Il caso della giovane sportiva iraniana

Elnaz Rekabi torna a Teheran, all’aeroporto una folla esultante: “Il mio gesto è stato involontario”

La scalatrice ha rassicurato alla tv di Stato, ha detto di aver gareggiato a Seul senza hijab “non intenzionalmente”. Ma per il mondo è diventata un’eroina, lei e molti altri atleti

L’agenzia di stampa iraniana Fars si è chiesta provocatoriamente perché i media "occidentali, sionisti e sauditi" non abbiano prestato attenzione alle vittorie delle donne iraniane che indossavano il velo nell'atletica e nel sollevamento pesi ai Giochi Asiatici in questi giorni, ma invece “hanno messo in evidenza le prestazioni di una ragazza con un comportamento non convenzionale". 

Il perché è presto detto: i media liberi trascurano di elogiare i risultati sportivi di un Paese che sta reprimendo nel sangue una ribellione giusta e illuminano invece la storia di uno scricciolo leggero che scala montagne come una tarantola, una ragazza che a Seul il 15 ottobre ha affrontato una parete colorata sventolando una coda di capelli che gridava vendetta. 

Elnaz Rekabi, è una scalatrice dell’89 che nessuno conosceva, che ai Giochi Asiatici si è piazzata solo al nono posto, ma per mezzo mondo ha vinto l’oro del coraggio. Per questo i media si sono interessati e lei, per questo ad attenderla questa nella notte a Teheran c’era una folla che inneggiava alla libertà. Alla tv di Stato iraniana ha dichiarato che il velo non l’aveva messo per la fretta, “chiamata inaspettatamente” in gara, preoccupata più per la sua attrezzatura tecnica.

Ieri il suo post rassicurante su Instagram non aveva convinto, un testo su sfondo nero e di lei nessuna traccia. 

La portavoce dell'ufficio delle Nazioni Unite dell'alto commissario per i diritti umani, Ravina Shamdasani, ha affermato che le Nazioni Unite hanno sollevato preoccupazioni con le autorità iraniane: "le donne non dovrebbero mai essere perseguite per ciò che indossano. Non dovrebbero mai essere soggette a violazioni come la detenzione arbitraria o qualsiasi tipo di violenza riguardo a ciò che indossano". 

Rekabi è la seconda iraniana ad essere apparsa in una competizione senza velo, prima di lei la pugile Sadaf Khadem in un incontro in Francia nel 2019. Khadem non è mai più tornata nel suo Paese e ora vive in esilio perché per lei e il suo allenatore, il campione del mondo Mahyar Monshipour, hanno avuto due mandati d’arresto in Iran. Alle domande dei giornalisti in Francia, sulla situazione a Teheran, non aveva voluto rispondere fino ad ora, per la paura di mettere in pericolo la sua famiglia rimasta a casa. Perché lei sa che le ritorsioni sui parenti sono un metodo consolidato laggiù. 

È successo anche a Rekabi, suo fratello è stato arrestato ieri, subito dopo il gesto rivoluzionario a Seul. Ma poi Khadem alla fine ha parlato, il 17 ottobre ad Arab news, tra le altre cose, ha detto: “se non parlo oggi me ne pentirò domani. Sono al fianco del popolo iraniano fino al giorno in cui l'Iran sarà libero. Sono il loro soldato, sono una campionessa agli occhi del popolo iraniano. Sono al loro fianco fino alla fine per la libertà e per i diritti umani”. Le proteste delle donne iraniane hanno acceso la sensibilità di tutto lo sport, anche noti calciatori si sono esposti dopo che l’ex nazionale Hossein Mahini è stato arrestato e l'ex capocannoniere mondiale Ali Daei è stato privato del passaporto. La Nazionale tutta ha espresso solidarietà indossando giacche nere lo scorso 27 settembre mentre suonava l’inno sull’erba austriaca, e poi quando Sardar Azmoun, star del Bayer Leverkusen, ha segnato il pareggio contro il Senegal, non ha festeggiato.

Mohamed Ali Karimi, 43 anni, pallone d’oro nel 2004 soprannominato il Maradona d’Asia, ex capitano della Nazionale, con trascorsi anche nel Bayern Monaco si era esposto sui suoi canali social spiegando anche come utilizzare le Vpn (reti private virtuali) per aggirare la censura web del regime iraniano e sollecitato tutti alla protesta. È stato incriminato in contumacia.

Voria Ghafouri era una star del pallone in Iran, capitano dell’Esteghlal FC, non gli è stato rinnovato il contratto perché in diverse occasioni si era mostrato apertamente critico contro il governo. Come quando era entrato in uno stadio con la maglia in onore di Sahar Khodayari, una tifosa si è data fuoco tre anni fa davanti a un tribunale di Teheran per protestare contro il divieto per le donne di entrare negli stadi (è la storia di Blue girl, anche questa merita di essere approfondita).

Probabilmente questo non è che l’inizio, tra un mese cominciano i mondiali in Qatar. L’Iran partecipa e tutto fa pensare che i media occidentali avranno ancora tanto da raccontare in merito alle imprese degli atleti, non solo quelle sportive.