Salute

Il mistero delle epatiti acute che colpiscono i bambini nel Regno Unito

Sono stati rilevati diversi casi di epatite di origine sconosciuta. L’Oms ha avviato un’indagine per capire cause e motivazioni. Casi anche in Spagna, Olanda e Danimarca

Il mistero delle epatiti acute che colpiscono i bambini nel Regno Unito
(Pixabay)
ospedale, provette

Almeno settanta casi di malattia, dall’origine al momento ignota. Una «misteriosa» forma di infiammazione acuta del fegato sta colpendo i bambini - con meno di 10 anni - nel Regno Unito. Quello che si sa - a seguito delle indagini di laboratorio condotte per valutare la presenza degli anticorpi - è che in tutti i casi non sono state riscontrati né il «passaggio» di uno dei virus dell’epatite conosciuti e catalogati con le lettere (A-E) né i rispettivi anticorpi. I pazienti, con ogni probabilità, sono più di quelli censiti. L’ultima rilevazione ufficiale è ferma infatti all’8 aprile. Da qui l’invito diffuso dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità  agli Stati membri: occorre potenziare l’attività di ricerca, per fare luce su quanto sta accadendo al di là della Manica. 

Epatite: di cosa si tratta? 

L’epatite è una malattia infiammatoria del fegato, che può essere provocata da agenti infettivi, dall’abuso di farmaci e bevande alcoliche e dall’obesità (attraverso la comparsa del fegato «grasso»). A seconda del virus che infetta le cellule epatiche si distinguono cinque diverse forme. L'epatite A è una forma virale causata dal virus HAV. Si trasmette per via oro-fecale attraverso l’ingestione di cibi e bevande contaminate da acque sporche. I più colpiti generalmente sono gli adulti, almeno negli Stati industrializzati. L'epatite B è una forma virale causata dal virus HBV, che si trasmette tramite sangue infetto o tramite rapporti sessuali non protetti. La malattia è di difficile individuazione, poiché i malati possono anche non presentare sintomi ed essere considerati portatori sani. Per questo virus esiste però un vaccino, somministrato a tutti i bambini a partire dal 1991. La condivisione di aghi o siringhe è a tutt’oggi il maggior fattore di rischio di contrarre l’epatite C. Altri fattori includono procedure ospedaliere e ambulatoriali, i tatuaggi e il body piercing eseguiti in ambienti non igienicamente protetti o con strumenti non sterilizzati. La cronicizzazione dell’infiammazione - che accade in più del 70 per cento dei pazienti - si manifesta con transaminasi elevate o fluttuanti e con l’insorgenza della fibrosi. In questo caso, in assenza di un vaccino, oggi esistono però antivirali in grado di eradicare completamente in virus in poche settimane di trattamento. L’epatite Delta è invece l’infiammazione del fegato provocata dalla contemporanea presenza di due virus: l’HBV e l’HDV. Quest’ultimo può infatti contagiare una persona e provocare la malattia soltanto se compresente con l’agente che provoca l’epatite B. Infine, l’epatite E. Si tratta di una infezione a trasmissione alimentare, come la A. In Europa la principale fonte di trasmissione dell’HEV in Europa è il cibo. Rispetto alle altre forme di epatite, il virus dell’epatite E è l’unico che può essere trasmesso dagli animali: suini in primis, ma anche polli e tacchini. Da qui la definizione di zoonosi, ovvero malattia trasmissibile dagli animali all’uomo: a tavola, ma soprattutto per contatto diretto (per gli allevatori). Ci sono infine anche altri microrganismi in grado di provocare l’epatite in un numero però ristretto di casi: è il caso del virus di Epstein-Barr, del citomegalovirus e dei flavivirus (responsabili della febbre gialla).

I sintomi a cui prestare attenzione

Le prime dieci segnalazioni di casi di epatite acuta grave dall’origine sconosciuta sono avvenute in Scozia e sono state registrate lo scorso 5 aprile. A esserne interessati bambini in precedenza sani, che tra gennaio e marzo scorso hanno riportato sintomi quali l’ittero, la diarrea, il vomito e il dolore addominale. Oltre a un repentino aumento delle transaminasi (oltre 500), enzimi del fegato coinvolti nel metabolismo delle proteine. Tutte condizioni che hanno reso necessario il loro ricovero in reparti specializzati di epatologia pediatrica. In sei casi le condizioni dei piccoli pazienti erano talmente gravi da aver richiesto il trapianto di fegato. Al momento, non si segnalano decessi. Le uniche certezze riguardano l’assenza di contatto tra questi bambini e i virus dell’epatite conosciuti. Nello specifico, l’A e l’E: responsabili delle forme di infiammazione acuta del fegato. In diversi casi sono state riscontrate invece le positività al Sars-CoV-2 e all’adenovirus. Nel Regno Unito, nelle scorse settimane, è stato riscontrato un aumento della «co-circolazione» dei due agenti virali. Ma al momento è ignota la loro capacità di provocare danni a livello epatico. Oltre ai sintomi sopra citati, l’Agenzia per la Sicurezza Sanitaria del Regno Unito raccomanda ai pediatri e più in generale a tutti i camici bianchi di fare attenzione anche alla comparsa di urine scure e feci chiare, al prurito diffuso, ai dolori muscolari e articolari, alla febbre e alla perdita di appetito.

Casi anche in Spagna, Olanda e Danimarca 

Avendo escluso anche un possibile collegamento tra i casi di epatite e l’aver effettuato viaggi internazionali, «al momento l'eziologia degli attuali casi di epatite è ancora sconosciuta e rimane oggetto di indagine», fa sapere l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Sono infatti in corso test di laboratorio per valutare la presenza di ulteriori infezioni o il contatto con sostanze chimiche e tossine. Elementi che potrebbero tornare utili all’indagine epidemiologica in corso nei Paesi del Regno Unito come in Spagna, Olanda e Danimarca, dove sono stati registrati altri casi di epatite acuta, in bambini di età compresa tra 2 e 13 anni.

Twitter @fabioditodaro