNRR, ma ancora non entrato in discussione in Parlamento, verrà attuato".