Phaim Bhuiyan, 50% "Bangla", 50% italiano e 100% "Torpigna"

Bangla, dal film alla serie TV

In esclusiva su RaiPlay, dal 13 aprile, la commedia sentimentale che tratta la questione dell'integrazione in modo divertente e brillante. Poi, dal 27 andrà in onda su Rai 3, un episodio al giorno dal lunedì al venerdì

Bangla, dal film alla serie TV
Ansa
L'attore e regista Phaim Bhuiyan con l'attrice Carlotta Antonelli in posa per i fotografi durante il photocall del film "Bangla, l'amore ai tempi delle seconde generazioni" di Phaim Bhuiyan

Torna Bangla, ma questa volta sul piccolo schermo. Il film omonimo è stato premiato come Miglior commedia ai Nastri d'Argento nel 2019 e per il Miglior regista esordiente ai David di Donatello del 2020 e dalla scena conclusiva del lungometraggio parte la nuova serie tv: prosecuzione dell'ironico e spassoso diario sentimentale di Phaim, italiano di seconda generazione, bengalese di origine, nato e cresciuto a Torpignattara, multietnico quartiere di Roma Est, in bilico tra tradizione, modernità e globalizzazione.

Con la regia di Emanuele Scaringi e Phaim Bhuiyan e interpretata dallo stesso Phaim Bhuiyan, Carlotta Antonelli, Pietro Sermonti e Simone Liberati, la serie è prodotta da Fandango in collaborazione con Rai Fiction e conta 8 episodi, durante i quali il protagonista racconta cosa voglia dire essere musulmano praticante e vivere in un mondo lontano dai precetti dell'Islam

La vita quotidiana di Phaim è scandita dalle proprie tradizioni che però devono fare i conti con le sue relazioni amorose

La famiglia del protagonista lo invita a rispettare la cultura di provenienza, ma lui è innamorato, ricambiato, di Asia: ragazza anticonformista e ribelle, e questo rende difficile il dialogo tra le due identità.

Phaim è 50% Bangla e 50% italiano, ma 100% “Torpigna”, inteso come abitante del quartiere romano di Torpignattara, dove lo sceneggiatore, regista e interprete, vive da sempre e dove ha ambientato il film che gli è valso anche il David di Donatello come miglior esordiente nel 2018

"La mia religione dice che fino al matrimonio il sesso non lo vedi manco col binocolo, un po' come la vostra, solo che noi non famo come ce pare..." è una delle tante battute in cui, con ironia, Phaim prova a trovare punti in comune tra le due religioni con cui si confronta, vivendo in bilico tra il sentirsi italiano e, allo stesso tempo, orgoglioso delle proprie origini bengalesi

Il regista è stato paragonato dalla critica a Nanni Moretti, complimento che Phaim ha più volte detto di raccogliere come fonte di ispirazione. Il giovane sceneggiatore crede necessario alimentare il dialogo sulle difficoltà di integrazione che si trovano ad affrontare gli italiani di seconda generazione, perché ritiene che, nel nostro Paese, ci siano ancora molte difficoltà nel riconoscere che ci siano dei nuovi connazionali che hanno semplicemente un background e origini diverse. 

La madre del regista nel film interpreta se stessa e, come nella vita, lo invita a trovarsi un vero lavoro, come se il cinema non lo fosse, ma poi, in privato, ammette col figlio che, grazie al suo lavoro, anche gli stessi immigrati riescono a capire come vivano le seconde generazioni, perché in tanti si vergognano a dire, persino in famiglia, che la laurea presa in Bangladesh in Italia non è riconosciuta e che per mantenersi è necessario svolgere lavori umili.