Microplastiche nel sangue: la scoperta olandese e i rischi per la salute

Misurata per la prima volta la presenza di polimeri plastici nei campioni ematici: tra cui anche tracce di plexiglass. La quantità media è 1,6 microgrammi per millilitro. Come un cucchiaino da tè in 1.000 litri d'acqua

Microplastiche nel sangue: la scoperta olandese e i rischi per la salute
Tgr Piemonte
Microplastiche

Un cucchiaino pieno di plastica diluita in dieci vasche da bagno. A tanto ammonta la frazione del materiale organico rilevata nel corpo umano. O meglio: nel sangue, tramite cui questi frammenti possono potenzialmente raggiungere qualsiasi organo. Un riscontro poco rassicurante, quello ottenuto dai tossicologi e dagli immunologi dell’Università Vrije di Amsterdam e riportato in uno studio pubblicato sulla rivista «Environment International». I loro risultati confermano come il nostro organismo sia in grado di assorbire i residui della plastica a cui risulta esposto ogni giorno nel contatto con l’ambiente esterno. Con effetti sulla salute ancora da determinare.

Microplastiche: di cosa si tratta?

La diffusione della plastica in acqua, aria e suolo è un problema globale. Anche quando non sono più visibili a occhio umano, i minuscoli frammenti di plastica pervadono l’ambiente e possono essere ingeriti da animali e uomini. Per definizione, per microplastica si intendono frammenti più piccoli di cinque millimetri di diametro. Le nanoplastiche sono invece ancora più piccole (con un diametro inferiore a 0.001 millimetri). Il loro accumulo nell’ambiente - la produzione attuale è stimata in oltre 300 milioni di tonnellate l’anno - è considerato una catastrofe per tutti gli ecosistemi. A partire dagli oceani, nei quali la maggior parte della plastica si scompone in particelle molto piccole. Altre plastiche, invece, sono progettate intenzionalmente per essere piccole. Sono chiamate microsfere e vengono impiegate in molti prodotti di salute e igiene personale e della casa: cosmetici, fertilizzanti, prodotti fitosanitari, detersivi e detergenti industriali. Fino a fare il loro ingresso sui campi sportivi in erba sintetica.

Microplastiche nel sangue

I ricercatori che si occupano di animali hanno messo in relazione l’esposizione a micro e nanoplastiche a infertilità, infiammazione e cancro. Ma gli effetti sugli uomini sono ancora sconosciuti. Adesso, per la prima volta, uno studio scientifico conferma la presenza di microplastiche nel sangue. La quantità rilevata sembra poca. Il risultato equivale però comunque a un campanello d’allarme per chi si occupa di salute pubblica. La ricerca «Immunoplast» - questo il nome dello studio olandese - ha contato le microplastiche presenti nella circolazione sanguigna. Il lavoro è stato realizzato su un campione ridotto: 22 persone, nei cui campioni di sangue sono stati ricercati i frammenti di cinque diversi polimeri. Ovvero: i mattoncini che costituiscono un più ampio frammento di plastica. I ricercatori hanno identificato le diverse forme. Per poi quantificarne le concentrazioni. Da tre quarti dei partecipanti - per la prima volta, dopo una serie di riscontri ottenuti in vitro: dunque a un livello più basso dell’evidenza scientifica - sono emerse concentrazioni rilevabili di uno o più di questi frammenti. La concentrazione media rilevata è stata pari a 1,6 microgrammi per millilitro. Paragonabile, per l’appunto, a un cucchiaino di plastica disciolta in mille litri di acqua. L’equivalente di dieci grandi vasche da bagno. Polietilentereftalato (PET, con cui sono fatte le bottiglie), polietilene (base di partenza dei sacchetti) e polimeri di stirene (componenti degli imballaggi) i polimeri ritrovati con maggiore frequenza nel sangue, seguiti dal polimetilmetacrilato. Ovvero: il Plexiglas.

Quali rischi per la salute?

Su come le microplastiche entrino nell’organismo umano, non si conosce la via prevalente. Ma gli ingressi sono due. La prima via riguarda l’apparato respiratorio e quindi il circuito ematico. La seconda la dieta e dunque l’apparato digerente. Quanto è facile per queste particelle spostarsi dal flusso sanguigno verso tessuti e organi? Secondo le ecotossicologhe olandesi Heather Leslie e Marja Lamore, «questo set di dati è il primo del suo genere e deve essere ampliato per ottenere informazioni su quanto sia diffuso l'inquinamento da plastica nel corpo degli esseri umani e quanto possa essere dannoso». Il primo passo consisterà nello sviluppare adeguati metodi di analisi, a oggi ancora a livello sperimentale. Solo così sarà possibile misurare le concentrazioni, cioè la quantità presente in un dato volume di ambiente, di nanoplastiche. E poi capire se queste particelle di plastica siano in grado di entrare nelle cellule e danneggiarle. Il maggiore timore è rappresentato dal rischio cancerogeno, che potrebbe determinarsi a partire dal deposito di questi materiali negli organi. Uno scenario confermato già da diversi studi in vitro - a carico di cellule degli apparati digerente e riproduttore - e che si cercherà di valutare anche sull’uomo. Al momento, non ci sono conclusioni definitive.