Filmato shock

"A morte tutti i russi": il video della propaganda ucraina che inorridisce il web

Una donna in abiti tradizionali sgozza con la falce un prigioniero russo: è la riproduzione scenica della fine che, nel filmato, si augura a tutti i russi. Immagini crude e forti, che per opportunità abbiamo dovuto oscurare

"A morte tutti i russi": il video della propaganda ucraina che inorridisce il web
NYTimes

La guerra è fatta di propaganda. E la propaganda, come la guerra, è fatta di immagini forti e disturbanti. Come quelle che negli ultimi giorni abbiamo visto provenire da Bucha, Borodyanka e dalle altre città liberate dall’esercito ucraino dopo la ritirata dei russi.

Quello che si vede qui è un video molto forte e, per ragioni di opportunità e sensibilità, non può essere mostrato nella sua completezza, dovendo sfumare i suoi passaggi più crudi. Eppure, si tratta di un documento di notevole rilevanza, per il livello della propaganda nella lotta fratricida che si compie tra Ucraina e Russia. Proprio questo è il messaggio principale che il filmato vuole trasmettere: la gravità di un attacco sanguinario, di un’invasione brutale compiuta da un popolo “fratello” ad un suo vicino, la cui storia culturale, politica, religiosa, letteraria e sociale è da secoli intrecciata a quella di chi oggi veste i panni del nemico.

È un video della propaganda ucraina e mostra una giovane donna con quello che appare come tipico vestito popolare. Un vistoso copricapo le incornicia il volto, insieme ai capelli lisci che le calano sulle spalle da entrambi i lati. L’inquadratura è stretta, l’espressione ferma e decisa, gli occhi sembrano impassibili. Ma quello che forse colpisce di più l’osservatore è la sua bocca, le sue labbra: appaiono tumefatte, annerite, come se la donna fosse stata picchiata (nonostante non abbia ferite aperte da cui perde sangue).

La donna comincia il suo discorso, che dura meno di due minuti: “Per secoli, questi maiali ci hanno chiamati maloros, hanno calpestato la nostra bandiera, deriso la nostra lingua e creato un’immagine derisoria dell’uomo ucraino, con addosso un’aringa, il lardo e gli halushkas (tipici ravioli, ndr). Abbiamo sottostato a singhiozzi da ubriachi e ai suoni “dell’armonia russa”. Ci hanno affamato, ucciso, crocifisso nelle stanze rosse della tortura e mandato nel permafrost dei campi di prigionia siberiani. [Gli ucraini] sono stati uccisi fino a quando qualcosa di terribile ha risvegliato una pacifica nazione contadina. L’antico Dio ucraino si era addormentato per secoli nelle profondità delle colline del Dnipro… “.

A questo punto, la donna solleva il braccio e mostra all’osservatore l’oggetto che stringe in mano: una falce. Poi continua: “E ora stiamo falciando il nostro raccolto insanguinato”. Subito dopo, si interrompe di nuovo e sotto l’inquadratura, con la mano che impugna la falce, compie un gesto che non si vede ma che fa intuire quello che è appena accaduto. La conferma arriva nell’inquadratura successiva, quella più forte e che abbiamo dovuto coprire: si vede un uomo, colui che incarna un prigioniero russo, agonizzante, colpito al collo dallo strumento affilato. Su queste immagini, la donna continua auspicando la morte di tutti i soldati russi e quindi getta via il corpo del prigioniero russo, ormai morto e augura un “Benvenuti all’inferno!” all’invasore.