Donna Vita Libertà

Il rapper curdo Saman Yasin condannato a morte per aver sostenuto Mahsa Amini

Nelle sue canzoni il sostegno per Donna, Vita, Libertà. La magistratura iraniana lo accusa di fare "guerra contro Dio", reato che prevede la pena capitale. Ancora sconosciuta la data dell'esecuzione. L'allarme di Onu e Amnesty

Questa canzone è per Mahsa, è per le esecuzioni, per gli spari, per le urla, come il leone, come la notte, per il salice, per il vento, questo è per i corrotti, per il debito del popolo, questo è per la libertà dal carcere, per la ninna nanna di guerra per ogni contrabbando, questo è per l'esercito che sostiene il regime, non siamo noi gli aggressori, poliziotti o giudici, questo è per la preghiera del venerdì del Corano, per l'Imam recitatore, questo è per l'odio che c'è nel cuore di tutti, questo è per aver raggiunto questi ultimi istanti...

Sono alcuni dei bellissimi versi della canzone qui riprodotta nel coinvolgente video in cui il danzatore Morteza Hitman balla con in sottofondo una canzone del rapper Soroush Lashkari (Hichkas), molto popolare tra i giovani si trova in esilio all'estero, mentre Morteza è in Iran. Sullo sfondo la celebre Piazza Azadi (Libertà in farsi) di Teheran. 

La sorte di Yasin ricorda la vicenda di Toomaj Salehi, un altro musicista e rapper di 32 anni, anche lui in detenzione dopo essere stato arrestato il 30 settembre con due amici per aver scritto canzoni a sostegno dei manifestanti e pubblicato foto mentre cantava slogan contro le forze di sicurezza a Isfahan. L'arresto del popolare artista ha portato a petizioni online che ne chiedevano il rilascio, anche da Berlino, mentre i suoi sostenitori hanno ampiamente condiviso l'hashtag #FreeToomaj.

Cantare è possibile solo per gli uomini in Iran, mentre per le donne e vietato. 

Danzare e cantare sembrano cose normali nel resto del mondo, ma sono illegali in Iran e chi osa farlo è estremamente coraggioso o coraggiosa. 

Come in altri paesi del mondo anche i rapper iraniani denunciano e contestano le ingiustizie sociali, solo che per loro non è legale. La rivolta in nome di Mahsa Amini complica la situazione.

E' il caso del rapper curdo Saman Yassin arrestato dalla Guardia rivoluzionaria e successivamente condannato a morte dal regime degli ayatollah per aver sostenuto la protesta Donna, Vita, Libertà. Il cantante 27enne originario di Kermanshah nell'Iran occidentale, è stato arrestato a Teheran dove viveva, il 2 ottobre. Prelevato con la forza dai Pasdaran nella sua abitazione e in seguito condannato, senza tutela legale, il 29 ottobre con l'accusa di fare "guerra contro Dio", un reato perseguito con la pena di morte nella Repubblica islamica a guida sciita. 

Non è chiaro quale sia la data fissata per la sua esecuzione. Il giovane è attualmente detenuto nel carcere di Evin dove subisce, secondo media locali, torture fisiche e psicologiche.

La notizia e le foto di lui mentre apprende dell'esito della sua sentenza, mettendosi le mani nei capelli per la disperazione, hanno fatto subito il giro del mondo e creato indignazione tra i giovani iraniani e non solo.  

L'Onu lancia un appello per salvarlo dalla condanna chiedendo un'azione internazionale, mentre il regime di Teheran annuncia processi pubblici per un migliaio di manifestanti e i legislatori iraniani richiedono a loro carico punizioni esemplari. 

L'Onu insiste sul ruolo e la responsabilità della comunità internazionale nell'affrontare l'impunità per le violazioni dei diritti umani commesse in Iran, a maggior ragione per salvare quanti sono e saranno condannati a morte. 

Il timore concreto è che dopo la richiesta alla magistratura, avanzata lo scorso 6 novembre da 227 legislatori iraniani, di pene esemplari per tutti gli autori di crimini e per i rivoltosi coinvolti nelle proteste, in Iran si scateni un'ondata di esecuzioni ed ergastoli, mentre i prigionieri subiscono presumibilmente pesanti torture.  

Intanto Amnesty International Iran riferisce che le forze di sicurezza hanno ucciso illegalmente almeno 18 persone di etnia Baluchi, inclusi 2 bambini, a Khash il 4 novembre scorso. E che dal 30 settembre scorso, sono stati registrati i nomi di 100 manifestanti, passanti e fedeli, inclusi 16 bambini, uccisi nel Sistan e nella provincia del Baluchistan.