In copertina su Science

Clima e plancton, storia riscritta grazie ai fossili

Secondo uno studio internazionale, i microorganismi marini hanno resistito meglio di quanto si credesse ai periodi di riscaldamento globale. Fra gli autori anche Silvia Danise dell’Università di Firenze

Clima e plancton, storia riscritta grazie ai fossili
Università di Firenze
Un coccolitoforide moderno, a sinistra, e il fossile di uno del Giurassico

I microorganismi che vivono negli oceani, o almeno una parte di essi, potrebbero essere più resistenti ai cambiamenti climatici di quanto si pensasse. A rivelarlo è la ricerca che questa settimana è in copertina sulla prestigiosa rivista Science: uno studio sui fossili di plancton coordinato dal Museo Svedese di Storia Naturale e a cui ha preso parte anche la docente dell’Università di Firenze Silvia Danise.

I paleontologi si sono concentrati su microscopiche creature chiamate coccolitoforidi. “Sono organismi unicellulari 15 volte più piccoli dello spessore di un capello - dice Silvia Danise, associato di Paleontologia e paleoecologia dell’Ateneo fiorentino - Svolgono un ruolo essenziale negli ecosistemi marini: forniscono la gran parte dell’ossigeno che respiriamo, sono alla base delle catene alimentari marine e contribuiscono a immagazzinare il carbonio nei sedimenti del fondo oceanico”.

Secondo ricerche condotte in precedenza, il loro numero si era ridotto moltissimo nei periodi del passato in cui la temperatura globale è stata più alta, suggerendo che i cambiamenti climatici e la conseguente acidificazione degli oceani avessero condizionato il loro sviluppo. Una brutta notizia, considerando che attualmente il pianeta sta attraversando una fase di intenso riscaldamento prodotto dalle attività umane.

Usando potenti microscopi a scansione su campioni di rocce provenienti dal Regno Unito, Germania, Giappone e Nuova Zelanda è stato invece provato che la presenza di questi organismi è stata consistente anche durante tre epoche calde nel Giurassico e nel Cretaceo. La chiave è stata usare una nuova tecnica: invece di cercare i loro fossili, effettivamente poco numerosi in alcune epoche, ci si è concentrati sulle tracce che hanno lasciato. “Abbiamo scoperto che la loro presenza è testimoniata dalle impronte che hanno lasciato sulla superficie di polline e altre sostanze organiche fossilizzate nei fondali marini – spiega Silvia Danise - Tali impronte, simili a quelle che lasciamo quando camminiamo sul bagnasciuga, testimoniano che anche durante intervalli di riscaldamento globale del passato, i coccolitoforidi proliferavano negli oceani”.

Storia riscritta, insomma, e forse anche una scoperta positiva pensando ai prossimi decenni, in cui le temperature globali sono destinate a crescere per colpa dell'uomo.