Legge islamica

Torna la piena applicazione della Sharia, nuovo giro di vite dei talebani in Afghanistan

Esecuzioni, lapidazioni e mutilazioni per "ladri, rapitori e sovversivi". E' l'ordine del leader dei talebani Haibatullah Akhundzada, che ha già avviato un nuovo giro di vite per le donne: proibiti palestre, hammam e anche parchi pubblici e luna park

Torna la piena applicazione della Sharia, nuovo giro di vite dei talebani in Afghanistan
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Haibatullah Akhundzada, leader dei Talebani, non appare in pubblico dalla presa del potere a Kabul lo scorso anno

Piena applicazione della Sharia in Afghanistan: è l'ordine, già reso esecutivo, del leader dei talebani Haibatullah Akhundzada. Tornano quindi esecuzioni pubbliche, lapidazioni, fustigazioni e mutilazioni per "ladri, rapitori e sovversivi", così come vuole la legge islamica. Lo ha reso noto il portavoce dell'emirato islamico, Zabihullah Mujahid, all'indomani dell'incontro del leader talebano con una serie di giudici. "In quei casi in cui ricorrano le condizioni della legge questa va applicata, è la Sharia e il mio comando, che è obbligatorio", ha detto il capo dei Mullah citato dal portavoce.

"Il sistema islamico in Afghanistan è nato con la benedizione di molti sacrifici, esaurimento e martirio della popolazione. Abbiamo protetto la lotta del Jihad contro decine di Paesi occupanti", aveva detto qualche giorno fa annunciando l'intenzione di rafforzare il comandamento.

Il governo ha già avviato un nuovo giro di vite contro le donne in Afghanistan: oltre a vietare l'istruzione a donne e bambine, i talebani hanno deciso di vietare loro anche l'accesso alle palestre e agli hammam, i bagni pubblici. "Le palestre sono vietate perché gli allenatori sono maschi e si tratta di palestre miste", ha precisato il portavoce del ministero della prevenzione del vizio e della promozione della virtù, Mohammad Akif Sadeq Mohajir. Per quanto riguarda gli hammam - i bagni pubblici tradizionali arabi - "ogni casa ha una stanza da bagno, non ci sarà alcun problema per le donne", ha riferito il responsabile. La decisione arriva giorni dopo l'annuncio della proibizione per le donne di recarsi in parchi pubblici o luna park

"Con queste ulteriori limitazioni, ora le donne afghane sono letteralmente prigioniere nelle quattro mura di casa", commenta una studentessa di Kabul. "Non abbiamo scuole, non possiamo lavorare, dovremmo avere almeno un luogo in cui divertirci", si lamenta Wahida. E anche Raihana, 21 anni, che studia la Sharia all'Università, è contraria al provvedimento: "L'Islam ovviamente consente di uscire e di andare nei parchi. Quando non hai libertà nel tuo Paese, allora che senso ha viverci?"

Una domanda alla quale oggi è ancora più difficile rispondere, anche nel vicino Iran dove le donne e non solo lottano per i divieti e le ferree regole introdotte dagli Ayatollah dal 1979, anno della rivoluzione. Uno su tutti l'hijab - il velo - obbligatorio per le donne in Iran e in Afghanistan. Tutti i tentativi delle donne afgane di appoggiare la protesta per Mahsa Amini sono stati duramente repressi. 

Con queste ulteriori limitazioni, ora le donne afghane sono letteralmente prigioniere nelle quattro mura di casa. Non abbiamo scuole, non possiamo lavorare, dovremmo avere almeno un luogo in cui divertirci. L'Islam ovviamente consente di uscire e di andare nei parchi. Quando non hai libertà nel tuo paese, allora che senso ha viverci?

Testimonianze di alcune donne di Kabul

Afghanistan Gettyimages
Afghanistan

Il portavoce del capo talebano Zabihullah Mujahid ha scritto che l'ordine "inderogabile" di Akhundzada è stato emesso dopo un incontro con i giudici. Akhundzada, guida spirituale del movimento islamico fondamentalista, non appare in pubblico e non è stato neanche mai fotografato da quando i talebani sono tornati al potere ad agosto del 2021. Il governo è stato segnato dall'assenza di donne e di rappresentanti di altri gruppi politici, cosa che ha suscitato severe critiche sia a livello nazionale che internazionale.

Amnesty International con un recente rapporto "Il dominio dei talebani: un anno di violenza, impunità e false promesse" ha denunciato le gravissime violazioni dei diritti umani e la massiccia impunità nei confronti dei responsabili. La repressione ha colpito ogni aspetto della vita democratica, a cominciare dalla libertà di espressione e di stampa con un decreto dai contenuti vaghi col quale si vietava ai giornalisti di pubblicare  storie ''contrarie all'Islam'' o ''offensive nei confronti di figure  di rilevanza nazionale''. Negli ultimi 13 mesi, oltre 80 giornalisti sono stati arrestati e torturati per essersi occupati delle proteste pacifiche. 

Questa ennesima evoluzione smentisce ulteriormente le dichiazioni di un anno fa, quando i talebani promisero che avrebbero governato da Kandahar centro spirituale del loro governo, con un'interpretazione meno rigida della Sharia, rispetto al loro primo periodo di governo (1996-2001), risultato disastroso sul piano dei diritti umani e della libertà.