Era il 27 ottobre del 1962

Sessant'anni dalla morte di Mattei, l'uomo che inseguiva l'indipendenza energetica italiana

Con la sua politica autonoma Mattei, il presidente dell'Eni, infastidiva le “sette sorelle”, come lui stesso le definì, ossia il cartello formato dalle compagnie petrolifere mondiali

Sessant'anni dalla morte di Mattei, l'uomo che inseguiva l'indipendenza energetica italiana
Ansa
Enrico Mattei

Era la sera del 27 ottobre del 1962. Sopra i cieli di Bascapè, comune da meno di duemila abitanti nel Pavese nordorientale, alcune persone vedono un piccolo aereo precipitare al suolo ed esplodere tra fuoco e fumo. 

Nessun segnale di allarme, nessun SOS. Un volo in picchiata e un boato, con i rottami sparsi dappertutto tra i campi. Una “fiammata improvvisa”, la definirono i testimoni. 

Non un velivolo qualsiasi: quello era un Morane-Saulnier 760, di fabbricazione francese. Partito da Catania e diretto a Milano Linate. Tre le persone a bordo: il pilota Imerio Bertuzzi, il giornalista americano William McHale e il presidente dell’Eni, Enrico Mattei. Quello era il suo aereo privato.

Diverse le ipotesi su quello che accadde veramente la sera di sessant’anni fa. A cominciare dalla pellicola “Il caso Mattei”, diretta da Francesco Rosi.

Il regista si avvalse anche della consulenza di Mauro De Mauro, il giornalista dell’Ora di Palermo fatto sparire dalla mafia il 16 settembre del 1970, proprio perché, si ritiene, avesse scoperto dinamiche e mandanti di quello che sembrava più un attentato che un incidente. 

Lo scorso anno, poi, il giornalista Michele Santoro ha riportato le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Avola: “A mettere la bomba sull’aereo di Mattei sono stati i mafiosi Francesco Mangion e Nitto Santapaola, per incarico di Giuseppe Calderone su richiesta di Cosa Nostra americana”, si legge.

Quello contro Enrico Mattei sarebbe stato, quindi, un attentato mafioso. Con la sua politica autonoma Mattei infastidiva le “sette sorelle”, come lui stesso le definì, ossia il cartello formato dalle compagnie petrolifere mondiali che dominarono per fatturato la produzione petrolifera di tutto il pianeta dagli anni 1940 sino alla crisi del 1973.

Enrico Mattei Ansa
Enrico Mattei

Mattei, però, era anche stato minacciato dall’Oas, la Organisation de l’Armée Secrète per il suo sostegno alla causa dell’indipendenza algerina.

Bisogna fare un salto indietro di 17 anni rispetto a quella tragica sera del 1962 per capire quanto la morte di Mattei abbia messo la parola fine al progetto di indipendenza energetica italiana

Nominato nel 1945, nell’immediato dopoguerra, a capo dell’Agip, l’ente petrolifero creato dal fascismo, con il compito di liquidarla, Enrico Mattei decide di tenerla in vita. 

La sua scelta è dovuta al ritrovamento di una relazione che afferma che la Val Padana nasconde importanti risorse energetiche. Riprese le trivellazioni, l’Agip trova soprattutto metano

Fu una rivoluzione, perché questo gas consentì di fornire all’industria energia a basso prezzo. 

Per Mattei quello altro non era che il punto di partenza per la creazione di un centro di potere, al servizio dello Stato e degli italiani, che gli ha poi dato modo di impostare su nuove basi i rapporti con i Paesi produttori di petrolio. 

La sua politica, che si reggeva su giuste intuizioni e che portò avanti con straordinaria energia e spirito imprenditoriale scatenò la reazione rabbiosa di chi sentì i propri interessi colpiti. 

Che siano stati proprio questi a decretare la morte di Mattei, è l’interrogativo che pesa sulla sua morte.

Nonostante due indagini a Pavia e i processi paralleli in Sicilia, nomi e volti di mandanti ed esecutori di quello che accadde il 27 ottobre del 1962 sono rimasti ignoti.