Un mistero irrisolto nonostante siano passati più di trent’anni

Via Poma, si riaprono le indagini: riguardano un sospettato che finì già nel mirino degli inquirenti

Da alcuni giorni i pm romani sono ripartiti da capo, rileggendo tutte le carte e interrogando ogni protagonista della vicenda. Tra i magistrati la cautela è massima

Via Poma, si riaprono le indagini: riguardano un sospettato che finì già nel mirino degli inquirenti
ARCHIVIO GBB / Contrasto
SIMONETTA​ CESARONI killed in VIA POMA

 

Dopo oltre 30 anni ancora non ha un nome l'assassino di Simonetta Cesaroni, la giovane che fu trovata senza vita - in una calda giornata d'agosto - in uno studio di via Poma, in zona Prati, a Roma, dove da poco svolgeva le mansioni di segreteria. Nel corso di questo lungo lasso di tempo,  ci sono stati diversi colpi di scena che però non hanno portato alla chiusura del caso. E ora le indagini sul delitto si riaprono. 

Da alcuni giorni i pm romani sono ripartiti da capo, rileggendo tutte le carte e interrogando ogni protagonista della vicenda, tra cui l’allora dirigente della squadra mobile Antonio Del Greco,  il poliziotto allora a capo delle indagini sull'uccisione della ragazza. Del Greco, che si è occupato del caso per due anni fino al 1992, di recente ha ricevuto la confidenza di una persona, che gli avrebbe confessato di essere a conoscenza di alcune informazioni che farebbero così cadere l'alibi di uno dei testimoni. Tra gli inquirenti la cautela è massima. Le nuove indagini riguarderebbero un sospettato che già all'epoca dei fatti finì nel mirino degli investigatori: il suo alibi, a distanza di oltre trent'anni, potrebbe essere smentito da nuovi elementi. 

Una intercettazione telefonica del 16 marzo 2003,  è al centro di questa nuova fase investigativa per far luce una volta per tutte su questo intricato cold-case. Nell'intercettazione, un uomo, detto il “Professore” dice a colui che nell'estate del 1990 ha fatto da tutor alla povera Simonetta. “Sono convinto che tanto prima o poi finiscono con incastrà l'avvocato Caracciolo” si sente dire. Sembrano frasi senza valore, ma l'argomento è chiaro: l'omicidio che si è consumato in via Poma. E spunta anche un nome, quello dell'allora presidente regionale degli Ostelli di allora, Francesco Caracciolo di Sarno. L'impiegato degli Ostelli dice anche che la moglie è stata sentita dai magistrati: "Io quasi due ore e quaranta...lei uguale " , spiega. " E da sua moglie che volevano sapé...?". La risposta è evasiva: "E volevano sapere alcuni indizi e poi sò cose che preferisco dirgli a voce e non per telefono...". La conversazione termina così senza nessun valore penale. Ma questo testimonia come questo efferato delitto è sempre più ingarbugliato con soggetti che ogni volta devono ripresentarsi davanti ai giudici e ricordare le loro abitudini, gli spostamenti e i rapporti relativi alla oramai lontana estate del 1990. 

Sull'omicidio della ventenne romana la parola fine sembrava essere arrivata nel febbraio del 2014 con la decisione della Cassazione, che confermò l‘assoluzione dell’ex fidanzato Raniero Busco. Contro di lui non furono trovate prove in grado di accusarlo oltre ogni ragionevole dubbio di essere l’assassino. Anzi, gli elementi che in primo grado portarono alla sua condanna a 24 anni di carcere, per i giudici della Suprema Corte erano da considerare solo delle congetture. Nelle motivazioni di quella decisione la Cassazione mise in fila tutti i tasselli, dopo le archiviazioni dei procedimenti a carico del portiere dello stabile Pietrino Vanacore (morto suicida) e di Federico Valle, nipote di un architetto che abitava nel palazzo

Il mistero di via Poma si è intrecciato anche con altri gialli romani. Come quello legato al colpo portato a termine da Massimo Carminati al caveau della Banca di Roma dentro alla cittadella giudiziaria. Venne portato via il contenuto di oltre cento cassette di sicurezza. Tra i proprietari c’erano magistrati, cancellieri, notai. Alcuni legati a doppio filo ai più grandi misteri d’Italia. E c’era anche quella dell’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno. Per quest'ultimo se si mettono in fila tutte le dichiarazioni rilasciate, per esempio, dai dipendenti dell'ufficio, dai datori di lavoro di Simonetta fino ai soliti portieri, qualcosa cambia sempre, o non torna, rispetto alle parole precedenti. Per non parlare degli orari, con le lancette dell'orologio che impazziscono e si spostano velocemente di mezz'ora in ora a ogni nuovo interrogatorio.