Cina, è morto l'ex presidente Jiang Zemin: guidò la modernizzazione del Paese

È stato il leader più importante dagli anni '90 all'inizio del Duemila. A lui si deve l'ingresso del Paese nell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) nel 2002

Cina, è morto l'ex presidente Jiang Zemin: guidò la modernizzazione del Paese
Ap
L'ex presidente cinese Jiang Zemin

L'ex presidente cinese Jiang Zemin è morto a Shanghai, all'età di 96 anni. Jiang Zemin era malato di leucemia e ha accusato un'insufficienza multiorgano.

Jiang Zemin è stato il presidente della Repubblica Popolare Cinese per due mandati, dal 1993 al 2003. Nella sua carriera politica ha ricoperto varie cariche rilevanti, tra cui quella di sindaco di Shanghai (1985) e segretario generale del Partito Comunista Cinese (1989). 

È considerato uno dei massimi artefici della nuova assimilazione dell'economia capitalistica in un sistema comunista, nonché il leader più importante della Cina dagli anni '90 all'inizio del Duemila. Infatti si deve a lui l'ingresso del Paese nell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) nel 2001.

In suo onore sugli edifici pubblici cinesi, le principali sedi del Partito comunista e del governo, sventoleranno bandiere a mezz'asta. La direttiva, emanata dal comitato per l'organizzazione dei funerali, si applica da oggi fino alla fine dei funerali, il cui calendario non è ancora stato reso noto. 

In una nota ufficiale del Partito si legge che ''il compagno Jiang Zemin era un leader eccezionale che godeva di un alto prestigio riconosciuto da tutto il Partito, dall'intero esercito e dal popolo cinese di tutte le etnie,  un grande marxista, un grande rivoluzionario proletario, statista,  stratega militare e diplomatico, un combattente comunista di lunga  data e un leader della grande causa del socialismo cinese''. Viene quindi ricordato come ''il fulcro della terza generazione della leadership collettiva centrale del Pcc e il principale fondatore della Teoria dei Tre Rappresentanti''.

Negli anni in cui guidò il Paese, Jiang Zemin si pose l’obiettivo di ripristinare la stabilità politica, messa a dura prova dalle manifestazioni e proteste studentesche e popolari del 1989, e di guidare la Cina fuori dall'isolamento mondiale.

Fu eletto Segretario generale del partito, dopo Zhao Ziyang, pochi giorni dopo gli eventi di piazza Tienanmen e pochi mesi dopo divenne il Presidente della Commissione militare del partito. Due cariche che gli spianarono la strada come "leader della “terza generazione” del Pcc (dopo Mao Zedong e Deng Xiaoping). Il suo primo compito fu quello di rassicurare la comunità internazionale sugli intenti pacifici della Cina e sulla volontà di proseguire con le riforme di mercato. Una strategia vincente visto che riuscì a ottenere, nel 2001, l’assegnazione delle Olimpiadi di Pechino del 2008 e poi l’ingresso nello stesso anno nell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Supervisionò il ritorno delle colonie europee di Hong Kong e Macao al dominio cinese.

Elaborò la teoria delle tre rappresentanze, adottata dal XVI Congresso del PCC nel proprio Statuto, e che quindi divenne parte integrante della costituzione politica cinese, ma che fu criticata in quanto ritenuta un simbolo del culto della personalità di Jiang.

Secondo lui l’esperienza che si doveva trarre dalla storia del Pcc era che il sostegno del popolo al partito era dovuto al fatto che questi rappresentava le forze produttive avanzate del paese, l’orientamento della cultura avanzata e gli interessi fondamentali della stragrande maggioranza del popolo cinese.

Il governo di Jiang continuò la repressione del dissenso interno: incarcerò attivisti per i diritti umani e per la democrazia e mise al bando il movimento spirituale Falun Gong, considerato una minaccia al monopolio del potere del Partito Comunista.