L'intervista

Il ritiro sociale degli adolescenti. La psicoterapeuta: "Sono circa 120mila, hanno bisogno di aiuto"

La specialista Maria Pontillo spiega come riconoscere ed aiutare i ragazzi che non escono di casa

Il ritiro sociale degli adolescenti. La psicoterapeuta: "Sono circa 120mila, hanno bisogno di aiuto"
(Pixabay)
depressione adolescenziale

Non frequentano gli amici, non vanno più a scuola e nemmeno in palestra. Non cenano in famiglia, non condividono, in un certo senso “spariscono nel nulla”. Il loro orizzonte resta confinato tra le pareti della propria stanza. E’ questo il dramma vissuto da tanti, troppi adolescenti che oggi sono alle prese con il cosiddetto fenomeno del ritiro sociale, una condizione di profonda sofferenza emotiva vissuta da circa 120 mila ragazzi

“Il ritiro sociale è una psicopatologia sommersa”, avverte Maria Pontillo, psicoterapeuta di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma che a questo argomento ha dedicato anche un volume insieme a Stefano Vicari “Adolescenti che non escono di casa”.

Questi ragazzi raramente hanno eccessi di rabbia o compiono dei gesti tali per cui arrivano al Pronto soccorso per cure psichiatriche immediate. Possono arrivare ad evitare i contatti con l’esterno anche per 4-5 anni. Molto spesso i genitori non sono in grado di riconoscere tempestivamente il problema e chiedere aiuto”.

Cause e fattori di rischio

“Il ritiro sociale è la punta di un iceberg, l’effetto di una serie di difficoltà psicologiche di base tra cui ansia da prestazione o umore depresso con apatia e difficoltà a prendere iniziative. Anche il bullismo è un fattore di rischio. Nella famiglia possono esserci condizioni predisponenti come genitori eccessivamente protettivi, che non consentono al bambino di sperimentarsi in autonomia” spiega Maria Pontillo.

L’età più critica è quella dei 15 anni, passaggio tra scuole medie e superiori. Una fase delicata in cui l’adolescente prende le distanze dal nucleo familiare e cerca un nuovo riferimento nel gruppo dei pari. Non sempre avviene in maniera lineare. 

Pandemia e ritiro sociale

“I ragazzi che soffrono di ritiro sociale nella prima fase pandemica, in realtà, hanno tirato un sospiro di sollievo, hanno percepito meno la loro condizione a causa della restrizione sociale collettiva. Per chi invece stava affrontando un percorso la pandemia ha significato regredire a una condizione di estrema vulnerabilità e di paura del mondo esterno” aggiunge la specialista.

Spesso l’unica forma di interazione accettata da chi soffre è quella mediata da Internet.

I campanelli d’allarme

“I genitori possono notare inizialmente una frequenza scolastica discontinua e un progressivo disinteresse per amici e attività extrascolastiche. Un altro segnale è l’alterazione del ciclo fisiologico sonno-veglia. I ragazzi restano svegli tutta la notte e dormono di giorno. Situazioni comuni come una festa di compleanno, la pizza con gli amici, la recita a scuola, l’interrogazione possono scatenare crisi di ansia” spiega la psicoterapeuta. 

Intervento

E’ fondamentale chiedere aiuto. Genitori e insegnanti devono subito segnalare una frequenza scolastica discontinua allertando i genitori. Fondamentale è capire le cause. “Ai genitori chiediamo di non considerare la chiusura come un aspetto fisiologico legato all’adolescenza ma di coinvolgere gli specialisti. Anche i coetanei possono contribuire, guidati dagli adulti. Sentirsi parte di un gruppo, la condivisione emotiva di interessi ed attività è fondamentale per gli adolescenti, un fattore protettivo anche per la prevenzione di atti autolesionistici”, conclude Pontillo.