Seconda settimana di lavori della Conferenza Onu

Cop27, la prima bozza del documento sugli accordi per "perdite e danni" del riscaldamento globale

In salita la strada per arrivare a un accordo, venerdì 18. Sul tavolo due opzioni: nominare una commissione ad hoc oppure procedere a un negoziato meno strutturato. Spaccatura anche tra chi vuole risultati già da ora e chi si concentra sul processo

Cop27, la prima bozza del documento sugli accordi per "perdite e danni" del riscaldamento globale
Ufficio Stampa Rai
La Rai alla Cop27: il Padiglione del Mediterraneo

Una prima bozza di documento sulla istituzione di un fondo per ristorare le perdite e i danni (Loss&Damage) del riscaldamento globale è stata pubblicata sul sito della Convenzione quadro delle Nazione Unite sui cambiamenti climatici, l'agenzia dell'Onu per il clima. La bozza è stata preparata dopo la prima settimana di negoziato alla Cop27 di Sharm el-Sheikh. Il documento di lavoro prevede l'avvio di un processo di due anni, che porti all'attuazione del fondo nel 2024. Sul processo sono indicate due opzioni: la nomina di una commissione ad hoc, oppure un negoziato meno strutturato, affidato a vari organismi sotto la regia della Convenzione quadro medesima.

Secondo ECCO, il think tank italiano per il clima, “nel negoziato c'è una distinzione tra chi vuole focalizzarsi sul processo, per arrivare a una decisione nel 2024, portato avanti dai Paesi sviluppati; e chi vorrebbe dei risultati concreti già ora, qui alla Cop27, portato avanti dai Paesi in via di sviluppo”. La bozza, prosegue ECCO, “presenta varie opzioni da dove potrebbe provenire il finanziamento per i Loss&Damage e quali processi includere, ma non prende alcuna decisione su quale risultato, procedurale o di sostanza, si dovrà perseguire qui alla Cop27. Quindi la discussione continua nei prossimi giorni”.

Chiara Di Mambro, che appartiene al think tank, ritiene che “il problema nel negoziato è definire quanto di un evento meteorologico estremo è effettivamente dovuto al clima, poi trovare un metodo per quantificare i danni e le perdite, decidere per quanto tempo si dovranno versare i fondi, infine come quantificare il ristoro di queste perdite e danni”. I Paesi più ricchi, nello specifico, vogliono una definizione molto precisa delle modalità di erogazione dei ristori, temendo esborsi eccessivi. E questo ovviamente rallenta il processo di formazione del fondo.

Sameh Choukri, presidente della Cop27 Afp
Sameh Choukri, presidente della Cop27

Il lavoro della seconda settimana della Cop27

È quindi tutta in salita la strada che dovrebbe portare, nella seconda settimana di negoziati in sede Cop27, in corso a Sharm el-Sheikh, a un accordo tra i delegati che partecipano alla Conferenza internazionale sul clima. “Rimane molto lavoro per superare” le divisioni tra Paesi ricchi, maggiormente responsabili del riscaldamento, e quelli poveri, che chiedono aiuti e riconoscimento dei “danni e pregiudizi” subiti. Lo ha detto, in apertura dei lavori, il presidente della Conferenza, Sameh Choukri, precisando che “su alcuni punti abbiamo concluso, ma rimane ancora molto da fare se vogliamo ottenere risultati significativi e tangibili di cui andare fieri. Dobbiamo cambiare velocità”.

Al summit, che dovrebbe concludersi venerdì 18 con la firma di un accordo, i nodi da risolvere riguardano principalmente il calo delle emissioni, l'adattamento agli effetti prevedibili del cambiamento climatico e l'aspetto finanziario collegato ai Loss&Damage citati più sopra, che spesso colpiscono le nazioni più povere e sono in parte inevitabili. L'altra questione cruciale è il posto dei combustibili fossili in Africa in un contesto di transizione energetica globale.

Un'altra immagine di Choukri, presidente della Cop27 gettyimages
Un'altra immagine di Choukri, presidente della Cop27

“I popoli e il pianeta attendono da questo processo che mantenga le promesse. Dobbiamo costruire i ponti necessari per progredire sul limite del riscaldamento a 1,5°C, sull'adattamento, il finanziamento, le perdite e i danni” ha sottolineato su Twitter il capo dell'Agenzia Onu per il clima, Simon Stiell. Un anno fa, alla precedente Cop26 di Glasgow, circa 200 Paesi si sono impegnati a “mantenere in vita” l'obiettivo più ambizioso dell'Accordo di Parigi, firmato nel 2015, vale a dire limitare il riscaldamento globale a +1,5°C rispetto all'era preindustriale, aumentando gli impegni di riduzione dei gas serra per la Cop27. Ma finora meno di 30 lo hanno fatto, mettendo il pianeta sulla strada di un riscaldamento di +2,4 gradi.

Per invertire la rotta, la prima settimana del vertice di Sharm el-Sheikh non ha visto molti annunci, ad eccezione del Messico. Secondo diversi osservatori, Cina e Arabia Saudita hanno addirittura manifestato la loro riluttanza, già espressa in passato, a vedere nella dichiarazione finale il riferimento all'obiettivo di +1,5°, insistendo piuttosto sull'obiettivo principale dell'Accordo di Parigi di “rimanere significativamente al di sotto” di +2 gradi.