Quanto conta il fattore religioso nella guerra in Ucraina? Intervista a Gabriele Iacovino

Nella “cristianità” sono emersi due paradigmi diversi, opposti, nei confronti della guerra: quello ultranazionalista del Patriarca russo Kirill, e quello evangelico, da infaticabile operatore di Pace, di Papa Francesco

 Quanto conta il fattore religioso nella guerra in Ucraina? Intervista a Gabriele Iacovino
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Papa Francesco e patriarca Kirill

Quanto conta il “fattore” nella guerra in Ucraina? Ne abbiamo parlato con Gabriele Iacovino, analista di geopolitica e Direttore del Ce.SI (Centro Studi Internazionali)

Direttore, anche in questi giorni drammatici sono risuonate le parole sconcertanti del Patriarca Kirill. Parole che continuano ad essere di difesa della guerra di aggressione di Putin. Per il Patriarca questa è una guerra di difesa. Agli occhi della opinione pubblica è poco comprensibile una così radicale ostinazione del patriarca. Sembra una assoluta complicità con il potere russo. È così?

Prima di tutto ci dobbiamo chiedere a quale opinione pubblica facciamo riferimento. Se parliamo di quella russa, ci sono abbastanza dati per ritenere che una vasta maggioranza russa condivide queste parole in quella commistione tra Stato e Chiesa su cui si basa il nazionalismo di Putin. Infatti, la difesa dei cosiddetti valori cristiano-ortodossi è la giustificazione data da Putin per linizio della guerra in Ucraina e, più in generale, per la definizione della propria politica, interna ed estera, agli occhi dellopinione pubblica russa. Questa contrapposizione tra Occidente e Oriente, tra noi e loro la cui unica soluzione è solo laffermazione della supremazia valoriale russa a qualsiasi costo.

E in questa dialettica è stato fondamentale laccordo tra Putin e Kirill per un reciproco rafforzamento dei propri ruoli. Non sono un caso la contiguità dei toni, dei temi e dei termini utilizzati dal Presidente russo e dal Patriarca ortodosso nei loro interventi pubblici sulla guerra in Ucraina, tesa a liberare il fraterno popolo ucraino dai nazisti e da  decadenza valoriale tipicamente occidentale che ha portato addirittura” le manifestazioni Lgbt per le strade di Kiev, culla della cultura ortodossa. Quella visione che porta a giustificare la guerra in quanto la Russia rappresenterebbe lavanguardia dellortodossia mondiale e senza di essa tutto crollerebbe.

 Sappiamo che ci sono state coraggiose prese di posizione di dissenso nei confronti del Patriarca. Cosa si sta muovendo nel mondo ortodosso?

Ci sono stati circa 300 preti allinterno della Chiesa Ortodossa Russa che hanno sottoscritto una lettera contro la guerra e le violenze in Ucraina. Quindi un dissenso c’è e si fa sentire. Ma stiamo parlando di una parte molto piccola dei circa 40 mila prelati.  La dialettica e la narrativa è ancora troppo forte per far sì che possano emergere con vigore voci dissonanti. Rimane il fatto che anche in Ucraina più del 70% della popolazione è di religione ortodossa. E per questo motivo ci dobbiamo chiedere per quanto tempo le violenze sulla popolazione ucraina potranno essere giustificate e quanto la voce degli ucraini contro linvasione russa sarà ascoltata dalla popolazione russa di fede ortodossa.

Dall'altra parte della "cristianità" c'è Papa Francesco, infaticabile testimone di pace, che si pone agli antipodi di Kirill. Non è troppo ottimista il Papa nei confronti di Kirill? È possibile un viaggio a Kiev del Papa?

La posizione di Papa Francesco rimane di apertura e ascolto. È inevitabile se si vuole favorire un dialogo. Per questo motivo le condanne di Francesco allinvasione russa sono state ferme, il simbolo della bandiera ucraina di Bucha durante ludienza di questa settimana ne è un esempio, ma non per questo è venuta meno la disponibilità a facilitare un dialogo tra le parti. Non dimentichiamoci che Francesco è il Papa che ha incontrato Kirill 6 anni fa a Cuba in quello che è stato un simbolo della volontà di dialogo tra la Chiesa Cattolica e quella Ortodossa.

Il problema, in questo momento, anche relativamente al più volte citato viaggio del Papa a Kiev, è se vi sia una reale volontà di dialogo. Quello che ci dice la situazione sul campo è che le condizioni per un reale negoziato sono ancora lontane, anche perché Putin ha bisogno di un qualcosa che possa vendere alla propria opinione pubblica come una vittoria di quella che continua ad essere definita come operazione speciale in Ucraina.

Quindi, se da una parte c’è la ferma volontà del Pontefice a voler aiutare il dialogo, dallaltra bisognerà prima comprendere quale dovrà essere il linguaggio di questo dialogo.