La crisi dell'energia

La UE si mobilita per affrontare la crisi del gas. Piombino in piazza contro il rigassificatore

Consiglio straordinario a settembre. Una stangata insostenibile, che rischia di mettere fuori mercato 90mila attività. A lanciare l'allarme è Confesercenti

La UE si mobilita per affrontare la crisi del gas. Piombino in piazza contro il rigassificatore
Ansa
Gas: manifestazione a Piombino per dire no al rigassificatore

Vola il prezzo del gas. E con l'inverno alle porte, l'Unione Europea ha convocato entro metà settembre un Consiglio straordinario dei ministri dell'Energia per affrontare l'emergenza. Al lavoro anche il Governo italiano, con Confindustria che chiede nuove misure e Scaroni che chiarisce: "Il tetto al prezzo è irrealizzabile". Di Maio assicura "interventi incisivi". Emergenza energetica al centro anche del dibattito politico, con Salvini che preme per evitare i razionamenti e con Calenda che chiede alla Meloni e a Letta di votare a favore dei rigassificatori.

Manifestazione a Piombino per dire no a rigassificatore 

 Nuova manifestazione dei comitati di Piombino (Livorno) stasera per dire ancora una volta 'no' all'installazione di un rigassificatore dentro il porto, secondo quanto indicato dal Governo come contromisura alla crisi energetica aggravatasi con la guerra della Russia all'Ucraina. Centinaia di persone - circa 600 secondo i promotori - sono riunite per l'iniziativa 'Contro i rigassificatori' promossa da Comitato Salute pubblica, La Piazza, Il gazebo 8 giugno, Il Comitato Liberi. A questi si sono aggiunti il Comitato dell'Elba e, secondo quanto emerge, avrebbero raggiunto Piombino esponenti di comitati di altre città tra cui Ravenna, dove è previsto l'altro nuovo rigassificatore deciso dal Governo per fronteggiare la riduzione degli approvvigionamenti. Vengono sventolate bandiere di partiti e sigle - anche di segno ideologico opposto -, oltre a quelle dei comitati e di associazioni ecologiste. I manifestanti hanno raggiunto la piazza battendo coperchi di pentole e facendo suonare fischietti, poi sul palco si sono alternati vari interventi sia di esponenti politici, sia di cittadini per motivare la loro contrarietà e ribadire le posizioni di critica alla scelta del porto della città per posizionarvi un impianto di rigassificazione. Tra i cartelli e gli striscioni si legge 'Piombino è nostra e non si tocca' e 'Rigassificatori lontani dalle nostre case e dalle coste di tutti gli italiani', 'Piombino dice No! al rigassificatore'.

 

La stangata in arrivo

A patire le conseguenze nel breve termine di questa situazione saranno le piccole imprese di turismo e terziario che, senza un intervento immediato per attutire l'impatto degli aumenti di energia e gas, si troveranno a pagare nei prossimi 12 mesi una maxi-bolletta da 11 miliardi di euro, circa 8 miliardi in più rispetto ai 12 mesi precedenti. 

Una stangata insostenibile, che rischia di mettere fuori mercato 90mila attività. A lanciare l'allarme è Confesercenti che, sulla base delle tariffe attuali di luce e gas, ha calcolato l'aggravio dei costi che dovranno sostenere le imprese con meno di 20 dipendenti che operano nel turismo e negli altri comparti del terziario, dal commercio ai servizi. 

A pagare la bolletta più salata saranno le imprese del comparto della ristorazione, che si troveranno a spendere - a parità di consumi - quasi 2 miliardi di euro in più (+1.944 milioni), mentre per i bar e le altre attività senza cucina l'aggravio sarebbe di poco più di un miliardo di euro (+1.045 milioni). Una stangata insostenibile, dichiara l'associazione: "Senza sostegni, il sistema delle piccole imprese rimarrà schiacciato dall'aumento di costi. Il governo in carica agisca utilizzando tutti i poteri di cui dispone", commenta la presidente Patrizia De Luise. 

Chi patisce e chi guadagna

E se, a causa dei rincari di luce e gas, molte imprese sono a rischio chiusura, altre invece, "sfruttando" questa congiuntura così negativa, hanno registrato fatturati da capogiro. È il caso delle imprese energetiche presenti in Italia che, nei primi 5 mesi di quest'anno hanno visto aumentare i ricavi, rispetto allo stesso periodo del 2021, del 60 per cento. Stiamo parlando di attività industriali estrattive di materie prime energetiche (come il petrolio, il gas naturale etc.) e dell'industria della raffinazione. Ad affermarlo è l'Ufficio studi della CGIA

Che ciò sia legato all'andamento dei prezzi delle materie prime energetiche - spiega una sintesi diffusa dalla Cgia - lo dimostrano anche i dati di questi ultimi anni. Con riferimento al periodo gennaio-maggio, la crescita del fatturato delle imprese del settore energetico nel 2019 è stata dello +0,5 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente; successivamente, in piena pandemia i ricavi invece sono crollati del 34,6 per cento (gennaio-maggio 2020 sullo stesso periodo anno precedente); diversamente, nei primi 5 mesi del 2021 la variazione è stata del +19,6 per cento. Quest'anno, infine, il fatturato ha subito una impennata impressionante che, come dicevamo, è stata del +60 per cento.

Sia chiaro: nessuno chiede un accanimento fiscale contro le grandi imprese dell'energia: sarebbe ingiusto. Va infatti ricordato che non necessariamente ad un aumento del fatturato corrisponde un analogo incremento dell'utile. Tuttavia, appare evidente che il risultato economico di questo settore nell'ultimo anno è stato molto positivo. E, anche per una questione di solidarietà e di giustizia sociale, queste realtà dovrebbero versare almeno quanto imposto dallo Stato con una legge per "aiutare" economicamente le famiglie e le imprese più in difficoltà. Invece, le grandi imprese energetiche si sono guardate bene dal farlo. Almeno con la prima scadenza prevista lo scorso 30 giugno. Ricordiamo che con il decreto Aiuti le imprese energetiche sono state obbligate ad applicare un'aliquota del 25 per cento sugli extraprofitti ottenuti grazie all'aumento dei prezzi di gas e petrolio. Dei 4,2 miliardi di euro attesi con la prima rata, lo Stato ha incassato poco meno di 1 miliardo. Se la nuova norma per recuperare queste mancate entrate inserita nel decreto Aiuti bis non dovesse avere effetto, l'erario potrebbe perdere quest'anno oltre 9 miliardi dei 10,5 previsti con l'introduzione di questa tassazione sugli extraprofitti. Certo, di fronte agli aumenti registrati in questi ultimi giorni, 9 miliardi di euro farebbero ben poco per calmierare i costi delle bollette di famiglie e imprese. Tuttavia, è una questione che mette a repentaglio la nostra coesione sociale: in un momento di difficoltà come questo, chi più ha deve aiutare chi sta peggio.

Siamo certi - si legge ancora nello studio Cgia - che con la prossima scadenza anche queste realtà imprenditoriali onoreranno i loro impegni con il fisco, così come previsto dalla legge. Sarebbe inaccettabile se ciò non avvenisse.

Le soluzioni proposte da Cgia

Venendo alle soluzioni proposte dalla Cgia, oggi il prezzo del gas è 10 volte superiore al suo valore storico: è come se pagassimo la benzina 20 euro al litro. Una follia che difficilmente può essere contrastata efficacemente. Purtroppo, a questi livelli di prezzo non ci sono soluzioni miracolistiche. Certo, è indispensabile introdurre un price cap a livello europeo, sganciare dalle quotazioni del gas il prezzo dell'energia ricavata dalle fonti rinnovabili e abbassare ulteriormente imposte, oneri e Iva sulle bollette. Alcune misure tampone possono essere approvate in tempi ragionevolmente brevi; altre, più sostanziali, come l'introduzione di un tetto al prezzo del gas, richiedono tempi di approvazione eccessivamente lunghi, che famiglie e imprese non possono attendere. Pertanto, cosa si dovrebbe fare da subito? In primo luogo, come è stato fatto con la crisi pandemica, Bruxelles dovrebbe alleggerire le regole sul debito pubblico e sugli aiuti di Stato alle imprese. Insomma, dovrebbe consentire lo scostamento di bilancio, permettendo ai singoli Paesi di indebitarsi per lenire gli aumenti di luce e gas a famiglie e imprese. In secondo luogo, l'UE dovrebbe "chiedere" a Olanda e Norvegia di tornare ad essere leader europei nell'estrazione di gas naturale. Attraverso un intervento persuasivo del Consiglio europeo su Amsterdam e Oslo, l'aumento della produzione comporterebbe, anche a livello psicologico, effetti molto positivi che, quasi sicuramente, si tradurrebbero in una contrazione delle quotazioni dei prodotti energetici, consentendo a tutta Europa di tirare un sospiro di sollievo.