I trent'anni della guerra nei Balcani

I personaggi: lo psichiatra, il macellaio, il signore della guerra. Gli stupri e la pulizia etnica

“Senza la nostra volontà nessuna indipendenza, altrimenti sarà il Libano, sarà il Nagorno Karabakh. Sarà il caos, bruceranno i Balcani e forse anche l’Europa”

I personaggi: lo psichiatra, il macellaio, il signore della guerra. Gli stupri e la pulizia etnica
(Ap, GettyImages, Ansa)
Radovan Karadzic, Ratko Mladic, Zeljko Raznatovic

Su Sarajevo dalle colline circostanti piovevano granate, centinaia, una media di 300 al giorno. L’approvvigionamento era l’immenso arsenale accantonato in quasi 50 anni dalla Jugoslavia di Tito.    

A dirigere e dettare il ritmo dell’assedio, dell'artiglieria pesante e di ogni altra atrocità di quegli anni erano Radovan Karadzic, lo psichiatra diventato il leader politico dei serbo-bosniaci, e il comandante militare, il generale Ratko Mladic aiutati da Zeliko Raznatovic, il comandante Arkan “il signore della guerra” ucciso in un attentato a Belgrado nel 2000 mentre era ricercato dal Tribunale dell’Aja per crimini contro l’umanità.

 

Il loro quartier generale fu stabilito a Pale, un paesino di montagna a pochi chilometri a est di Sarajevo. E in poche settimane non ci fu più un posto sicuro in nessun angolo della città, notte e giorno piovevano bombe e granate, tagliati gas, acqua e luce poiché i "rubinetti" erano in territorio sotto controllo serbo. 

Ecco alcune delle dichiarazioni di Karadzic: 

“L’Irlanda del Nord è un luogo di villeggiatura a confronto della Bosnia indipendente”. 

“Faremo come quando fu divisa l’India dal Pakistan”. 

“Io sono ostaggio del popolo serbo, non posso far altro che assecondarne la volontà. Noi della direzione saremmo più moderati, ma...». 

Ha guidato con Mladic il massacro di Srebrenica (luglio 1995), dove in pochi giorni vennero trucidati oltre 8.000 tra uomini e bambini bosniaci e musulmani. Ricercato per dodici anni dal Tribunale penale internazionale per i crimini nella ex Iugoslavia, nel 2008 è stato arrestato a Belgrado mentre viaggiava a bordo di un autobus. Durante la lunga latitanza, sotto falsa identità e con un aspetto fisico notevolmente diverso, ha svolto la professione di medico, partecipando a numerose conferenze in qualità di oratore. 

È stato condannato, in appello, all'ergastolo dal Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia dell'Aja sulla base di una serie di accuse relative alla guerra degli anni '90 tra cui il genocidio di Srebrenica. Sconta la sua pena in Gran Bretagna.

 

 

Radovan Karadzic, leader dei serbi in Bosnia Milos KECMAN/AFP via Getty Images
Radovan Karadzic, leader dei serbi in Bosnia

Ratko Mladic

Il generale, il “macellaio” della Bosnia, è stato condannato anche lui in appello all’ergastolo. Una sentenza emessa dalla giuria, composta da cinque giudici e guidata da Prisca Matimba Nyambe, dell’International Residual Mechanism for Criminal Tribunals, che dal 2018 ha sostituito il posto del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia (ICTY). L’accusa principale mossa a Mladic è di aver ordinato il genocidio di Srebrenica nel 1995,

Ma la lista dei crimini è lunga. Mladic è stato al comando dello Stato maggiore dell’esercito della Repubblica serba di Bosnia (Republika Srpska) dal 1992 al 1996. Sulle spalle dell’ex militare gravano le violenze commesse durante i 43 mesi dell’assedio di Sarajevo, la persecuzione di croati e musulmani, gli stermini, gli omicidi, le deportazioni, i trasferimenti forzati, gli attacchi violenti contro i civili e il rapimento di ostaggi.

La sua latitanza dura 16 anni. Il 26 maggio del 2011 venne fermato nel piccolo centro di Lazarevo, a nord di Belgrado, nascosto a casa di un suo cugino e pochi giorni dopo fu estradato all’Aja.

Una rilevante fetta di popolazione, soprattutto nella Repubblica Srpska lo osanna, reputandolo un eroe. A Banja Luka, capoluogo dell’entità serba, nel 2021, dopo la sentenza di appello, è stato esposto uno striscione: «Non riconosciamo le sentenze del Tribunale dell’Aja, tu sei l’orgoglio della Repubblica Srpska”

Il comandante delle forze serbe in Bosnia Il generale Ratko Mladic all'aeroporto di Sarajevo per negoziare il ritiro delle sue truppe dal monte Igman, 10 agosto 1993 GABRIEL BOUYS/AFP via Getty Images
Il comandante delle forze serbe in Bosnia Il generale Ratko Mladic all'aeroporto di Sarajevo per negoziare il ritiro delle sue truppe dal monte Igman, 10 agosto 1993

 Zelinko Raznatovic, detto Arkan

I vertici jugoslavi pensano a Zelinko Raznatovic, detto Arkan, per organizzare le milizie volontarie (circa 3.000 uomini) che lui recluta attingendo tra i tifosi dello stadio Marakana, lo stadio del club Stella Rossa di Belgrado, e tra i reclusi delle carceri belgradesi.

Arkan gestisce il Centro per la Formazione Militare del Ministero per gli Affari Interni serbo e forma la “Guardia Volontaria Serba” che poi prenderà il nome di “Tigri di Arkan che a partire dall'autunno 1991 ha operato come unità paramilitare lungo la frontiera serbo-croata. Il nome Tigri  pare sia dovuto a un piccolo tigrotto, che Arkan sosteneva aver rubato dallo zoo di Zagabria. L'unità paramilitare di Arkan operava allora nel quadro della 6 brigata del corpo d’armata (JNA). 

Il 4 aprile del 1992  l’unità  “Tigre” uccise 17 persone a Bijelijna lanciando dapprima una bomba nel Caffè Istanbul e poi un'altra nel negozio del macellaio del paese. Nei giorni seguenti le “Tigri di Arkan" (furono responsabili di 400 omicidi. Immediatamente dopo il bagno di sangue, l'allora presidentessa della zona controllata dalla Serbia, Biljana Plavsicsi, si recò a Bijeljina per baciare Arkan davanti alle telecamere.

La fortuna di Arkan viene principalmente dalla guerra: gli innumerevoli saccheggi, il contrabbando di armi, benzina, sigarette e il traffico delle macchine rubate. In particolar modo, Arkan si è arricchito grazie al saccheggio sistematico delle case di amici e parenti di lavoratori emigrati ed ex-emigrati.

Le "Tigri" rimasero in attività fino all'ultimo giorno di guerra in Bosnia distinguendosi per efferatezza e per la pulizia etnica a Banja Luka, Sanski Most e Prijedor.  

Arkan è stato ucciso il 15 gennaio 2000 all’Intercontinental Hotel di Belgrado dove era seduto e chiacchierava con due suoi amici.

 

Zeljko Raznatovic, conosciuto con il nome "Arkan" (Ansa/archivio)
Zeljko Raznatovic, conosciuto con il nome "Arkan"