Dopo oltre venti anni una prima verità giudiziaria

Il pm: Serena Mollicone uccisa dall’anta di una porta della caserma dei carabinieri di Arce

Il processo vede imputati oltre a Marco Mottola anche il padre, Franco, ex comandante della caserma dei carabinieri di Arce, in provincia di Frosinone, e la moglie Anna Maria

Il pm: Serena Mollicone uccisa dall’anta di una porta della caserma dei carabinieri di Arce
TG3/ANSA/DEF
Serena Mollicone

Un'anta usata "come un'arma". La porta dell'alloggio della caserma dei carabinieri di Arce utilizzata per uccidere. Serena Mollicone il primo giugno del 2001 venne scaraventata contro quell'anta in legno da Marco Mottola, l'autore materiale dell'omicidio. 

Questo ha detto oggi, nell’aula della Corte d’Assise del tribunale di Cassino, il pubblico ministero Maria Beatrice Siravo durante la requisitoria che potrebbe proseguire anche nell’udienza di lunedì 4 luglio quando poi parleranno gli avvocati di parte civile. 

Il processo vede imputati oltre a Marco Mottola, anche il padre, Franco, ex comandante della caserma dei carabinieri di Arce, in provincia di Frosinone, e la moglie Anna Maria. Nei loro confronti l'accusa è di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Alla sbarra, davanti ai giudici della Corte d'Assise, anche il luogotenente Vincenzo Quatrale, a cui è contestato il concorso esterno e l'istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi,  e Francesco Suprano accusato di favoreggiamento.   

Nell'apertura del suo lungo intervento, che si concluderà la prossima settimana con le richieste di condanna, il rappresentate dell'accusa ha affermato che "il cuore del processo" è proprio nella porta dell'alloggio dove Serena venne violentemente spinta perdendo conoscenza. Alla responsabilità di Mottola, secondo l'accusa "si arriva anche senza tenere conto della pur attendibile testimonianza del brigadiere Santino Tuzi "che aveva visto quel giorno entrare la ragazza nella caserma vestita con una maglietta rossa e dei pantaloni neri. "Quando abbiamo riaperto le indagini con l'ipotesi dell'omicidio avvenuto in caserma e con la perizia sulla porta avevamo poche speranze" ma l'accusa è arrivata ad "avere una prova scientifica solidissima".   

“I frammenti della porta presente all’interno dell’alloggio di servizio dove Serena Mollicone è stata aggredita sono stati trattenuti dai capelli della vittima. Il filtraggio dei reperti avvenuto nel 2017 presso l’Istituto di medicina legale di Milano ha consentito di individuare importanti frammenti di legno con composti anche di colla che, è cosa nota, non è presente all’interno di vegetali”. 

Smentita così la tesi della difesa che colloca la morte di Serena Mollicone all’esterno della caserma e contro una superficie che non è compatibile con una porta. “L’ulteriore prova dell’aggressione avvenuta contro la porta è stata data dal calco del pugno in 3D realizzato con le mani appartenenti agli imputati Marco Mottola e Franco Mottola. Nessuno dei due calchi è compatibile con il foro presente sulla superficie della porta”.

La ricostruzione di quanto avvenuto ricalca anche il lavoro svolto dal medico legale Luisa Regimenti nella perizia di parte svolta su disposizione di Armida Mollicone, zia della ragazza di Arce. "Serena dopo il violento colpo contro la porta dell'alloggio della caserma cadde – ha spiegato la  Regimenti nel corso dell'udienza del 22 aprile - priva di sensi a causa di alcune fratture craniche ma poteva essere soccorsa. Fu lasciata, invece, in quelle condizioni per quattro-sei ore prima di essere uccisa dal nastro adesivo che le è stato applicato sulla bocca e sul naso provocandone il soffocamento".

Nel corso della requisitoria Maria Beatrice Siravo ha spiegato che le analisi scientifiche effettuate negli anni hanno portato ad "escludere ogni ipotesi alternativa" e anche le verifiche sui frammenti di legno, e in particolare le tracce di colla e vernice trovate sul nastro adesivo con cui era stata imbavagliata, fanno ritenere che "l'azione omicidiaria si è consumata all'interno della caserma". 

Secondo l'impianto accusatorio il movente sarebbe legato ad una lite che Mottola avrebbe avuto con Serena Mollicone alcune ore prima. 

"Serena quel giorno si era recata dal dentista a Sora e poi salì a bordo dell'auto di Mottola per un passaggio. Con lui si fermò davanti ad un bar dove fu vista litigare con il giovane", spiega il pubblico ministero. La ragazza andò, poi, in caserma per recuperare dei libri che aveva lasciato in auto e lì, secondo l'accusa, venne aggredita. La dottoressa Siravo affermato, inoltre, che furono i genitori di Mottola ad occuparsi dell'occultamento del cadavere. La notte tra il primo e il due giugno di 21 anni fa "Franco e Anna Maria Mottola portano il corpo di Serena nel bosco di Fonte Cupa", un elemento confermato anche dall'analisi dei tabulati telefonici e dal racconto di un testimone. In quel boschetto, a 8 chilometri da Arce, Serena fu ritrovata la mattina del 3 giugno 2001: il corpo in posizione supina in mezzo ad alcuni arbusti, la testa, con una vistosa ferita, avvolta in un sacchetto di plastica, mani e piedi legati con scotch e fil di ferro. Nastro adesivo anche su naso e bocca. 

Dopo più di venti anni forse una prima verità giudiziaria sta per arrivare. Una verità che “conosco dal 2001 e che ho sempre detto ma nessuno mi ha ascoltato” come diceva sempre il papà di Serena, Guglielmo, morto il 31 maggio del 2020 e che si era battuto sempre per ottenere verità e giustizia per la morte della figlia.

La foto di Serena Mollicone dove è stato ritrovato il corpo Ansa
La foto di Serena Mollicone dove è stato ritrovato il corpo