Facoltà di Medicina, come cambia dal prossimo anno la prova di ammissione

Nell'anno accademico '22-'23 ci sarà più attenzione alle materie disciplinari e meno alla logica e alla cultura generale. Ma la vera polemica, in tempi di grave carenza di medici e infermieri, è sul numero chiuso; per la ministra Messa "è necessario"

Facoltà di Medicina, come cambia dal prossimo anno la prova di ammissione
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A poche settimane dal via ai test per accedere alle facoltà di Medicina negli atenei italiani, che si svolgeranno tra martedì 6 e mercoledì 28 settembre, torna la polemica sulla mancanza di dottori in Italia e sul numero chiuso. Intanto questo sarà l'ultimo anno con il test “secco” come si è svolto fino ad oggi e tuttavia già da adesso ci sarà un'importante novità: le prove di ammissione vedranno più attenzione alle materie disciplinari e meno alla logica e alla cultura generale. Durante il prossimo anno accademico, 2022-2023, gli studenti potranno iniziare dalla IV superiore a fare i cosiddetti Tolc e presentarsi per l'accesso all'anno successivo con più test fatti; entrerà chi conseguirà il punteggio migliore.

Al momento, però, essendo sempre forte la carenza di medici e infermieri, torna la polemica sul numero chiuso. “Basta numero chiuso alle facoltà di Medicina, se non si trovano medici significa che il sistema formativo non funziona e mortifica centinaia di giovani che non riescono ad accedere”, dice oggi l'assessore regionale alla Sanità del Lazio, Alessio D'Amato. Da tempo molti governatori - da Toti in Liguria a Musumeci in Sicilia, da Zaia in Veneto a Solinas in Sardegna, all'assessore alla Sanità dell'Umbria Luca Coletto - chiedono con insistenza l'abolizione del numero chiuso e dello stesso avviso è il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa. “Cosa ce ne facciamo degli alti standard di frequenza di cui disponiamo se poi i medici non si trovano e quelli che ci sono vengono pagati meno del resto d'Europa? Il tema è avere un sistema formativo europeo omogeneo; non capisco perché quello che si fa in Francia non può essere fatto in Italia. Così finiamo per mortificare l'aspirazione di migliaia di giovani che finiscono per andare a studiare all'estero e al tempo stesso non abbiamo il numero necessario di dottori: ci perdiamo tutti”, dice Alessio D'Amato.

Ma la ministra dell'Università e della Ricerca, Cristina Messa, la pensa diversamente. “Il numero chiuso è necessario per mantenere alta la qualità, sia nel caso di una selezione all'ingresso sia nel caso di “sbarramento” al secondo anno di università, come accade in Francia”, dice la ministra. Piuttosto, dall'anno accademico 2022-2023, ricorda, “ci sarà già un grande cambiamento per accedere alla facoltà di Medicina: non più una sola data ma un percorso che consenta ai ragazzi dalla IV superiore di prepararsi, autovalutarsi e poter tentare più volte nel corso dell'anno il test”.

Sul tema della carenza di medici, prosegue la ministra, “ciò che stiamo pagando oggi è stata una programmazione del passato di soli 9.000 ammessi all'anno a Medicina a fronte di quasi 16.000 complessivi previsti attualmente e di circa 5.000 borse all'anno per le scuole di specializzazione. Oggi per gli specializzandi ci sono oltre 13.000 posti, una programmazione che con il ministro Speranza abbiamo stabilizzato anche per il futuro e che segue il picco di 17.000 dello scorso anno con il quale abbiamo quasi annullato l'imbuto formativo che si era creato” conclude Messa. Anche per il presidente della Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane) Ferruccio Resta, “non è un problema di numero chiuso ma serve il coraggio della pianificazione e delle priorità su cui investire”.