Al Nazareno

Direzione Pd, passa la linea di Letta: "Congresso costituente in 4 fasi ma stesso simbolo, lo amo"

Il segretario promette un'opposizione "dura e intransigente", non nega le responsabilità nella sconfitta e affronta la "questione femminile" sollevata dalla presidente Cuppi. "Il campo largo? Pd alternativo alla destra, gli altri alternativi a noi"

Direzione Pd, passa la linea di Letta: "Congresso costituente in 4 fasi ma stesso simbolo, lo amo"
Ansa
Il segretario del Partito democratico, Enrico Letta, durante la Direzione nazionale

Un congresso costituente, da portare avanti con un lavoro di opposizione parlamentare “duro e intransigente”, e da concludere entro l'inverno o all'inizio della primavera. Tradotto, “a metà marzo”. Con questa proposta Enrico Letta chiude la lunga direzione del Pd al Nazareno, segnata dal voto finale alla relazione del segretario uscente: un’approvazione piena, che registra un solo voto contrario (Monica Cirinnà) e due astenuti.

Si farà, quindi, il congresso in quattro fasi: aperto ben oltre il Pd, con momenti di approfondimento sui principali nodi da sciogliere; e si concluderà con le primarie, alla fine dell'inverno. A stretto giro, il candidato di “Italia democratica e progressista” convocherà una nuova direzione per fissare i tempi di ogni singola tappa. È l'avvio di un percorso che dovrebbe portare, almeno nelle intenzioni, a un profondo cambiamento del partito e del suo gruppo dirigente. Non quindi un nuovo simbolo, un progetto nuovo, completamente diverso, ma una “rifondazione”. Del resto, Letta sul simbolo era stato chiaro: “Ne sono innamorato”.

La lunghissima riunione (più di ottanta interventi per oltre dieci ore), a tratti agitata e nella quale non sono mancate critiche e attacchi al gruppo dirigente, sembra quindi far trovare la quadra su come muoversi e agire nei prossimi mesi, mentre la nuova legislatura si avvia e il prossimo governo (il primo in Italia guidato da una donna) si prepara a muovere i primi passi. Ed è proprio sulla questione femminile che si consuma uno degli scontri più forti, con la presidente Valentina Cuppi (uno dei tanti non eletti) a parlare esplicitamente di “maschilismo” all'interno del gruppo dirigente. Il segretario incassa e rilancia: quello della rappresentanza di genere nel partito è un tema centrale. Per questo, propone il segretario dimissionario, anche i prossimi capigruppo al Senato e alla Camera siano donne, come aveva deciso già nella legislatura appena conclusa. Una proposta che però non piace a uno dei veterani, Luigi Zanda, per il quale devono essere i gruppi parlamentari a decidere.

La presidente del Partito democratico Valentina Cuppi Ansa
La presidente del Partito democratico Valentina Cuppi

La linea di Letta è quindi blindata fino all’inaugurazione del nuovo Parlamento: probabilmente, le due presidenti dei gruppi, Malpezzi e Seracchiani, saranno prorogate almeno fino all'elezione della nuova segreteria. Ora è tempo di fare opposizione, ricorda il segretario dem, che chiama il partito alla mobilitazione: “Togliamoci il doppiopetto, vestiamo subito le vesti dell'opposizione, cambiamo subito mentalità. Per essere opposizione dobbiamo essere istituzionali, propositivi, ma essere opposizione. L'opposizione ci farà bene, ci consentirà di rigenerarci e ripensare il nostro futuro in raccordo con il nostro Paese”.

Debora Serracchiani Ansa
Debora Serracchiani

Per farlo è necessario “un nuovo gruppo dirigente, formato da nuove generazioni”, risorse “che il Pd ha”. Ma Letta mette in guardia: ciò non significa “concorsi di bellezza ma un percorso che ci consenta di affrontare i nodi che abbiamo davanti in profondità. Il confronto fra candidature farà bene al partito”. Nel ribadire questi punti, il leader non sposa le visioni più catastrofiche, per cui la sconfitta è stata profonda, drammatica, irrecuperabile e che vada gettato tutto, “il bambino e l’acqua sporca”. Il partito è vivo, sembra dire Letta, va solo ricostituito e riprogrammato. “Credo che sia stato un successo far nascere il Pd, è stato e sarà una storia positiva per il Paese” chiarisce il segretario.

E si toglie qualche sassolino dalle scarpe: “Siamo gli unici ad aver fatto elezioni in alternativa alla destra, tutti gli altri hanno fatto elezioni in alternativa a noi”. A pesare sulla sconfitta, il sogno sfumato del ‘campo largo’, che ha reso impossibile il presentarsi all'appuntamento elettorale dentro a una alleanza larga. “Un campo ha vinto perchè è stato unito, il nostro campo invece non lo è stato nonostante il lavoro di mesi ed anni per costruire il campo largo, una larga unità, unica condizione con la quale si sarebbe potuto vincere”. Ma il Partito democratico, ricorda Letta, è pur sempre il “partito guida dell’opposizione, il secondo partito in Italia e il primo tra quelli che non fanno parte della maggioranza”. Questo giustifica e motiva il lavoro che va cominciato adesso, in vista delle prossime pagine da scrivere. In soldoni, ricominciare a parlare con “quelle fasce di popolazione che non ce la fanno, non solo con quelli che ce la fanno”. E, sognando la sua opposizione intransigente contro “un governo che mostra già adesso le sue difficoltà. E non è ancora nato”, Letta prevede (o forse spera): “La luna di miele del governo con il paese sarà breve: la situazione sociale è fortemente deteriorata dalla guerra e dalla crisi economica”. Quindi avanti con le prossime tappe, la rifondazione, il cantiere aperto: c’è vita nel Partito democratico.