Conferenza stampa in volo

Il Papa di ritorno dal Kazakistan: "La politica è un'arte nobile. Difendersi? Amore di patria"

"Il dialogo puzza ma si deve fare" dice il Pontefice nell'incontro con i giornalisti rientrando a Roma dal suo 38esimo viaggio apostolico. E aggiunge: "L'Italia ha avuto venti governi in questo secolo? Ognuno conosce il suo modo di ballare il tango"

Il Papa di ritorno dal Kazakistan: "La politica è un'arte nobile. Difendersi? Amore di patria"
Ipa

Terminato il suo 38esimo viaggio apostolico, Papa Francesco ha trascorso come di consueto il volo di rientro che lo riportava a Roma (è atterrato a Fiumicino poco dopo le 20) conversando con i giornalisti che lo hanno accompagnato in Kazakistan, dove ha partecipato al VII incontro dei leader religiosi mondiali.

E, come spesso accade nelle occasioni più informali, il Pontefice risponde a braccio, parla spontaneamente e si lascia andare ai ricordi e alle emozioni, toccando diversi temi nel rispondere alle domande dei cronisti: dalle imminenti elezioni politiche in Italia (“Essere politico è una strada difficile, bisogna cercare grandi politici che abbiano la capacità di fare politica, che è un'arte. È una vocazione nobile”) alla guerra in Ucraina (“Difendersi da un’aggressione è non solo lecito ma anche un’espressione di amore per la patria”), fino al commercio delle armi e all’eutanasia.

La “guerra mondiale” e il dialogo, che “puzza ma si deve fare”

"Credo che sia sempre difficile capire il dialogo con gli Stati che hanno incominciato la guerra, e sembra che il primo passo è stato da lì, da quella parte (dalla Russia, ndr). È difficile ma non dobbiamo scartarlo, dobbiamo dare l'opportunità del dialogo a tutti, a tutti!” dice il Papa a proposito delle trattative tra parti in conflitto, riferendosi principalmente alla guerra in Ucraina. “Perchè sempre c'è la possibilità che nel dialogo si possano cambiare le cose – aggiunge poi – e anche offrire un altro punto di vista, un altro punto di considerazione. Io non escludo il dialogo con qualsiasi potenza, che sia in guerra, che sia l'aggressore, delle volte il dialogo si deve fare così, ma si deve fare, puzza ma si deve fare” puntualizza Bergoglio, con una delle sue tipiche espressioni colorite. “Sempre un passo avanti, la mano tesa, sempre! Perché al contrario chiudiamo l'unica porta ragionevole per la pace. Delle volte non accettano il dialogo: peccato! Ma il dialogo va fatto sempre, almeno offerto, e questo fa bene a chi lo offre, fa respirare” conclude.

Alla domanda sul fatto se sia giusto inviare armi all'Ucraina per difendersi, il Pontefice risponde cauto: “È una decisione politica, che può essere morale, cioè moralmente accettata se si fa con le condizioni di moralità”. Una decisione che “può essere immorale se viene fatta con l'intenzione di provocare più guerra, o di vendere le armi” aggiunge ancora Francesco. Ma una cosa è chiara, ai suoi occhi: “Chi non si difende, chi non difende qualcosa, non la ama; invece chi difende, ama”. Da ciò deriva che “Difendersi è non solo lecito, ma anche un'espressione di amore alla patria” spiega il Papa.

Passando poi al tema della “guerra giusta”, il capo della Chiesa cattolica ricorda che “tutti parlano di pace oggi: da settant'anni le Nazioni Unite parlano di pace, fanno tanti discorsi di pace. Ma in questo momento quante guerre sono in corso? Ucraina-Russia, adesso Azerbaijan e Armenia che si è fermata un po'…” ricorda papa Francesco. “Poi c'è la Siria – prosegue Bergoglio – dieci anni di guerra, che cosa succede lì che non si ferma? Quali interessi muovono queste cose? Poi c'è il Corno d'Africa, poi il nord del Mozambico o l'Eritrea e una parte dell'Etiopia, poi il Myanmar con questo popolo sofferente che io amo tanto, il popolo Rohingya che gira, gira e gira come uno zingaro e non trova pace. Ma siamo in guerra mondiale, per favore” aggiunge il Pontefice, tornando su un concetto chiarito più volte e di cui ribadisce a ogni occasione la sua convinzione: il fatto che sia in corso la “Terza guerra mondiale a pezzi”.

Rievocando, ancora, un ricordo personale di quando era bambino (il suono dell’allarme del più grande giornale di Buenos Aires, udito in tutta la capitale allo scoppio della guerra e quando il conflitto terminò; e di sua madre e della vicina, che piangevano di gioia per la fine dell’incubo bellico), il Papa puntualizza che “La pace è più grande di tutte le guerre” e aggiunge: “Io mi domando: non so se oggi noi siamo con il cuore educato per piangere di gioia quando vediamo la pace. Tutto è cambiato. Se non fai guerra, non sei utile!”.

Papa Francesco sul volo di ritorno verso Roma Vatican Media/LaPresse
Papa Francesco sul volo di ritorno verso Roma

“Tanti governi in vent’anni? Ognuno ha il proprio modo di ballare il tango. Ma la politica è una vocazione nobile”

È il momento poi della politica italiana, nell’imminenza delle elezioni politiche. “Ho conosciuto due presidenti italiani, di altissimo livello: Napolitano e l'attuale. Grandi. Poi gli altri politici non li conosco. Nell'ultimo viaggio ho domandato a uno dei miei segretari quanti governi ha avuto l'Italia in questo secolo: venti. Non lo condanno né critico, non so spiegarlo” dice Bergoglio, scherzando: “Ognuno ha il proprio modo di ballare il tango”. Ma poi aggiunge: “Se i governi si cambiano così ci sono tante domande da fare. Perché oggi essere politico è una strada difficile. Essere un grande politico, che si mette in gioco per i grandi valori della Patria, non per interessi, per la poltrona". Dunque, in Italia come negli altri Paesi, bisogna “cercare grandi politici” che abbiano “la capacità di fare politica, che è un'arte. È una vocazione nobile la politica” dice ancora Francesco.

“Credo che uno dei Papi, non so se Pio XII o san Paolo VI, ha detto che la politica è una delle forme più alte di carità” ha proseguito il Papa. “Dobbiamo lottare per aiutare i nostri politici a mantenere il livello dell'alta politica, non la politica di basso livello che non aiuta per niente, e anzi tira giù lo Stato, si impoverisce” continua Bergoglio. Che poi passa all’Europa: “Oggi la politica nei Paesi d'Europa dovrebbe prendere in mano il problema, per esempio, dell'inverno demografico, il problema dello sviluppo industriale, dello sviluppo naturale, il problema dei migranti” e suggerisce di ricorrere proprio ai migranti per ripopolare i “paesi vuoti”: “Anche in Italia ci sono paesi vuoti, soltanto venti vecchiette lì e poi niente. Ma perchè non fare una politica dell'Occidente dove gli immigrati siano inseriti con il principio che il migrante va accolto, accompagnato, promosso e integrato? Questo è molto importante, integrare” spiega ancora il Pontefice.

La Cina antidemocratica? Non me la sento di definirla così”

A chi gli chiede sulle relazioni della Santa Sede con la Cina, il Papa spiega: “Per capire la Cina ci vuole un secolo, e noi non viviamo un secolo. La mentalità cinese è una mentalità ricca e quando si ammala un po', perde la ricchezza, è capace di fare degli sbagli”. Soffermandosi, poi, sull’utilità del dialogo per creare occasioni di incontro, Bergoglio ricorda che “c'è una commissione bilaterale vaticano-cinese che sta andando bene, lentamente, perché il ritmo cinese è lento, loro hanno un'eternità per andare avanti: è un popolo di una pazienza infinita” dice ancora il Pontefice, chiarendo però che “qualificare la Cina come antidemocratica io non me la sento, perché è un Paese così complesso, sì è vero che ci sono cose che a noi sembrano non essere democratiche, quello è vero”.

Eutanasia e armi

“Uccidere non è umano, punto. Se tu uccidi con motivazioni, sì alla fine ucciderai di più e più. Uccidere lasciamolo alle bestie” taglia corto, poi, a chi gli chiede dell'eutanasia. Sul commercio e la fabbricazione delle armi, lo definisce semplicemente “un commercio assassino. Qualcuno che conosce le statistiche – ha sottolineato ancora Bergoglio – diceva che se si smettesse per un anno di fare le armi, si risolverebbe tutta la fame nel mondo. Non so se è vero o no, ma intervenire su fame, educazione, non si può perché si devono fare le armi…”.

Prossimi viaggi: Bahrein, Sud Sudan e Congo

Domanda di rito, infine, sui prossimi viaggi in programma: “Per quanto riguarda i viaggi: è difficoltoso. Il ginocchio ancora non è guarito. È difficoltoso, ma il prossimo lo farò” spiega papa Francesco in riferimento a un progetto di viaggio in Bahrein per novembre. “Poi ho parlato l'altro giorno con monsignor Welby (primate anglicano arcivescovo di Canterbury, ndr) e abbiamo visto come possibilità febbraio per andare in Sud Sudan” ha aggiunto ancora Bergoglio, “e se vado in Sud Sudan vado anche in Congo. Stiamo tentando. Dobbiamo andare tutti e tre insieme: il capo della Chiesa di Scozia, monsignor Welby e io”.