Il report dell'Organizzazione Mondiale della Sanità

Allattamento al seno: le mamme troppo spesso bersaglio dell'industria del latte artificiale

Le iniziative di marketing, da qualche anno a questa parte, si sono spostate sulla Rete. Nel dossier sono stati raccolti oltre quattro milioni di post pubblicati dalle aziende tra gennaio e giugno 2021 - in 11 lingue e 17 Paesi diversi

Allattamento al seno: le mamme troppo spesso bersaglio dell'industria del latte artificiale
Ansa

Prima erano le locandine e le brochure negli studi medici, oltre qualche campione distribuito nel puerperio degli ospedali. Oggi è la volta dei social network e degli influencer. Le modalità di comunicazione cambiano. E le aziende si adeguano: comprese quelle che commercializzano i sostituti del latte materno. Le pubblicità che promuovono il consumo dell’alimento artificiale oggi viaggiano soprattutto attraverso la rete: sotto forma di contenuti personalizzati, che puntano alle donne incinte e alle giovani mamme. Spesso ignare del fatto che dietro un’applicazione, un post sponsorizzato, un forum o un servizio di consulenza si celi un’azienda che punta a vendere un prodotto per sostituire quello che, secondo la comunità scientifica, dovrebbe essere l’unico alimento da fornire a un neonato nei primi sei mesi di vita. Una scelta in grado di favorire la corretta crescita e - come ormai documentato da diversi studi scientifici - di determinare benefici anche per la salute materna.

Latte artificiale: la pubblicità oggi corre in Rete

A lanciare l’allarme è un report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha valutato come siano cambiate le tecniche di persuasione adottate dall’industria del latte artificiale. Le iniziative di marketing, da qualche anno a questa parte, si sono spostate sulla Rete. Nel dossier sono stati raccolti oltre quattro milioni di post pubblicati dalle aziende tra gennaio e giugno 2021 - in 11 lingue e 17 Paesi diversi - aventi come oggetto l’alimentazione nei primi mesi di vita. Più di 229 milioni gli utenti raggiunti: il triplo di quelli agganciati dai contenuti informativi sull’allattamento al seno postati da realtà sanitarie o non profit. Un’azione pervasiva che per Francesco Branca, direttore del dipartimento nutrizione e sicurezza alimentare dell’Oms, «deve essere fermata quanto prima». Secondo gli esperti, il marketing da parte delle aziende produttrici di latte artificiale è una delle cause dei tassi non ancora soddisfacenti di allattamento al seno. 

Oltre 1 genitore su 2 bersaglio della pubblicità

La strategia più comune prevede la presentazione delle difficoltà nel nutrire il proprio bambino, superabili attraverso il ricorso ai sostituti del latte materno. Un approccio subdolo, che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità vìola il Codice internazionale per la commercializzazione dei sostituti del latte materno, adottato nel 1981. E difficile da controllare per le autorità nazionali, nel momento in cui il messaggio viaggia sulla Rete. Lo scenario emerso dallo studio conferma le preoccupazioni di un’altra indagine condotta pochi mesi fa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in collaborazione con l’Unicef, da cui era emerso come oltre 1 genitore su 2 verrebbe preso di mira dal marketing di queste aziende nel periodo perinatale. Un dato che arriva a sfiorare quasi la totalità in Paesi quali il Regno Unito (84 per cento), il Vietnam (92 per cento) e la Cina (97 per cento). Con conseguenze inevitabili: la priorità data al consumo di latte artificiale e non di quello materno.

Le regole ci sono, ma risultano difficili da rispettare

Eppure le limitazioni imposte dalla legge ci sono. Detto del Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno, che vieta la prescrizione di latte artificiale alla dimissione dopo il parto, in Italia è in vigore dal 2000 una circolare  voluta dall’allora ministro della Sanità Umberto Veronesi. In cui si dice che «al momento della dimissione, non devono essere forniti in omaggio prodotti o materiale in grado di interferire in qualunque modo con l’allattamento al seno. Le stesse lettere di dimissioni per i neonati non devono prevedere uno spazio predefinito per la prescrizione del sostituto del latte materno equiparandolo a una prescrizione obbligatoria». Infine, dal 2009, prescrivere latte artificiale alla dimissione del neonato e della mamma è divenuto un reato. Recita il comma 2 dell’articolo 12, decreto 82 : «È vietata per i produttori e i distributori di alimenti per lattanti ogni forma di offerta di campioni gratuiti o a basso prezzo e di altri omaggi di alimenti per lattanti al pubblico, alle donne incinte, alle madri e ai membri delle famiglie, né direttamente, né indirettamente attraverso il sistema sanitario nazionale o attraverso gli informatori sanitari». Le regole, dunque, esistono. Ma nel tempo le maglie dei controlli si sono allentate e hanno favorito la diffusione di prodotti che, volutamente accostati nelle caratteristiche al latte materno, minano qualsiasi iniziativa che punti ad accrescere i tassi di adesione all’allattamento al seno.

I benefici dell’allattamento al seno

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l’allattamento esclusivo al seno fino ai sei mesi di vita. I benefici della pratica sono stati evidenziati nel tempo, attraverso gli studi epidemiologici. Per i bambini: ridotta suscettibilità e mortalità alle infezioni (intestinali e del tratto respiratorio), ridotti tassi di malocclusione dentale, quoziente intellettivo più alto, minori chance di essere in sovrappeso o obesi da adulti. Per le donne invece ci sono prove che l’aver allattato un figlio al seno per un tempo sufficiente riduca il rischio di ammalarsi di tumore al seno, alle ovaie, diabete di tipo 2 e osteoporosi. Eppure, a livello globale, soltanto il 44 per cento dei bambini viene allattato esclusivamente al seno per sei mesi. E mentre questo dato rimaneva costante, negli ultimi due decenni le vendite di latte artificiale sono più che raddoppiate. 

Quando occorre un'alternativa?

Se non si può o non si vuole allattare, c’è da tenere conto delle banche del latte umano donato. Con i suoi 28 centri su 128, l’Italia è tra i primi Paesi europei per numero: sorpassata solo da Francia e Svezia. La qualità è garantita da rigorosi controlli e dalla pastorizzazione. L’impossibilità di allattare un neonato al seno riguarda in realtà pochissimi casi, come ricorda il ministero della Salute . Quanto alla famosa aggiunta, può essere indicata se una mamma non ha una sufficiente quantità di latte e il neonato presenta un notevole calo ponderale sarà opportuno dare un’aggiunta di un latte formulato. Ma si tratta di una minoranza di casi.