Afghanistan, leader dei Talebani: "Applicheremo integralmente la Sharia"

"Abbiamo protetto la lotta del Jihad contro decine di Paesi occupanti", ha detto il mullah Hebatulà Akhundzada che, la settimana scorsa ha emesso un decreto per vietare le critiche "infondate" alle autorità afghane

Afghanistan, leader dei Talebani: "Applicheremo integralmente la Sharia"
Afghan Islamic Press via AP, File
Il leader talebano, Mullah Haibatullah Akhundzada

“In Afghanistan occorre applicare ‘totalmente’ la sharia, tutte le persone responsabili devono essere uguali sotto la legge islamica”.

È quanto ha affermato il leader dei Talebani, il mullah Hebatulà Akhundzada, nel corso di un incontro con i governatori delle Province a Kandahar, nel sud del Paese.

Akhundzada ha sottolineato "l'importanza del sistema islamico e della sua protezione", rimarcando nel contempo che "il sistema islamico in Afghanistan è nato con la benedizione di molti sacrifici, esaurimento e martirio della popolazione. Abbiamo protetto la lotta del Jihad contro decine di Paesi occupanti".

Il mullah ha anche indicato che, "se l'occupazione fosse continuata 40 anni, la lotta sarebbe proseguita finché tutti gli invasori non fossero stati sconfitti e non avessero lasciato il Paese con la testa bassa". Ha anche lamentato il fatto che "negli ultimi vent'anni c'è stata molta propaganda contro il sistema islamico e la sharia", riferendosi al periodo tra la cacciata dei Talebani dal potere, nel 2001, e il loro ritorno a Kabul nell'agosto 2021.

 

"Se l'occupazione fosse continuata 40 anni, la lotta sarebbe continuata finché tutti gli invasori non fossero stati sconfitti e non avessero lasciato il Paese con la testa bassa"

mullah Hebatulà Akhundzada, leader dei Talebani

"Le leggi fatte dagli uomini - ha detto - non sono applicabili. Nell'emirato islamico, il comando spetta solo a Dio e la soluzione a tutti questi problemi è nella sharia. La sovranità dell'Emirato islamico è agli ordini di Dio e non si decide attraverso petizioni della gente secondo i vari stati d'animo, né si tratta di una repubblica".

La settimana scorsa lo stesso Akhundzada ha emesso un decreto per vietare le critiche "infondate" alle autorità afghane, sostenendo che numerosi 'hadith', i precetti islamici, sottolineano che queste azioni meritano di essere punite. "Secondo le norme islamiche, non è permesso formulare accuse false contro le autorità, né criticarle con argomenti infondati", ha detto. 

Akhundzada ha chiesto che "si diano alle donne tutti i diritti" previsti nell'ambito della sharia e ha sollecitato a non insultare i capi, perché "colui che insulta la sharia sarà insultato da Dio". Il leader dei Talebani ha anche sollecitato i governatori affinchè "mantengano un buon rapporto con tribunali, soddisfino le loro necessità e collaborino totalmente con loro nel momento di applicare le sentenze".

In ultimo, ha invocato "l'eliminazione del nazionalismo e del razzismo", aggiungendo che "gli eruditi e gli imam delle moschee devono far sì che le persone siano coscienti delle virtù del sistema islamico e devono attrarle a sé, per allontanarle dal regionalismo e dal nichilismo".

La settimana scorsa lo stesso Akhundzada ha emesso un decreto per vietare le critiche "infondate" alle autorità afghane, sostenendo che numerosi 'hadith', i precetti islamici, sottolineano che queste azioni meritano di essere punite. "Secondo le norme islamiche, non è permesso formulare accuse false contro le autorità, né criticarle con argomenti infondati", ha detto. 

Afghanistan, talebani a Kabul Gettyimages
Afghanistan, talebani a Kabul

Il governo instaurato dai Talebani dopo il ritorno al potere 

I Talebani sono tornati al potere nell'agosto 2021, dopo la fuga dal Paese del presidente di allora, Ashraf Ghani, davanti all'avanzata degli insorti verso la capitale Kabul, mentre era in corso il ritiro delle truppe internazionali.

I fondamentalisti hanno instaurato un governo segnato dall'assenza di donne e di rappresentanti di altri gruppi politici, facendo fronte a critiche sia a livello nazionale che internazionale per la limitazione dei diritti della popolazione, in particolar modo per quanto riguarda le donne e le bambine.