La rivolta antigovernativa

Iran, la regista Rakhshan Bani E'temad: "Governare un popolo ferito che senso ha?"

La procura convoca personaggi noti: attrici, ex deputati riformisti e coach di calcio che hanno mostrato il loro sostegno alla piazza in rivolta contro il regime. La regista Rakhshan Bani E'temad: "Mia figlia in pericolo"

Mentre sale il numero dei condannati a morte “ufficiali”, arrivato a 6, la procura "rivoluzionaria" iraniana ha convocato alcuni vip e celebrità, perché rispondano dell'accusa di aver diffuso sui social media "commenti falsi, non documentati e provocatori" in appoggio alle proteste che da oltre due mesi scuotono il paese dopo la morte, in custodia della polizia, di Mahsa Amini, arrestata per aver indossato in modo non corretto l'hijab obbligatorio. I "rivoltosi" come quelli già condannati, potrebbero essere accusati di fare “guerra contro Dio”, reato che in Iran prevede la pena capitale.

Fra le persone raggiunte dal mandato di comparizione figurano le attrici Elnaz Shakerdoust, Mitra Hajjar, Baran Kowsari, Sima Tirandaz e Hengameh Ghaziani, i due ex parlamentari riformatori Parvaneh Salahshouri e Mahmoud Sadeghi e l'ex allenatore della squadra di calcio del Persepolis Yahya Golmohammadi.

Ora decide di rompere il silenzio anche la nota regista iraniana, oggi 68enne, Rakhshan Bani-Etemad,  premiata nel 2014 a Venezia con il film Tales. La figlia della regista è tra i VIP convocati dalla magistratura di Teheran per aver preso posizione a favore dei dimostranti.

“Se fino ad oggi sono stata zitta e non ho detto una parola, è stato solo per affetto materno e amore incondizionato. Non mi sono concessa di parlare perché non volevo che il mio sostegno alle legittime proteste dei giovani cagionasse anche solo un morto in più” dice Etemad diffondendo un video sui social dalla sua casa di Teheran.

"Ma la vostra violenza non conosce fine e non conosce confini. In ogni angolo di questo Paese, ovunque, scorre il sangue di giovani e bambini abbattuti come passerotti in volo - continua la regista - Quanto ancora dovremo pazientare? Fin dove potremo sopportare? Governare un popolo straziato, inconsolabile, ferito, disarmato e ignorato… Quale merito o valore può mai avere? Io mi auguro solo una cosa: se il sangue versato da tutti questi giovani nel corso di tutti questi anni ancora non vi ha fatto rinsavire, che la morte di Kian (Pirfalak ndr), bambino innocente di appena 9 anni, vi tolga il sonno per il resto della vostra vita."

La lunga carriera di Rakhshan Bani-Etemad comincia nel 1991 con il film Nargess, con il quale vince la migliore regia al Fajr Film Festival di Teheran, divenendo la prima donna nella storia del festival a vincere il premio. 

È la prima cineasta donna a confrontarsi con la tematica della lunga guerra Iran-Iraq, documentata nel suo lungometraggio dal titolo Our Times (2002), continuerà realizzando Gilaneh (2005) per cui Etemad vive per un anno in un piccolo villaggio per osservare da vicino la vita quotidiana della popolazione sconvolta da quella guerra. Nel 2014 riceve il premio come miglior sceneggiatura al Festival di Venezia per il film Tales.

Un'immagine della guida suprema Ali Khamenei con la barba insanguinata, impiccato sull'autostrada Niayesh a Teheran Twitter
Un'immagine della guida suprema Ali Khamenei con la barba insanguinata, impiccato sull'autostrada Niayesh a Teheran

Ma questi non sono gli unici personaggi noti del mondo della cultura e dello spettacolo che si sono schierati a favore della massiccia protesta antigovernativa contro la teocrazia al governo, cominciata due mesi fa contro l'uso del velo obbligatorio per le donne. Abbiamo visto il pianto disperato dell'attrice Motamed Arya e la sfida senza velo di Taraneh Alidoosti, la battaglia dei rapper iraniani esuli e in patria. 

La protesta è divenuta trasversale e abbraccia diverse città del paese, l'età media dei manifestanti è sui 20 anni. Ragazzi che si organizzano in flash mob anche all'ultimo momento, passandosi bigliettini sui cruscotti delle auto. I loro genitori sono quelli che hanno vissuto gli ultimi 43 anni degli Ayatollah al potere. Li guardano uscire, con l'angoscia che potrebbero non tornare mai più a casa.

Disordini continuano nelle piazze e nelle università: le forze armate della Repubblica islamica iraniana hanno aperto il fuoco contro la folla di studenti delle scuole superiori della città di Dehgolan, nell'Iran nord-occidentale. Immagini e foto arrivano copiose attraverso i social media divenuti la piazza virtuale di chi cerca con forza il cambiamento. E sale il bilancio delle vittime della repressione 378, di cui almeno 58 minori - anche di otto anni - 46 ragazzi e 12 ragazze sotto i 12 anni. L'ultima foto di Kahmenei con la barba insanguinata appesa a un cavalcavia di Teheran, dice a gran voce che la protesta non si ferma.