La morte di Diana

Alessia Pifferi rientrò a Milano il 17 luglio ma non andò dalla bambina

Resta in carcere la 37enne, accusata di omicidio volontario per futili motivi. Ha lasciato sola la bimba di un anno e mezzo dal 14 al 20 luglio per stare con il nuovo compagno

Alessia Pifferi rientrò a Milano il 17 luglio ma non andò dalla bambina
ANSA
Alessia Pifferi

Fermo convalidato e custodia in carcere per omicidio volontario aggravato dai futili motivi per Alessia Pifferi, la 37enne ha lasciato la figlia Diana, di un anno e mezzo, da sola a casa per più di sei giorni, facendola morire di stenti. La donna dice che voleva essere sicura del suo rapporto con il compagno: "E' per questo che ho ritenuto cruciale non interrompere quei giorni in cui ero con lui, anche quando ho avuto paura che la bambina potesse stare molto male o morire". Il giudice ha escluso l'aggravante della premeditazione, confermando i futili motivi, ma "il quadro potrebbe decisamente cambiare" se dall'autopsia, che non è stata ancora fissata, venisse fuori che la madre le aveva "somministrato" benzodiazepine.

Alessia Pifferi (Rainews)
Alessia Pifferi

Secondo il gip, non si è limitata a prevedere e accettare "il rischio" che la piccola morisse ma, "pur non perseguendolo come suo scopo finale, alternativamente" lo ha voluto. Di fronte all'alternativa di far funzionare la relazione col compagno o di accudire sua figlia di un anno e mezzo, lasciata sola in casa per 6 giorni, ha scelto la prima, sapendo benissimo che poteva morire. L'ha confessato lei stessa e sta in questa decisione, frutto di una "personalità non equilibrata", la "principale motivazione" che ha spinto Alessia Pifferi ad abbandonare Diana, morta di stenti. 

"Io ci contavo sulla possibilità di avere un futuro con lui (il compagno, che non è il padre della bimba, ndr) e infatti era proprio quello che in quei giorni stavo cercando di capire; è per questo che ho ritenuto cruciale non interrompere quei giorni in cui ero con lui anche quando ho avuto paura che la bambina potesse stare molto male o morire", è il passaggio 'chiave' dell'interrogatorio di Pifferi davanti al giudice. 

La madre chiuse la porta della casa di Milano nel tardo pomeriggio del 14 luglio, mettendo accanto a Diana solo un biberon con del latte, andò dal compagno a Leffe (Bergamo), ripassò con lui, ignaro di tutto, per Milano, il lunedì. Ma non andò dalla figlia e rientrò in via Parea solo il 20 luglio. Non corse da Diana per salvarla: "Dopo una discussione - ha raccontato la donna - lui ha detto che mi avrebbe riaccompagnata a casa, poi però ho visto che mi prendeva la mano e che si dirigeva verso Leffe, lì ho capito che saremmo tornati a casa sua e non ho detto niente".

"Avevo paura che la bambina potesse morire - ha aggiunto Pifferi - dall'altra però avevo anche paura sia della reazione, del giudizio negativo di mia sorella (non la chiamò per mandarla a soccorrere Diana, ndr), sia della reazione del mio compagno". E ancora: "A partire dalla domenica (...) ho cominciato ad avere concretamente paura che la bambina morisse ma comunque mi auguravo che non succedesse (...) era una specie di speranza, un po' era il pensiero che magari le cose che le avevo lasciato le bastassero". Dopo il terzo giorno, ha aggiunto, "non ero tranquilla, ma forse ha prevalso la mia stanchezza che mi portavo dentro, perché sono una ragazza madre, nessuno mi aiutava ed era molto pesante". 

Per il gip, aveva una "indiscutibile urgenza" di essere "libera", "finalmente sollevata per un po' dal peso di essere una 'ragazza madre'". Urgenza che si era persino "accresciuta" negli ultimi giorni quando la bimba per il caldo "era più capricciosa". Probabilmente per questo decise "di anticipare il weekend e partire già giovedì". Voleva a tutti i costi "preservare quella relazione già in crisi". 

"Mi diceva che preferiva venire senza di lei così 'respirava'", ha messo a verbale il compagno, con cui il rapporto era ripreso a giugno, dopo che la donna aveva frequentato due uomini. Nelle ultime settimane, per diversi weekend, era andata da lui senza portare la figlia. Gli diceva che "Diana rimaneva con la sorella" o con "la babysitter". Tutte bugie, mentre "se lei l'avesse portata", così ha riferito lui agli investigatori della Squadra mobile, gli avrebbe "fatto piacere".