Il rapporto dell'associazione

La situazione nelle carceri, Antigone: "Detenuti in aumento, affollamento al 107,4%"

Dopo il calo registrato negli anni scorsi per "l'effetto lockdown" torna a salire il numero dei reati e aumenta il tasso di recidiva. Nei primi 3 mesi del 2022 sono già 21 i suicidi in cella

La situazione nelle carceri, Antigone: "Detenuti in aumento, affollamento al 107,4%"
(Ansa)
Carcere di Verona

Torna a crescere il numero dei detenuti presenti nelle carceri italiane, dopo essere drasticamente sceso durante il primo anno della pandemia. E' quanto emerge dal 18esimo Rapporto di Antigone - Le carceri viste da dentro - sulle condizioni di detenzione nel Paese: si è passati dalle 53.364 presenze della fine del 2020 alle 54.134 della fine del 2021 e, a fine marzo 2022, i detenuti nelle nostre carceri erano 54.609, con un tasso di affollamento ufficiale medio del 107,4% (ma quello reale - rileva l'associazione - è certamente più alto).

In alcune regioni, inoltre, il tasso di affollamento è decisamente più alto della media nazionale: in Puglia è pari al 134,5%, in Lombardia al 129,9%. Alcuni istituti presentano tassi di affollamento analoghi a quelli che si registravano al tempo della condanna dell'Italia da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo. In Lombardia, a fine marzo, l'affollamento a Varese era del 164%, a Bergamo e a Busto Arsizio del 165% e a Brescia 'Canton Monbello' del 185%. Aumentano i detenuti, ma si registra un netto calo negli ingressi, passati dai 92.800 del 2008 ai 35.280 del 2020, per poi risalire, per la prima volta in molti anni, e fermarsi a 36.539 nel 2021. 

Il dato, secondo Antigone, "è sorprendente: il calo degli ingressi è certamente frutto delle misure adottate dal 2012 in poi per il contrasto del cosiddetto fenomeno delle 'porte girevoli', l'ingresso in carcere di persone per periodi brevi o brevissimi". I detenuti con condanne in via definitiva erano il 69,6% dei presenti al 31 dicembre scorso, mentre 10 anni fa erano il 56,9%. "Una crescita - rileva l'associazione - di 10 punti percentuali in 10 anni. Da tempo infatti si registra una costante tendenza alla riduzione del ricorso alla custodia cautelare e dunque, in proporzione, alla crescita tra i presenti di persone con una condanna definitiva. Però i numeri sono ancora altissimi", si sottolinea nel rapporto.

Dopo il calo ponderoso dei reati nel 2020 dovuto al lockdown, il 2021 ha visto invece una leggera ripresa, ma i dati mostrano una diminuzione rispetto al 2019: 1,8 milioni di reati contro i 2,1 milioni del 2019 (calo del 12,6%).  In media, vi è una percentuale pari a 2,37 reati per detenuto, mentre, al 31 dicembre 2008, il numero di reati per detenuto era più basso di 1,97. Dunque, osserva Antigone, "diminuiscono i reati in generale, diminuiscono i detenuti in termini assoluti ma aumenta il numero medio di reati per persona. Ciò è indice dell'aumento del tasso di recidiva".

I reati più presenti sono quelli contro il patrimonio (31mila), quelli contro la persona (23mila) e le violazioni della normativa sulla droga (19mila). Seguono a una distanza significativa le violazioni della normativa sulle armi (9.249), reati contro la pubblica amministrazione (8.685), di stampo mafioso ex 416 bis (7.274) e contro l'amministrazione della giustizia (6.471). Tra i reati in diminuzione anche gli omicidi: 289 nel 2021, 4 in più rispetto al 2020 ma 25 in meno rispetto al 2019. Nel 1990 erano 3.012, 10 volte in più rispetto a oggi. La metà (144) sono stati commessi in ambito affettivo: il 40% circa delle vittime (ovvero 116) sono state donne (erano il 35% nel 2019), di cui la quasi totalità (100) uccise in ambito familiare/affettivo. In 68 casi a commettere il reato è stato un partner o ex partner.

Per quel che riguarda il numero dei suicidi, l'associazione rileva che solo in questi primi mesi del 2022 sono 21 i suicidi avvenuti in carcere (dati aggiornati al 23 aprile scorso). Nel 2021 il numero di suicidi in carcere, secondo i dati pubblicati dal Dap, è stato pari a 57. Nel 2020 - si legge ancora nel rapporto - il tasso di suicidi era pari a 11,4, superiore alla media europea annuale attestatasi a 7,2 casi ogni 10mila persone detenute. Il Paese con il tasso più alto è la Francia (27,9), seguita da Lettonia (19,7), Portogallo (18,4) e Lussemburgo (18). "Importante notare - osserva Antigone - come l'Italia sia tra i Paesi europei con il più alto tasso di suicidi nella popolazione detenuta, mentre è tra i Paesi con i tassi di suicidio più bassi nella popolazione libera". Negli ultimi cinque anni, inoltre, si osserva una costante crescita di atti di autolesionismo nei penitenziari, che nel 2020 è arrivata a contare 11.315 episodi. Dalle informazioni raccolte tramite le visite effettuate da Antigone nel corso del 2021, emerge una media di 19,9 casi di autolesionismo registrati in un anno ogni 100 persone detenute.

Sulla popolazione ristretta i dati aggiornati al 31 marzo scorso vedono scendere ancora la percentuale di detenuti stranieri presenti sul totale: il 31,3% dei reclusi infatti non era italiano (17.104 persone su 54.609). A fronte di un apice nel 2011 con il 36,1% dei detenuti in carcere che aveva una cittadinanza diversa da quella italiana, questa percentuale è andata poi progressivamente e costantemente a diminuire. Emerge, inoltre, che la distribuzione della popolazione reclusa straniera negli istituti penitenziari italiani non è omogenea: negli istituti del Trentino Alto Adige la presenza di detenuti stranieri è del 59,6%, nell'unico istituto della Valle d'Aosta è di poco sopra il 59% e negli istituti liguri è pari al 56,2%. Altre regioni con una presenza sopra la media sono Emilia-Romagna (47,8%), Toscana (47%), Lombardia (45,4%) Friuli Venezia Giulia (39,9%). Inoltre, con presenze di detenuti stranieri superiori al 60% del totale troviamo la casa di reclusione di Cremona (71,8%), la casa circondariale di Padova (67,5%), le case di reclusione di Arbus (67,2%) e di Onani-Nuoro (66,9%) entrambe in Sardegna. La nazionalità straniera più rappresentata negli istituti penitenziari italiani è ancora quella marocchina (19,9% dei detenuti stranieri reclusi). Vi è poi la romena (11,9%), l'albanese (10,7%), la tunisina (10,2%) e la nigeriana.

Aumenta il numero dei detenuti condannati all'ergastolo: sono 1.810, di cui119 stranieri. Nel 2012 erano 1.581, nel 2002 erano 990, nel1992 erano 408: un aumento esponenziale in 30 anni. Ed è un dato che fa il paio con un aumento generale delle pene nel tempo.   Le condanne, spiega Antigone, sono sempre più lunghe. Tra i presenti a fine 2021, il 50% ha subito una pena uguali o superiore a 5 anni, questa percentuale 10 anni prima era del 40%. Il 29% sconta 10 o più anni (erano il 21% nel 2011).  I detenuti con condanne in via definitiva sono circa il 70%, mentre 10 anni prima erano il 56,9%.  Oltre 19mila detenuti deve scontare una pena residua pari o inferiore a 3 anni, "una gran parte di loro potrebbe usufruire di misure alternative".   Sono 749 i sottoposti al regime del 41-bis, erano 680 nel 2010; e 9.212 quelli in alta sicurezza, detenuti per terrorismo anche internazionale o legati alla criminalità mafiosa e alle organizzazioni dedite al traffico di stupefacenti.

"Si sta creando un doppio binario tra chi va in carcere e non ne esce  e chi accede a misure alternative", dice Stefano Anastasia, Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio. “Faccio quindi un appello alla magistratura di sorveglianza che deve fare uno sforzo maggiore, perché ogni pena che finisce in carcere è una sconfitta dello Stato”. 

“Abbiamo bisogno di dare un senso alla  pena, perché lo abbiamo smarrito” osserva Patrizio Gonnella, presidente nazionale di Antigone. "Non possiamo  trasformare il carcere nell'ultima frontiera di un welfare in stato di crisi. Basta farsi un giro a Regina Coeli: è impressionante dal punto  di vista di tutti i problemi sociali che mostra insieme  contemporaneamente. Il carcere non riesce a rispondere a quella  funzione". In questo modo non si fa altro che "aumentare la  disuguaglianza sociale" che deve trovare una risposta "prima" e fuori. "Ecco perché è necessario ridare slancio al welfare - aggiunge  Gonnella rivolgendosi a tutti gli attori del territorio -, la gente  arriva già malmessa all'interno del sistema carcerario". Inoltre,  "bisogna ridurre i numeri della detenzione in arrivo". Al centro  devono tornare "i grandi temi di interesse prioritariamente sociale e  non di attenzione criminale".

Di un tavolo di confronto per “risolvere i problemi attraverso una collaborazione proficua” parla Carlo Renoldi, Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. "La mia più grande ambizione in questa sfida professionale - dichiara - è far dialogare operatori e persone che a volte parlano linguaggi diversi, costruire delle reti stabili, anche con il mondo delle associazioni, per mettere insieme approcci differenti e arrivare a una sintesi su questioni di straordinaria complessità".