La repressione

Iran: si infiamma la protesta per Mahsa, morta per una ciocca di capelli

In piazza donne e studenti contro la "polizia morale" e la repressione del governo presieduto da Raisi che apre un'inchiesta.5 morti e 75 feriti nelle proteste, arrestati anche cittadini stranieri. Condanna dell'Onu e dell'Ue: morte "inaccettabile"

Si infiamma la protesta in Iran per la morte di Mahsa Amini, la 22enne picchiata dagli agenti della ‘polizia morale’ che l'avevano arrestata perché non indossava correttamente il velo. Sono cinque le persone morte ieri nella regione curda dell'Iran quando le forze di sicurezza iraniane hanno aperto il fuoco contro i dimostranti scesi in piazza per protestare contro la morte della ragazza di Sanandaj, capoluogo della provincia del Kurdistan nel nord-ovest del Paese. 

Lo ha denunciato sui propri canali social l'ong curda Hengaw Organization for Human Rights. Secondo l'Ong, almeno 75 persone sono rimaste ferite negli scontri con le forze di sicurezza e altre 250 sono state arrestate. 

La protesta dilaga in molte piazze e università, oltre che a Teheran a Isfahan, Karaj, Mashhad, Rasht, Saqqes e Sanandaj, dove insieme alle donne scendono in piazza anche studenti uomini scandendo il nome della ragazza morta sotto i colpi della repressione iraniana. Secondo quanto annuncia il sindaco di Teheran ci sono anche cittadini di 3 Paesi stranieri tra le persone arrestate nelle dimostrazioni.
 

Mahsa Amini è stata arrestata il 13 settembre a Teheran per aver indossato "abiti inappropriati" dalla polizia morale, un'unità responsabile dell'applicazione del codice per le donne. La famiglia e i media denunciano che a seguito delle percosse, la ragazza sia finita in coma tre giorni dopo e che sarebbe morta in ospedale. Il capo della polizia di Teheran, il generale Hossein Rahimi, ha respinto le accuse di maltrattamento e ha parlato di "uno sfortunato incidente", aggiungendo che la ragazza fosse morta di infarto.

Sui social media stanno circolando video di dimostranti che urlano slogan contro il governo, ed in alcuni video si vedono le forze di sicurezza che usano i gas lacrimogeni per disperdere le proteste. Sempre sui social si stanno anche diffondendo video di donne iraniane che si tagliano i capelli ed in alcuni casi addirittura bruciano hijab, protesta simbolica per il fatto che la giovane - in vacanza con la famiglia a Teheran da una provincia del nord ovest del Paese - è stata fermata da una delle pattuglie “della moralità” perché dal velo le sfuggiva una ciocca di capelli. 

Professioniste e lavoratrici protestano a gran voce e con coraggio, mettendo a rischio la loro vita. Tra le donne che partecipano alle proteste ancora oggi, ci sono altre vittime, almeno 4, come denunciato anche su Twitter in questo post: 

L'Onu denuncia "la violenta repressione" alle manifestazioni in Iran a seguito della morte di Mahsa. "L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ad interim, Nada Al-Nashif, ha espresso preoccupazione per la sua morte e per la reazione violenta delle forze di sicurezza alle manifestazioni che ne sono seguite", si sottolinea in un comunicato dell'Alto Commissariato, in cui si chiede un'indagine "tempestiva e indipendente" sulla morte della giovane appartenente alla minoranza curda. La questione mette in imbarazzo non poco il presidente Raisi che oggi partecipa al vertice Onu a Palazzo di Vetro.

La portavoce dell'Alto Commissario, Ravina Shamdasani, ha confermato che " tra le due e le cinque persone sono state uccise" durante le manifestazioni di protesta, dove la polizia ha usato "proiettili veri" e gas lacrimogeni. Anche il capo della diplomazia europea, Joseph Borrell, ha condannato la morte di Mahsa considerandola “inaccettabile”, facendo appello a che si trovino i responsabili.

La Francia ha definito "profondamente scioccante" l'arresto e la morte in custodia di Masha. Il ministero degli Esteri condanna questo arresto e le violenze che ne sono seguite. 

Nei paesi dove è forte la repressione, gli attivisti denunciano sui social. La giornalista iraniana e attivista Masih Alinejad ha postato su Twitter un video, scrivendo che "le donne iraniane mostrano la loro rabbia tagliandosi i capelli e bruciando i loro hijab per protestare contro l'uccisione di Masha Amini ad opera della polizia dello hijab". L'attrice Anahita Hemmati fa la stessa cosa su Instagram.

"Dall'età di 7 anni - ricorda l'attivista - se non ci copriamo il capo non possiamo andare a scuola o avere un lavoro. Siamo stufe di questo regime di apartheid di genere". "The Handmaid's Tale di Margaret Atwood non è una finzione per le donne iraniane, è la realtà", ha aggiunto riferendosi al libro della scrittrice canadese, scritto negli anni ottanta ispirandosi proprio all'Iran, e rilanciato ora dalla serie tv che si immagina un regime che segrega le donne negli Usa, pubblicando video degli agenti della polizia morale, molti dei quali donne, che aggrediscono e picchiano donne ritenute in violazione delle regole. 

Violenze di questo genere sono diventate all'ordine del giorno in Iran da quando nelle scorse settimane il presidente conservatore, Ebraihim Raisi, ha ordinato una stretta nell'applicazione più rigide delle leggi islamiche, in particolare l'obbligo del velo che, introdotto al tempo della rivoluzione islamica 1979, negli anni ha cominciato ad essere ignorato, o interpretato in modo più liberale, in particolare nelle grandi città. Il presidente ha comunque aperto un'inchiesta sull'accaduto.

 

Dall'età di 7 anni se non ci copriamo il capo non possiamo andare a scuola o avere un lavoro, siamo stufe di questo regime di apartheid di genere

Masih Alinejad