Medioriente

Attesa per l'esito del voto in Libano: rischio paralisi in Parlamento, tra default e crisi sociale

Chiusi i seggi per il rinnovo dell'Assemblea. Ancora in attesa di risultati ufficiali, si profila una lieve crescita del partito delle Forze Libanesi di Samir Geagea, uno dei leader dei "Falangisti", e un lieve calo del partito del presidente Aoun

Attesa per l'esito del voto in Libano: rischio paralisi in Parlamento, tra default e crisi sociale
(GettyImages)
Beirut, al lavoro per il conteggio dei voti delle elezioni parlamentari

Si stanno ancora scrutinando le schede dopo la giornata elettorale di ieri in Libano: il voto per il rinnovo del Parlamento ha richiamato gli elettori alle urne per la prima volta dopo le proteste dell'autunno 2019, finalizzate a denunciare il peggioramento delle condizioni di vita e contro un'immobile classe politica al potere da trent'anni, incapace di assicurare alla popolazione - questa l'accusa principale - benessere economico e sociale. Lo scontento riguarda anche la devastante esplosione dell'agosto di due anni fa al porto di Beirut. Per gli osservatori internazionali, quindi, si tratta di elezioni cruciali per il futuro del Paese dopo mesi di crisi politica. A chiedere un vero cambiamento sono soprattutto i giovani.

I seggi si sono chiusi ieri alle 19, ora di Beirut (le 18 in Italia). Dai primi risultati, che cominciano molto lentamente ad arrivare, emerge che il partito cristiano maronita delle Forze Libanesi (anti-Hezbollah) avrebbe ottenuto circa 20 seggi della futura Assemblea, aumentando la propria rappresentanza. Il leader del partito è Samir Geagea, che combattè durante la Guerra civile (1975-1990) nella fazione delle Falangi libanesi, alleate di Israele e contro i partiti sciiti Amal ed Hezbollah. Il partito cristiano maronita sembra al momento il grande vincitore di queste elezioni e potrebbe diventare il primo partito cristiano.

Contemporaneamente, dalle fonti locali ufficiali, trapela un lieve calo del Movimento patriottico libero, il partito fondato dall'attuale capo dello Stato, il generale Michel Aoun, che passerebbe dai 18 seggi ottenuti nel 2018 agli attuali 15-16. In sostanza, il prossimo Parlamento di Beirut potrebbe tornare a essere fortemente polarizzato, con due blocchi contrapposti, come accadde nel 2009. Bisognerà vedere se i partiti schierati con Hezbollah riusciranno a mantenere la maggioranza dei seggi.

Il voto, con la scelta tra oltre 700 candidati per i 128 seggi del Parlamento, si è tenuto mentre il Libano fa i conti con la peggior crisi economica di sempre della sua storia. La lira libanese ha perso il 90% del proprio valore. Secondo le Nazioni Unite, almeno il 74% della popolazione vive in condizioni di povertà. Il premier Najib Miqati ha votato nella “sua” Tripoli. Ha votato anche il presidente Michel Aoun, il quale ha dichiarato: "I cittadini non possono essere imparziali nell'importante questione della scelta del sistema politico, è un dovere".

Secondo i dati del ministero dell'Interno, 103 le liste iscritte, con un totale di 718 candidati, il 23% in più rispetto alle ultime consultazioni del 2018. Quasi l'85% dei candidati erano uomini e in oltre un terzo delle liste non erano presenti donne. Nel sud del Paese sono tradizionalmente più forti i partiti sciiti ma, per la prima volta dal 1992, il tandem Hezbollah-Amal non ottiene la totalità dei seggi in una circoscrizione del Sud. Hezbollah e i suoi alleati sono in bilico anche in altre circoscrizioni e si può dire che rischiano di perdere la maggioranza.

L'affluenza è pari al 41%, ma il ministero dell'Interno, che l'ha resa nota, non ha precisato se comprende anche il voto dei libanesi all'estero, che sono tanti. Il dato potrebbe quindi essere superiore a questa percentuale.

La preparazione delle operazioni di spoglio (GettyImages)
La preparazione delle operazioni di spoglio