Verso il voto

Tra Giorgia Meloni e Enrico Letta molte distanze ma il confronto è senza acuti

I due leader ospiti nel pomeriggio del Corriere della Sera. Le maggiori distanze su lavoro e reddito, pnrr, Europa e diritti. Porte chiuse da entrambi a un nuovo governo di unità nazionale

Tra Giorgia Meloni e Enrico Letta molte distanze ma il confronto è senza acuti
IMAGOECONOMICA
Enrico Letta, Giorgia Meloni, Luciano Fontana

Forse perché trasmesso sul web e non in televisione, forse per il carattere dei due contendenti, il primo (e forse unico) faccia a faccia di questa campagna elettorale tra la presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni e il segretario del Partito democratico Enrico Letta è stato molto pacato, forse troppo, e l'impressione è che difficilmente possa influenzare significativamente le decisioni degli elettori. 

I due leader, rispondendo alle prime domande del direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, si sono trovati concordi sulla collocazione europeista e atlantista dell'Italia, sulle sanzioni alla Russia che funzionano e vanno confermate, sul sostegno all'Ucraina che non deve venire meno e sulle ricette per contrastare al caro-bollette. Le distanze maggiori sono emerse sull'Unione europea, sul Pnrr, su lavoro e reddito di cittadinanza. Si sono attaccati a vicenda sulle alleanze, sulle migrazioni, sulle riforme costituzionali. Sul finale un momento di distensione, con il punto che più li avvicina: un no “all'unisono” a un governo di unità nazionale dopo il 25 settembre, pronunciato da entrambi con il sorriso sulle labbra.

Anche look entrambi i contendenti fanno scelte sobrie:  capelli raccolti a coda di cavallo, camicia verde acqua e orecchini a forma di fiore abbinati per lei, completo blu e cravatta in tinta per lui.

In due ore di domande e risposte, nessuna parola forte, le distanze politiche emergono senza troppe scintille. Il segretario Pd accusa l'ex ministro della Gioventù di voler "aggiornare" il Pnrr, mettendo così a rischio la credibilità dell'Italia a Bruxelles. "Il Portogallo - è la replica - lo ha chiesto e Gentiloni ha detto che è molto interessante. E noi non possiamo farlo? Bisogna utlizzarlo di più sul tema dell' approvigionamento energetico". Gentiloni poco dopo risponderà “Chi l'ha detto?” ai cronisti che gli chiederanno conferma che Lisbona avrà la sua modifica.

Letta all'attacco anche sui rapporti privilegiati della leader di Fratelli d'Italia con l'Ungheria di Orban, e con chi vuole "un Europa basata sui veti". "Noi vogliamo - sottolinea - un' Italia che conti in Europa , non che protesti. Come Draghi, che è andato a Kiev con Macron e Scholz: quella è la fotografia. Un'Italia che conta non che pone il veto con Polonia e Ungheria, anche perché noi abbiamo l'Euro".

Sull'Europa si registrano i primi attriti: "Non è vero che FdI ha sostenuto il Next generation Eu. È una cosa falsa, FdI non ha mai votato a favore", affonda Letta. Meloni si gioca allora la prima replica: "La posizione di Fdi sul Pnrr è sempre stata la stessa in Europa e in Italia. Non abbiamo mai votato contro, ci siamo astenuti in un passaggio in Europa, e in Italia perché il documento è arrivato all'ultimo momento e noi volevamo prima leggerlo, le persone serie fanno così".  I due si trovano poi quasi d'accordo sul dossier energia: sì al price cap sul gas e al disaccoppiamento del prezzo. Freddi entrambi sullo scostamento di bilancio, che finirebbe con il mettere il Paese sotto scacco della speculazione internazionale. Diverse, invece, le ricette sulla gestione dei flussi migratori: bisogna "distinguere tra i profughi che hanno diritto di asilo dai migranti irregolari. Quando c'è stata la sovrapposizione è stato fatto un disastro. Non possiamo farci fare la selezione di ingresso dagli scafisti - sottolinea la presidente di Fdi - L'immigrazione si gestisce con il decreto flussi".  "Noto che la parola blocco navale non è stata usata - punge Letta - perché è talmente evidente che è inapplicabile e che il governo di un grande paese europeo non può dire cosa del genere".

Alla domanda di Fontana su lavoro e politiche sociali, Letta risponde: “La vera emergenza migratoria oggi sono i ragazzi che vanno all'estero a cercare lavoro. Bisogna eliminare gli stage come strumento di accesso al lavoro. Servono contratti di primo impiego che consentano ai giovani di uscire di casa a 20-24 anni come in Germania o in Svezia, non a 30. Lotta alla precarietà vuol dire poi applicare un salario minimo: la dignità del lavoro è fondamentale. Il reddito di cittadinanza? Una misura di contrasto della povertà è fondamentale, ma deve cambiare sul rapporto con il lavoro, su cui non ha funzionato”. 

Meloni afferma di non credere "che il salario minimo risolva il problema. I contratti collettivi hanno già dei minimi. La ragione dei salari bassi in Italia è la tassazione troppo alta. Va abbassato il cuneo fiscale per i redditi fino a 35 mila euro. L'altro grande obiettivo è favorire l'assunzione: alle imprese dobbiamo dire, più assumi meno tasse devi allo Stato. L'errore del reddito di  cittadinanza è mettere sullo stesso piano chi non è in condizione di lavorare e chi lo è".

I duellanti si dividono poi sulle riforme costituzionali: "Noi abbiamo proposto il semipresidenzialismo alla francese perché era la proposta uscita dalla Bicamerale D'Alema. Letta dice che vogliamo pieni poteri? Allora Massimo D'Alema voleva pieni poteri? Le riforme si possono fare solo se sono d'accordo loro? Questo tempo credo stia per finire. Discutiamo del tipo di riforma, ma la riforma va fatta", avvisa Meloni. "Il nostro paese ha una Costituzione scritta figlia della resistenza e dell'antifascismo. Una costituzione che ha salvato l'Italia per tutti questi anni - replica Letta - Con il sistema che abbiamo oggi Draghi e il governo Draghi hanno funzionato. Io farò di tutto perché la Costituzione non venga mai cambiata". Il segretario Pd, però, propone una riforma sulla giustizia: sì a "un'Alta corte sopra il Csm che faccia un controllo superiore con tutti equilibri e compensazioni" e a un vicepresidente del Csm "nominato su indicazione del presidente della Repubblica".

Meloni, prima difende l'idea che sia giusto rivendicare la tutela "dell'interesse nazionale". Poi sul premier magiaro è molto prudente: "Ho buoni rapporti con Orban ma il suo partito sino a ieri era nel Ppe, non nel mio partito, quello dei conservatori. Saremo dialoganti con tutti ma c'è un problema di riequlibrio dell'asse franco-tedesco, quindi dovremo parlare con paesi mediterranei come con quelli dell'est. Soluzione è avvicinarli: no a Europa di serie A e di serie B".

Dopo dieci domande a cui i due leader hanno risposto uno per volta nello stesso tempo, Fontana ne rivolge alcune individuali, e sono la tematica dell'ambiente e quello dei diritti civili a fare alzare un poco i toni. Letta accusa la destra di essere negazionista sulle tematiche ambientale, Meloni respinge fermamente l'accusa e mette in dubbio la scelta dell'elettrico per la mobilità: "Lo produce la Cina consumando carbone". Poi parte un siparietto sul pullman elettrico su cui il segretario del Pd viaggia durante la campagna elettorale: "'T'ha lasciato a piedi...", stuzzica la Meloni. "Non mi ha lasciato a piedi - puntualizza subito Letta - abbiamo tre mezzi che vengono usati in modo alternativo. Quindi è una fake news del tuo sistema mediatico". Qui Meloni ride e domanda "e quale sarebbe il mio 'sistema mediatico'?", con Letta che precisa "Libero e Giornale".

 Sui diritti civili Meloni si dice contraria all'adozione per le coppie omogenitoriali: "A bambini che hanno già sofferto bisogna garantire il massimo, che per me è un padre, una madre, la stabilità della coppia". "Ai bambini conta che sia dato amore, ma tu vuoi normare questo amore", replica Letta.

Due degli esclusi del faccia-a-faccia, intanto, cercano di rubare la scena. All'alleata, che nel corso del confronto ha detto che lo scostamento di bilancio sarebbe “un'extrema ratio”, il segretario della Lega Matteo Salvini manda a dire  “Servono soldi, subito, non capisco perché Giorgia tentenni. La preoccupazione degli italiani in questo momento sono le bollette. Si devono mettere sul tavolo 30 miliardi di euro per aiutare gli italiani a pagare le bollette. Subito. Chi dice no a un intervento non conosce il proprio paese. Come si fa a non capire? Occorre mettere ora 30 miliardi a debito, come abbiamo fatto con il Covid, in attesa che l'Europa intervenga nei prossimi mesi". 

Il leader di Azione Carlo Calenda invece si inventa un contro-dibattito sui suoi canali social per dire la sua sui temi toccati dal confronto ospitato dal Corriere, a suo dire troppo conciliante: "Un dibattito fra Sandra e Raimondo senza alcun senso", è il suo giudizio tranchant.  “Ci sono due leader di partito che non possono garantire per il resto della coalizione che sulla politica estera ci sarà sempre una linea comune. Noi abbiamo sempre avuto una posizione chiara: nessuna delle persone che candidiamo voterà mai una cosa diversa”. Calenda ha evidenziato poi come i due leader non abbiano detto nulla sul rigassificatore di Piombino.