Tribunale di Milano

Ilva, la class action dei cittadini deve essere valutata dalla Corte Ue

Alcuni cittadini di Taranto avevano chiesto ai giudici di Milano la chiusura dell'Ilva per problemi ambientali e sanitari

Ilva, la class action dei cittadini deve essere valutata dalla Corte Ue
(Contrasto/repertorio)
L'acciaieria ILVA, situata nei pressi del distretto di Tamburi di Taranto

La sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale civile di Milano, presieduta da Angelo Mambriani, ha sospeso il procedimento instaurato con una “class action” da alcuni cittadini di Taranto che chiedevano, in sostanza, la chiusura dell'Ilva per problemi ambientali e sanitari. I giudici hanno rimesso alla Corte di Giustizia europea "tre questioni concernenti l'interpretazione della normativa europea in materia di emissioni inquinanti di impianti industriali in relazione alle norme italiane".

Il Tribunale di Milano si è pronunciato nell'ambito di "un procedimento per inibitoria collettiva (art. 840 sexesedecies c.p.c.) instaurato da cittadini di Taranto e avente ad oggetto domande di cessazione delle attività dell'area a caldo dello stabilimento siderurgico Ilva, chiusura delle cokerie, interruzione dell'attività dell'area a caldo fino all'attuazione delle prescrizioni di cui all'Autorizzazione Integrata Ambientale (DPCM 2017), predisposizione di un piano industriale che preveda l'abbattimento delle emissioni di gas serra di almeno il 50 %". È quanto si legge in un comunicato firmato dal presidente della sezione Angelo Mambriani e dal presidente facente funzioni del Tribunale Fabio Roia. "Il Tribunale ha dunque rimesso alla Corte di Giustizia Europea, con riferimento alla normativa speciale che disciplina fattività dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto, tre questioni concernenti l'interpretazione della normativa europea in materia di emissioni inquinanti di impianti industriali in relazione alle norme italiane relative: al ruolo della valutazione di danno sanitario nel procedimento di rilascio e riesame dell'Autorizzazione Integrata Ambientale; al set delle sostanze nocive che devono essere considerate ai fini del rilascio e riesame dell'Autorizzazione lntegrata Ambientale; ai tempi di adeguamento delle attività industriali svolte alle prescrizioni dell'Autorizzazione Integrata Ambientale".

11 anni per misure, la Corte verifichi se va bene 

C'è da verificare se è compatibile con le norme europee che uno Stato membro, come l'Italia nel caso Ilva, "in presenza di un'attività industriale recante pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute" possa "differire il termine concesso al gestore" per adeguarsi all'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) con "misure" di tutela "ambientale e sanitaria" per una "durata complessiva di undici anni", dal 2012 al 2023. E' una delle questioni sollevate dai giudici milanesi nell'ordinanza con cui hanno rimesso alla Corte di Giustizia europea alcuni temi della 'class action' instaurata da cittadini di Taranto che chiedono la chiusura del polo siderurgico.

Inoltre, per il Tribunale di Milano bisogna accertare pure se non contrasta con le norme europee la normativa italiana che non prevede che la "Valutazione di Danno Sanitario" rientri nella "procedura di rilascio e riesame" dell'Aia. E ciò "specialmente", si legge nell'ordinanza, quando questa valutazione "dia risultati in termini di inaccettabilità del rischio sanitario per una popolazione significativa interessata dalle emissioni inquinanti". In più, si chiede alla Corte di valutare se l'Aia debba prendere in considerazione "tutte le sostanze oggetto di emissioni che siano scientificamente note come nocive, comprese le frazioni di Pm10 e Pm2,5 comunque originate dall'impianto".