Venerdì 9 settembre: Consiglio europeo straordinario dell'Energia

Il dilemma del gas. Perché i paesi europei si dividono sulle possibili soluzioni

Un tetto al prezzo del gas importato dalla Russia o un limite alle quotazioni sul mercato di Amsterdam, ecco due delle principali misure sul tavolo dei ministri europei

Il dilemma del gas. Perché i paesi europei si dividono sulle possibili soluzioni
Ipa
Gasdotto

Grandi incertezze incombono sul prossimo Consiglio europeo straordinario dell'energia. Si cercano soluzioni. Tante le ipotesi in campo. Poche le soluzioni condivise. 

Alla vigilia dell'incontro c'è già la pesante ipoteca di uno dei paesi più importanti che siede al tavolo delle decisioni. L'Olanda fa sapere infatti che: “In linea di principio siamo molto titubanti sul tetto al prezzo del gas con paesi terzi”. Il famoso "price cap", tetto al prezzo fortemente voluto dall'Italia e poi diventato una delle ipotesi di lavoro più promettenti. Ma c'è già chi comincia a sfilarsi. Non solo i paesi dell'Est, ma quello che fa il prezzo del gas per tutta Europa. Già, perché l'Olanda è la sede del Ttf (il Title Tranfer Facility), ovvero il mercato europeo di riferimento per gli scambi di gas. Ed essendo un mercato finanziario, una borsa dedicata al commercio all'ingrosso di quel bene, guadagna in funzione della quantità degli scambi. Mettere un limite, il "cap", vuol dire perdere guadagni e, per l'Olanda, contare meno in Europa. 

Se si è arrivati a questa ipotesi politica di mettere un freno al fluttuare schizofrenico dei prezzi del gas, un bene primario, è perché c'è il rischio concreto che molti paesi europei finiscano per pagare una bolletta troppo pesante. L'obiettivo russo verrebbe dunque raggiunto: creare la “tempesta perfetta” contro chi ha voluto le sanzioni. Oltre all'Olanda, ci sono poi Francia e Germania che hanno pensato a un loro piano B. Non si dovessero trovare soluzioni comuni a livello europeo, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Sholz si sono accordati per un aiuto reciproco, bilaterale. Con lo stop alle forniture di metano proveniente dalla Russia tramite il gasdotto Nord Stream 1, la Germania rischia di trovarsi senza la materia prima per produrre elettricità. E parliamo della prima economia dell'Eurozona. La solidarietà fra stati europei è stata invocata persino da Ursula von del Leyen, ma lo faceva nell'ottica di un aiuto reciproco tra tutti i diversi paesi, non un accordo bilaterale che rischia invece di far naufragare il principio di una generosa complementarietà tra le diverse fonti di energia. 

Ma non finisce qui. Altre nazioni mettono in crisi, prima dell'incontro dei ministri europei, l'esito del summit. Ci sono infatti i paesi dell'Est. La Repubblica Ceca, la Slovacchia e la Romania già temono un inasprimento delle misure restrittive di Mosca e di passare l'inverno al gelo, dopo la chiusura definitiva dei rubinetti del gas. Anche l'Ungheria si dichiara contraria al tetto del prezzo del gas. 

L'altra misura pensata per calmierare le bollette è quella di limitare in via temporanea il prezzo dell'elettricità prodotta da fonti diverse da gas. Passa sotto il nome del “limite agli extra profitti”, così da ricavare delle risorse utili per ammortizzare l'aumento dei costi in bolletta: gli utili extra realizzati dalle grandi compagnie energetiche sarebbero investiti in sussidi ai consumatori. 

Su questa soluzione si è già espressa negativamente la Polonia. Il premier polacco Mateusz Morawiecki, in un'intervista al Financial Time, chiede che: “L'Ue dia la priorità ad altre misure rispetto al prelievo dei margini extra realizzati da chi produce elettricità da fonti diverse del gas”, una sorta di price cap questa volta messo sull'elettricità, che provenga da fonti rinnovabili o da combustibili fossili. La controproposta di Morawiecki è quella di sospendere temporaneamente il sistema di scambio di emissioni dell'Unione europea (Ets), che è lo strumento adottato dall'Unione europea, in attuazione del Protocollo di Kyoto, per ridurre le emissioni di gas a effetto serra nei settori energivori. Quindi la Polonia chiede di fatto una licenza a inquinare di più per produrre energia. 

Come si capisce da questa rapida ricognizione delle posizioni in campo sarà difficile che il Consiglio straordinario sull'energia porti ad una scelta condivisa. La previsione più credibile è che la decisione sarà rinviata più avanti, magari a ottobre, quando si incontreranno a Praga (il 6 e 7) i capi di stato e di governo o nel Consiglio europeo del 20 e 21. 

Resta sotto traccia poi una grande questione di strategia politica sulle fonti energetiche. Negli ultimi vent'anni l'Europa ha riformato il mercato dell'energia sempre in un'unica direzione: lasciare che il mercato si autoregoli. Più si favorisce la concorrenza più i prezzi scendono a vantaggio di famiglie e imprese. E così è stato finora. In soldoni, si è liberalizzato il mercato creando degli "hub" dove le grandi aziende del settore si scambiano la materia prima. Così si è affermato in questi ultimi anni il Ttf di Amsterdam. 

Quando però lunedì scorso, 5 settembre, a valle della decisione di Putin di chiudere Nord Stream 1, i costi dei contratti future del gas naturale da consegnare ad ottobre sono schizzati in tre ore a + 30%, tutte le cancellerie europee sono impallidite e si sono rese conto del pericolo. La speculazione finanziaria è capace di mandare in default le economie, in primis quella della Germania, come ha paventato l'agenzia di rating Fitch. 

La domanda delle domande è: un mercato dove i movimenti speculativi prevalgono sulla dinamiche di domanda e offerta del gas naturale, può essere l'unico strumento per determinare il prezzo finale di una materia prima così essenziale? Per garantirne un miglior funzionamento Bruxelles suggerisce di sottoporre il mercato olandese Tft alla supervisione finanziaria dell'Esma (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), l'organo a “tutela degli investitori” e a favore dei “mercati finanziari stabili e ordinati”.

Chissà se si arriverà a tanto. La strada è lunga. Forse una direzione l'ha indicata proprio l'Italia. Recentemente il premier Draghi ha siglato l'accordo per le forniture di metano a lungo termine con l'Algeria. Altri fornitori rispetto alla Russia, ma anche la possibilità di tornare all'antico, agli accordi bilaterali che faceva Mattei coi paesi africani. Questa strategia mette al riparo dalle fluttuazioni del mercato, perché vincola il prezzo a dei contratti pluriennali, se non addirittura decennali.