Referendum 12 giugno

Primo quesito: le ragioni del SI' e quelle del NO

Abolizione del decreto Severino: "Vogliamo tornare alla legge precedente", dice il presidente di Radicali italiani a favore dell'abrogazione. "Migliorare la giustizia passa dal Parlamento" sostiene Raffaele Morelli

Primo quesito: le ragioni del SI' e quelle del NO
rainews
Igor Boni e Raffaello Morelli

Il prossimo 12 giugno si apriranno i seggi per i referendum popolari abrogativi, indetti dal Presidente della Repubblica il 6 aprile scorso.  Cinque quesiti a cui i cittadini sono chiamati a rispondere con un SI' o con un NO, per decidere se abrogare o meno alcuni articoli di legge in materia di giustizia.  Abbiamo chiesto, per ogni quesito, un commento sul possibile voto.

Quesito n.1 Abolizione del decreto legislativo Severino

Scheda di colore rosso: abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi.
 

Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n.235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n.190)?

Se vince il SI' le persone condannate per reati non colposi possano tornare a ricoprire o mantenere cariche politiche.

Se vince il NO resta in vigore la legge e viene confermata l’incandidabilità e la decadenza per i condannati per reati non colposi.

Fac-Simile della scheda elettorale: Quesito 1 dait.interno.gov.it
Fac-Simile della scheda elettorale: Quesito 1

Le ragioni del SI': Igor Boni, presidente di Radicali Italiani

"In questo Paese il garantismo funziona a targhe alterne. Quando si colpiscono i propri amici si è garantisti, quando sono avversari si invoca la durezza della giustizia. Per noi Radicali il garantismo è una colonna portante su cui si edifica il sistema giudiziario. In realtà è la nostra Costituzione, quella che tanta parte della politica definisce 'la più bella del mondo' ad essere garantista, nel senso che ciascun imputato viene considerato innocente in assenza di una condanna definitiva. Utilizzando le parole che facciamo nostre dell'Avvocato Gian Domenico Caiazza (Presidente dell'Unione delle Camere Penali) 'Le norme della legge Severino che incidono sul diritto di elettorato passivo già solo in presenza di una sentenza di condanna non definitiva ci appaiono insanabilmente in contrasto con il principio costituzionale di non colpevolezza, e merita dunque il nostro sostegno l'intento di abrogarle'. Questa legge è stata approvata, come spesso accaduto nel nostro Paese, per ragioni definibili demagogiche e sull'onda di spinte giustizialiste. Il nostro intendimento è quello di tornare alla legge precedente che prevedeva l'interdizione dei pubblici uffici come pena accessoria in seguito ad una decisione del giudice e non in via automatica come accade a legislazione vigente.

Le ragioni del NO: Raffaello Morelli, Comitato per il NO mediante il NON

“Inganna l’esperienza storica dei cittadini affermare che i mali della giustizia si risolvono con i referendum del 12 giugno. Sanare i mali  della giustizia non richiede l’accetta ma interventi complessi nell’equilibrio della  diversità dei cittadini.  I cinque referendum usano l’accetta. Compiono un errore nel merito di ogni quesito e  danno un messaggio istituzionale pericoloso negando che la giustizia sia frutto della democrazia rappresentativa di cittadini diversi. Migliorare e velocizzare la giustizia passa dal Parlamento, e i referendum distorti in chiave antiparlamentare minano la libertà nelle istituzioni. Questo è l’atteggiamento generale sul 12 giugno del Comitato il NO mediante il NON che trova piena conferma riguardo ciascuno dei cinque quesiti proposti. In ognuno di essi, le domande referendarie si trasformano di fatto da abrogative a propositive e produrrebbero errori sistematici. Sul primo, in particolare, l’incandidabilità dei condannati in via definitiva, viene elusa la valutazione delle fattispecie indispensabile per cancellare i privilegi nel rispetto del diritto”.

“Il Comitato Il NO Mediante il NON si è costituito per applicare senza ipocrisia quanto prevede la Costituzione (art.75) sui referendum abrogativi. Sono validi solo se partecipa al voto la maggioranza degli aventi diritto. E’ una questione profonda di politica civile: siccome fare le leggi spetta al Parlamento,  cancellarne una in tutto o in parte esige che abbia votato almeno la maggioranza dei cittadini. Tale quorum del 50%+1 implica perciò che le modalità a disposizione del cittadino per esprimersi non sono solo DUE , bensì TRE, il SI, il NO e il non votare nell’URNA.  In pratica, secondo il dettato costituzionale,  nel caso dell’art.75,  il non voto  è un scelta che esprime in termini netti il rifiuto di usare il referendum per abrogare le norme indicate nei quesiti. Ciò si applica al tema giustizia, un compito complesso che spetta al parlamento e non alla democrazia diretta. Attaccare la democrazia parlamentare riduce la libertà degli italiani, proprio perché non rispetta la Costituzione.   In conclusione , il Comitato Il NO Mediante il NON , proponendo il non andare a votare (o andandoci il non ritirare le scene referendarie), sostiene un comportamento del tutto diverso dall’astenersi. Esprime la volontà di aver  la certezza che i quesiti proposti vengano bocciati”.