I bambini e le bambine di Chernobyl che non possono più venire in Italia

Storie di infanzia perduta, tra missili e carri armati dopo l’invasione della Russia in Ucraina

I bambini e le bambine di Chernobyl che non possono più venire in Italia
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Ucraina, bambini in fuga da Leopoli

“Vivevano la vita della famiglia. Un’esperienza per loro  sconosciuta, come avere i nonni, gli zii. L’associazione organizzava la scuola di nuoto, di calcio, anche corsi sub. Perché non avevano mai visto il mare.”

A parlare a Rainews è Raffaella Candoli, presidente dell’associazione di volontariato Piccolo Mondo onlus, di Cesena. Dal 1996 accoglie a Natale e per 3 mesi estivi i bambini di Chernobyl. Per il terzo anno consecutivo questi bambini non vivranno questo breve, ma intenso spazio di “di normalità”. A bloccare questi  soggiorni “terapeutici” sono stati il Covid e ora la guerra. È stata però la guerra a ricordarci che il 26 aprile del 1986 un guasto al reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl, nel nord dell'Ucraina, provocò quello che resta ancora oggi il più grave incidente della storia dell'energia atomica civile. È stata la guerra a farci ricordare che a Chernobyl  vivono ancora famiglie e bambini contaminati. Fatti, storie, sommerse in fondo alla memoria di tutti. 

 

 

Raffaella Candoli presidente dell’associazione di volontariato Piccolo Mondo onlus, di Cesena Raffaella Candoli
Raffaella Candoli presidente dell’associazione di volontariato Piccolo Mondo onlus, di Cesena

“Questi soggiorni sono “terapeutici”- spiega Raffaella Candoli- servono ad abbattere tutti quei metalli pesanti che si accumulano nel sangue e provocano delle malattie. I soggiorni, danno risultati anche solo dopo un mese e sono certificati”. Non possono, purtroppo, venire bimbi che hanno delle patologie gravi, malformazioni, perché non possono volare in aereo e tutto questo, insieme alla guerra, non permette loro “di vivere una vita normale nelle famiglie”.

Chernobyl Sean Gallup - Getty Images
Chernobyl
Disastro di Chernobyl Getty
Disastro di Chernobyl

Non ci sono solo i bambini Chernobyl,  ma anche i bambini degli “Internat” cioè orfanotrofi, sparsi in molti paesi dell'Est Europa. “C’è il problema dell’alcolismo – spiega Raffaella Candoli- che spesso porta a situazioni di violenza o disagio. Allora interviene lo stato con i servizi sociali e i ragazzi vengono portati negli “Internat” dove si trovano neonati o ragazzi di 17, 18 anni”.

Disastro di Chernobyl Getty
Disastro di Chernobyl

Raffaella Candoli spiega che l’accoglienza di tutti questi bambini è accompagnata da una lunga procedura che va dai permessi ai di nulla osta rilasciati dal Comitato Tutela Minori della Presidenza del Consiglio dei Ministri  e seguite dalle istituzioni omologhe in Bielorussia e in Ucraina. Le famiglie, inoltre, devono avere le garanzie rilasciate dalle questure.

Con stupore e commozione ci racconta come questi bimbi chiedono cosa sia un telecomando. Gli occhi spalancati, increduli davanti ad un frigorifero pieno. Sbalorditi quando gli si dice che hanno una camera tutta per loro con i giocattoli. “C’è stata la moda delle scarpe da ginnastica che si illuminavano- racconta Raffaella Candoli- alcuni non se le sono tolte, ci dormivano. Invitare a casa degli amici era una gioia. La sorpresa per il loro compleanno di avere una torta. Per tutti questi bambini queste cose, che per noi sono “routine”,  sono per loro come volare sull’isola che non c’è, con Peter Pan. I bambini che stanno negli  “Internat” crescono in batteria. Lì non ci sono punti di riferimento ufficiali: c’è il direttore, la maestra e le educatrici. Qui, invece, avere un rapporto padre-bambino, mamma-bambini, fratello-bambini è esaltante. È uno scampolo di infanzia”. 

Disastro di Chernobyl Getty
Disastro di Chernobyl
I bimbi di Chernobyl Getty
I bimbi di Chernobyl
Bambine che giocano PxHere.com
Bambine che giocano

Poi ci sono i bambini che fuggono dalla guerra: “La maggior parte dei bambini viene affidata alle nonne che vivono qui in Italia. Alcune donne, li portano in zone dell’Ucraina dove si combatte meno”. Anastasia Shevchenko 27 anni, vive in Italia da 10 anni da quando la Russia occupò la Crimea

 

 

 

 

 

 

 Anastasiia Shevchenko Anastasiia Shevchenko
Anastasiia Shevchenko

“ Chi arriva da solo - racconta Anastasia- cerca amici o parenti su Facebook. Ci sono molti gruppi di ucraini, però è anche pericoloso. Le notizie più brutte arrivano proprio dall’Ucraina.  Quando le città vengono occupate non si sa nulla, solo quando vengono liberate arrivano delle storie difficili da comprendere. Molti sono orfani, alcuni sono maltrattati. È diventata normale lasciarli a persone, o a vicini di casa, in fuga sui pullman pieni. I genitori sanno già che non li vedranno più”. “Alcuni bimbi – conclude Anastasia - non riescono più a parlare per gli orrori che hanno visto”.

Bambini in fuga dalla guerra in Ucraina DANIEL MIHAILESCU/AFP via Getty Images)
Bambini in fuga dalla guerra in Ucraina
Ucraina, bambini GettyImages
Ucraina, bambini