Medio oriente

Usa e Forze democratiche siriane: "La Turchia mina la lotta a Isis"

Erdogan ha annunciato una nuova offensiva nel Nord della Siria: primo obiettivo le città occidentali di Manbij e Tal Rifaat

Usa e Forze democratiche siriane: "La Turchia mina la lotta a Isis"
EPA/AHMED MARDNLI/ANSA
Il funerale di dodici combattenti delle Sdf a Qamishli, nel Nord Est della Siria, a febbraio 2022. Tra le bandiere, quelle con l'immagine di Abdullah Öcalan, fondatore del Pkk detenuto da oltre vent'anni in Turchia

“Entriamo in una nuova fase del nostro piano per stabilire una safe zone di 30km lungo il nostro confine meridionale. Ripuliremo Tal Rifaat e Manbij dai terroristi, e passo dopo passo faremo lo stesso nelle altre regioni. Vediamo chi sosterrà questi obiettivi legittimi e chi li ostacolerà”. Con questo annuncio il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan ha dettagliato le intenzioni espresse lo scorso 23 maggio di avviare un'operazione militare nel nord della Siria, dove la Turchia controlla già una striscia di territorio dopo essere intervenuta quattro volte tra il 2016 e il 2019 per colpire le Unità di protezione del popolo (Ypg) e le Unità di protezione delle donne (Ypj), fazioni armate curde che Ankara ritiene essere strettamente connesse al Pkk, Partito dei lavoratori del Kurdistan attivo nella Turchia meridionale e nell'Iraq settentrionale, classificato anche dall'Unione europea come organizzazione terroristica. Tal Rifaat e Manbij si trovano entrambe nella regione nord-occidentale della Siria, poco distanti da Aleppo.

I ripetuti annunci di un'offensiva in Siria avvengono contemporaneamente alle obiezioni alla richiesta di adesione alla Nato di Finlandia e Svezia avanzate dalla stessa Ankara, che non perdona ai due paesi scandinavi il supporto ai curdi siriani.

Il segretario di Stato Usa Anthony Blinken ha affermato in una conferenza stampa che l'amministrazione Biden è contraria agli intenti di Erdogan: “Ci opporremmo a qualsiasi escalation nel nord della Siria, supportiamo il mantenimento dell'attuale linea di cessate il fuoco", fissata da un memorandum d'intesa firmato a Sochi in Russia il 22 ottobre 2019. “Siamo tutt'ora impegnati con i nostri partner - ha aggiunto Blinken - a contrastare l'Isis all'interno della Siria, e non vogliamo che qualcosa metta a rischio gli sforzi che sono stati fatti non fare uscire lo Stato islamico dalla scatola in cui l'abbiamo chiuso.” Le Ypg/Ypj sono infatti la componente principale delle Syrian democratic forces (Sdf), la coalizione multietnica che negli scorsi anni ha combattuto e sconfitto l'Isis con l'appoggio degli Stati Uniti.

Il comandante delle Sdf Mazloum Abdi ha scritto su Twitter: “Facciamo appello a tutti gli attori internazionali perché impediscano nuove tragedie e favoriscano la de-escalation. Siamo preoccupati dalle nuove minacce turche, che mettono in grande rischio la Siria del Nord. Un'offensiva dividerebbe i siriani, porterebbe a una nuova crisi umanitaria, costringerebbe a migrare gli abitanti della zona e le persone già sfollate. Una nuova escalation avrebbe anche un impatto negativo sulla nostra campagna contro l'Isis".  Lo  Stato Islamico in Siria non controlla più territorio, ma rimane attivo in clandestinità e ha ancora capacità di organizzare azioni insurrezionali: l'ultima è stata l'attacco al carcere di Al-Hasaka respinto lo scorso gennaio dalle stesse forze democratiche, che nell'area controllano diverse strutture detentive dove sono reclusi i miliziani dello stato islamico.

Attualmente le Sdf fanno riferimento all'Amministrazione autonoma della Siria del Nord-Est, che sulla base di una Carta del contratto sociale fortemente egualitaria controlla oltre un quarto del territorio siriano con grandi margini di autonomia dal governo di Damasco ma senza agitare rivendicazioni secessioniste.

Siria. In verde chiaro le aree controllate dalla Turchia e fazioni ribelli alleate, in giallo e arancione l'amministrazione autonoma della Siria del Nord Est (quelle arancioni sono aree controllate congiuntamente con le forze armate di Damasco), in rosso il territori sotto il controllo del governo di Bashar Assad Wikimedia Commons
Siria. In verde chiaro le aree controllate dalla Turchia e fazioni ribelli alleate, in giallo e arancione l'amministrazione autonoma della Siria del Nord Est (quelle arancioni sono aree controllate congiuntamente con le forze armate di Damasco), in rosso il territori sotto il controllo del governo di Bashar Assad