50mila persone in fila alla frontiera

Ucraina: l'accoglienza dei rifugiati al confine con la Polonia

La testimonianza di Guido Calvi, coordinatore umanitario di Avsi: "Per ora il flusso è ancora contenuto, potrebbe esserci un secondo arrivo in massa di profughi"

Ucraina: l'accoglienza dei rifugiati al confine con la Polonia
Getty
Rifugiati dall'Ucraina in fila per entrare in Polonia alla frontiera di Medyka

L'altra faccia del conflitto in Ucraina è l'interminabile fila di persone alle frontiere con la Polonia e con la Romania. Ci parla di una fuga dalla guerra sempre più consistente, di gente stremata da giorni di cammino, partita senza portare via nulla e bisognosa di tutto.

Secondo le ultime stime dell’Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati (UNHCR), finora sono scappate dall’Ucraina 660 mila persone. Ma si prevede un esodo molto più massiccio.

A spiegarci meglio qual è la situazione nei luoghi di frontiera e come sta funzionando la macchina della solidarietà è Guido Calvi, coordinatore delle missioni umanitarie della Fondazione AVSI, organizzazione no profit da 50 anni attiva nella cooperazione. È da poco arrivato in Polonia dove organizza, assieme alla Caritas e ad associazioni locali, i presidi di accoglienza sul territorio e la distribuzione dei beni in arrivo. Lo raggiungiamo al telefono poco prima che incontri il ministro dell’estero polacco e le autorità locali per far partire la macchina degli aiuti.

“La Polonia, insieme alla Romania, è il Paese dove stanno affluendo sempre più rifugiati. Al momento la situazione alle frontiere è critica, le file di ucraini in attesa di passare il confine sono di circa 50 mila persone-ci racconta- ma il numero cresce di ora in ora. Ci assicura che non si tratta di questioni politiche, non ci sono respingimenti. Il governo polacco ha semplificato le procedure di accesso per chi fugge dalla guerra, si tratta di difficoltà strutturali. Le stazioni di frontiera sono estremamente piccole e i controlli impiegano tempo”.

Di cosa ha più bisogno la gente che arriva? Gli aiuti materiali sono sufficienti? Come sta funzionando la solidarietà dentro e fuori l’Ucraina in questa fase?

“C’è stata da subito una fortissima solidarietà, tantissime persone si sono attivate -spiega- sono arrivati moltissimi beni e alimenti, ma organizzare la distribuzione non è facile, sia per chi esce dall’Ucraina che, soprattutto per chi resta. Chi arriva ha bisogno di tutto, di cibo, di prodotti per l’igiene, di farmaci, ma anche di supporto psicologico. È gente traumatizzata che, da un momento all’altro, ha dovuto lasciare la propria casa, la propria vita, gli affetti e mettersi in cammino per giorni. Oltre che creare punti di accoglienza per chi arriva, una delle iniziative su cui puntiamo è quella di creare dei luoghi di produzione di beni di prima necessità. La prima iniziativa realizzata dalla Caritas è un piccolo panificio in zona di frontiera”.

Ucraina, accoglienza volontari al confine polacco Gettyimages
Ucraina, accoglienza volontari al confine polacco

Aumenterà il numero di persone in fuga? Quali sono le previsioni?

“Per ora il flusso, nonostante le file ai confini, è ancora abbastanza contenuto. La situazione, però, è in continua evoluzione. Ci potrebbe essere una seconda fase di arrivi in massa in Polonia. Oggi ci sono ancora molte persone, soprattutto anziani, che non vogliono lasciare l’Ucraina, ma si stanno allontanando dal centro del Paese per spostarsi verso le zone più vicine alla frontiera dove mancano, però, le risorse”.

Come si riesce a far arrivare le provviste a chi resta dentro i confini ucraini?

“Questo è uno dei problemi più grandi, perché i bisogni maggiori sono quelli di chi è dentro a combattere o a resistere. Le risorse ci sono, ma è difficile farle entrare in territorio ucraino, organizzare il trasporto. I driver disposti a entrare sono sempre meno perché l’ingresso agli stranieri si sta restringendo sempre di più e gli ucraini che riescono a uscire non vogliono correre il rischio di rientrare”.

I profughi che stanno arrivando in Polonia e in Romania ci resteranno o sono diretti altrove?

“La maggior parte è diretta altrove, soprattutto in Italia, dove ha già contatti con familiari amici e parenti e, una volta recuperate le forze, ha tutta l’intenzione di raggiungerli. I prossimi mesi saranno il vero banco di prova sul fronte dell’accoglienza. L’ondata della solidarietà nel nostro Paese è forte. La nostra Fondazione sta ricevendo davvero moltissime richieste da parte di famiglie di accoglienza di mamme e bambini, e sono tantissime le offerte di collaborazione che riceviamo. Speriamo che la voglia di aiutare resti alta, la situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro”.