Tecnologia

Come nei film. L'uomo con 32 microchip sotto pelle che paga avvicinando la mano al pos

Patrick Paumen si definisce un "biohacker": "La tecnologia continua a evolversi e io ne colleziono sempre di più. Non vorrei vivere senza"

Come nei film. L'uomo con 32 microchip sotto pelle che paga avvicinando la mano al pos
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Patrick Kramer dell'azienda Digiwell usa il microchip impiantato nella sua mano per aprire una serratura al festival Wear-it di Berlino

“Le reazioni dei cassieri quando pago qualcosa in un negozio o al ristorante non hanno prezzo”, dice Patrick Paumen, una guardia di sicurezza olandese di 37 anni. Il signor Paumen, che si definisce un “biohacker”, non ha bisogno di usare una carta di credito, né di aprire il portafoglio per pagare qualcosa. Semplicemente, gli basta posizionare la mano sinistra vicino al lettore di carte contactless e l'operazione va a buon fine. Questo perché nel 2019 si è fatto impiantare un microchip sotto la pelle, una procedura “fastidiosa” quanto un pizzicotto, dice. 

Questa tecnologia è nota dal 1998, ma è solo nell'ultimo decennio che è disponibile in commercio. Quello di Paumen è un caso estremo visto che di microchip ne ha ben 32, tra cui alcuni dedicati “all'apertura” delle porte. "La tecnologia continua a evolversi, quindi continuo a collezionarne sempre di più. Non vorrei vivere senza di loro", dice in un'intervista alla Bbc, aggiungendo di non avere preoccupazioni nè per la sicurezza nè per la privacy. "Gli impianti - spiega - contengono lo stesso tipo di tecnologia che le persone utilizzano quotidianamente. Dai telecomandi per aprire le porte, alle carte bancarie o quelle per il trasporto pubblico".

Secondo un sondaggio della Bbc, condotto su 4.000 europei, il 51% degli intervistati prenderebbe in considerazione l'idea dell'installazione di un chip sotto pelle. La prima azienda a vendere chip di pagamento è stata l'anglo-polacca Walletmor. 

"L'impianto può essere utilizzato per pagare un drink sulla spiaggia di Rio, un caffè a New York, un taglio di capelli a Parigi o nel negozio di alimentari sotto casa", dice il fondatore e amministratore delegato Wojtek Paprota. “Può essere utilizzato ovunque siano accettati pagamenti contactless”.

Microchip sottopelle - immagine generica VIKEN KANTARCI/AFP via Getty Images
Microchip sottopelle - immagine generica

Il chip di Walletmor pesa meno di un grammo ed è poco più grande di un chicco di riso: è composto da un minuscolo microchip e un'antenna racchiusa in un biopolimero, un materiale di origine naturale, simile alla plastica. Paprota spiega che è sicuro, che funziona subito dopo essere stato impiantato e rimane saldamente al suo posto. Inoltre non richiede una batteria o altra fonte di alimentazione. Finora ne sono stati venduti più di 500. La tecnologia utilizzata da Walletmor è la stessa usata dagli smartphone. Altri impianti di pagamento si basano sull'identificazione a radiofrequenza (RFID), una tecnologia simile a quella che si trova tipicamente nelle carte di credito e di debito fisiche contactless.

Un microchip sottopelle VIKEN KANTARCI/AFP via Getty Images
Un microchip sottopelle

I chip di pagamento impiantati sono solo "un'estensione dell'Internet delle cose", un nuovo modo di connettere e scambiare dati, spiega Theodora Lau, esperta di tecnologia e fintech, coautrice del libro “Beyond Good: How Technology Is Leading A Business Driven Revolution”. 

Tuttavia, ciò che causa preoccupazione è se in futuro diventeranno sempre più avanzati e pieni di dati privati ​​​​di una persona. E, a sua volta, se queste informazioni sono sicure e se una persona potrebbe effettivamente essere rintracciata. Il problema sarà capire dove tracciare la linea. Eppure, dice Theodora Lau, “molte persone sono aperte all'idea poiché renderebbe il pagamento delle cose più rapido e semplice. Il vantaggio deve essere soppesato con i rischi”. 

La domanda è sempre quella: "Quanto siamo disposti a pagare, per la comodità?". Dove tracciamo il confine quando si tratta di privacy e sicurezza? Chi proteggerà l'infrastruttura e gli esseri umani che ne faranno parte?"

Anche Nada Kakabadse, professoressa di politica, governance ed etica presso la Henley Business School della Reading University, è cauta riguardo al futuro dei chip embedded più avanzati. "C'è un lato oscuro nella tecnologia che contiene un potenziale di abuso", dice. “A coloro che vogliono limitare la libertà individuale, apre nuove prospettive per il controllo, la manipolazione e l'oppressione”, dice. "E chi possiede i dati? Chi ha accesso ai dati? È etico chippare le persone come facciamo con gli animali domestici?".

Steven Northam, docente senior in innovazione e imprenditorialità presso l'Università di Winchester, pensa invece che le preoccupazioni siano ingiustificate. È il fondatore dell'azienda britannica BioTeq, che produce chip impiantati contactless dal 2017. I suoi impianti sono rivolti a persone con disabilità che possono utilizzare i chip per aprire automaticamente le porte.

"Abbiamo richieste quotidiane", dice, “e abbiamo effettuato oltre 500 impianti nel Regno Unito, c'è stato uno stopo a causa del Covid”. Lui ne è convinto: non ci sono rischi.