Rilanciare la politica tolleranza zero per il Covid a Shanghai, citando lo slogan maoista “la perseveranza è vittoria” per galvanizzare le masse, non prendere una posizione netta sulla guerra della Russia in Ucraina, puntando alla stabilità, come ricordato nella telefonata con il neo cancelliere tedesco Olaf Sholtz di un paio di giorni fa, in cui il presidente cinese ha invitato l’Europa a “evitare l’espansione del conflitto”, ricorrere al pugno duro su Hong Kong. Sono alcune delle mosse che Xi Jinping sta portando avanti alle soglie del XX congresso d’autunno del PCC, un appuntamento cruciale per il leader cinese che in quell’occasione dovrebbe essere ufficialmente riconfermato per il suo terzo mandato.
Ora ad essere colpita è di nuovo Hong Kong, con l’arresto di un personaggio d’eccezione, il cardinale Joseph Zen, 90 anni, da anni contestatore sulla spinosa questione dei rapporti tra Cina e Vaticano in quanto fedele alla chiesa di Roma, e attivista pro democrazia. Dopo l’elezione del nuovo patriottico governatore di Hong Kong, John Lee Ka-kiu, ex capo della sicurezza che ha sedato le proteste democratiche nel 2019, la stretta sull’ex colonia britannica si esprime con questi arresti eccellenti: oltre al cardinale Zen, accusato dal governo di Pechino di essere colluso con le forze straniere, sono stati fermati l’ex parlamentare di opposizione Margaret Ng, la cantante Denis Ho e il professor Hui Po-Keung, che doveva venire a insegnare in Italia. Tutti e quattro erano tra l’altro attivisti del fondo “612 Humanitarian Relief”, un’organizzazione che sostiene economicamente attivisti e detenuti politici, i più conosciuti il giovane Joshua Wong, il volto più noto delle passate proteste e l’editore Jimmy Lai
In passato Joseph Zen ha contestato anche la linea del Vaticano e il discusso accordo sulla nomina dei vescovi del 2018 rinnovato poi fino al 2020: un accordo che allentava la morsa di Pechino sulla nomina dei vescovi, il punto cruciale del dissenso tra Cina e Vaticano. “Il Vaticano sta svendendo la chiesa cattolica in Cina” aveva detto Zen in un’intervista del 2018. In Cina i cattolici ufficiali sono circa 6 milioni, quelli censiti dalla Chiesa Patriottica, riconosciuta da Pechino ossia quella controllata dal Partito: altrettanti forse 15/20 milioni della chiesa clandestina, fedele al papa e alla chiesa di Roma. Numeri che tuttavia non possono essere verificati con esattezza vista la difficoltà a reperire notizie e dati dalla Cina. Molti gli arresti che si sono susseguiti negli anni tra i seguaci delal chiesa clandestina che sfugge al controllo del governo cinese, ma con l’accordo del 2018, la Repubblica Popolare ha allentato la sorveglianza sulla nomina dei vescovi, e ha fatto una serie di concessioni, permettendo di fatto che i vescovi cinesi siano scelti prevalentemente dal Papa. Una questione che resta comunque ancora molto spinosa, anche su un versante più laico: la Cina non tollera ingerenze negli affari interni dello Stato da parte di paesi stranieri e il Vaticano è appunto, uno stato straniero. E su tutto incide costantemente in Cina, il mondo del business: ora che Shanghai, l’altra grande città della finanza cinese è bloccata dal covid, ora che l’economia cinese sta subendo delle pericolose battute d’arresto che ne minacciano la crescita, Pechino non può rischiare che le proteste scoppino nuovamente a Hong Kong, l’altro grande hub finanziario, che sebbene sia stato molto limitato nelle sue libertà dalle recenti imposizioni governative, è pur sempre un luogo che drena capitali anche dall’estero e che li rilancia fuori dai confini cinesi. Le attività finanziarie non possono fermarsi nell’ex colonia britannica, e le tensioni a Hong Kong potrebbero rivelarsi pericolose su più fronti: a 445 miglia sorge Taiwan, l’isola che Pechino considera una provincia ribelle: sorge in quelle acque “agitate” del Mar Cinese Orientale e Meridionale, in cui le portaerei americane stanno intensificando i loro movimenti, mentre la Cina si adopera per potenziare il suo arsenale bellico, anche nucleare, nella stessa area, sebbene, nonostante le ipotesi geopolitiche di chi voglia avvicinare l’invasione russa dell’Ucraina a una possibile, ipotetica invasione di Taiwan da parte di Pechino, il governo cinese punti comunque alla stabilità, quella pax commerciale necessaria affinchè la corsa di Xi Jinping e del sogno cinese non si arresti
