Il giorno dopo l'assalto al parlamento in Cirenaica

Il consiglio presidenziale libico: "Realizzeremo la volontà libica". Onu: "Assalto inaccettabile"

Cittadini esasperati dal caro-vita e dalla corruzione nel paese, chiedono di andare al voto per ottenere una stabilità politica: "Vogliamo la luce" hanno urlato nelle piazze. Il premier libico Dbeibah: "Governo si dimetta, elezioni subito"

Il consiglio presidenziale libico: "Realizzeremo la volontà libica". Onu: "Assalto inaccettabile"
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Libia

Energia e crisi economica attanagliano la Libia ora di nuovo a rischio guerra civile e non è detto che il campanello d'allarme culminato con le violente proteste di ieri sera non abbia a che fare anche con la guerra in Ucraina e con l'approvvigionamento di petrolio e milizie armate di cui in molti sembrano avere oggi bisogno. 

"Il consiglio di presidenza libico ha seguito i recenti avvenimenti in tutta la Libia. È in seduta permanente per realizzare la volontà dei libici per il cambiamento e la produzione di un'autorità eletta che soddisfi le volontà dei libici". "Non deluderemo le speranze e la volontà del nostro popolo di vivere in uno stato che gode di sicurezza e stabilità permanente", ha assicurato oggi il consiglio presidenziale libico in una nota pubblicata sulla sua pagina ufficiale di Facebook. 

Decine di manifestanti sono scesi in piazza sia nell'est che nell'ovest del paese, nelle principali città: Tripoli, Misurata e Tobruk in Cirenaica dove alcuni hanno preso d'assalto l'edificio che ospita il Parlamento, saccheggiandolo e dandolo alle fiamme. Le immagini della devastazione hanno fatto il giro del mondo in poche ore.

Il primo ministro tripolino ad interim Abdel Hamid Dbeibah, sostenuto dalla comunità internazionale, ha chiesto a tutti gli organi politici, compreso il suo governo, di dimettersi e di andare a elezioni il prima possibile. "Aggiungo la mia voce ai manifestanti in tutto il paese: tutti gli organi politici devono dimettersi, compreso il governo, e non c'è modo per farlo se non attraverso le elezioni" ha scritto Dbeibah su Twitter, aggiungendo che "sono noti coloro che ostacolano le elezioni e l'approvazione del bilancio". A marzo scorso il Parlamento ha dato la fiducia al governo di stabilità nazionale del premier Fathi Bashagha, dietro cui vi è Khalifa Haftar

I due leader si contendono il governo del paese: il primo con sede a Tripoli e un altro appunto a Tobruk in Cirenaica.  Le elezioni presidenziali e legislative erano originariamente previste per il dicembre 2021, a coronamento di un processo di pace portato avanti dalle Nazioni Unite dopo le violenze del 2020. Non sono serviti neppure i recenti colloqui di Ginevra, coordinati dall'Onu, per arrivare a stabilire un accordo tra i due e fissare una data per lo svolgimento di elezioni nazionali. 
Il Video di Libya Observer :

Alla base delle proteste vi è una oramai lunga crisi economica e sociale nel paese considerato una vera e propria polveriera sin dai tempi della fine di Gheddafi avvenuta nel 2011 con l'inizio della primavera araba, davanti agli occhi impotenti del mondo. Le bandiere verdi dell'ex regime del Colonnello sventolano ancora tra le mani di alcuni ribelli. L'aumento del prezzo del pane, le continue interruzioni di energia elettrica, lo stallo politico e la corruzione hanno portato decine di cittadini nelle piazze a protestare. Cittadini che chiedono un voto presidenziale e legislativo entro l'anno al grido di “vogliamo la luce”.

Gli ultimi colloqui tra i presidenti delle due camere rivali - il leader del parlamento di Tobruk Aguila Saleh ed il presidente dell'Alto Consiglio di Stato con sede a Tripoli Khaled el-Meshri - non sono riusciti a risolvere le differenze chiave. La prospettiva di elezioni appare più lontana che mai da quando la Camera di Tobruk ha nominato un governo rivale in sostituzione di quello del primo ministro ad interim Abdulhamid Dbeibah, sostenendo che il suo mandato era scaduto. Le ultime settimane hanno visto ripetute tensioni tra gruppi armati a Tripoli, che hanno suscitato timori di un ritorno al conflitto su vasta scala. Di questa paralisi ne sta facendo le spese anche il settore energetico. Ad aprile è iniziato un blocco di due importanti terminal di esportazione petrolifera e di diversi giacimenti. Per l'ente nazionale, la National Oil Corporation libica, tale blocco finora ha comportato perdite per 3,5 miliardi di dollari. Mentre il calo della produzione del gas contribuisce ai cronici blackout, che durano una dozzina di ore al giorno.

Davanti a questo scenario incandescente non si fa attendere la voce dell'Onu: "Il diritto del popolo a protestare pacificamente dovrebbe essere rispettato e protetto, ma sono del tutto inaccettabili rivolte e atti vandalici come l'assalto alla sede della Camera dei rappresentanti ieri a Tobruk". È quanto scrive su Twitter Stephanie Williams, consigliere speciale del segretario generale dell'Onu in Libia, aggiungendo che "è assolutamente fondamentale mantenere la calma, che la leadership libica si dimostri responsabile, e esercitare moderazione da parte di tutti".